NonSiSeviziaUnPaperino

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TITOLO ORIGINALE: Non Si Sevizia Un Paperino
TITOLO ALL’ESTERO: Don’t Torture a Duckling
ANNO: 1972
PRODUZIONE: Italia
REGIA: Lucio Fulci
CAST: Florinda Bolkan (La Magiara), Barbara Bouchet (Patrizia), Tomas Milian (Andrea Martelli), Irene Papas (Amelia
).

voto 8

PREMESSA: Visto il cast il film è stato erroneamente classificato come Trash da molte persone..che hanno evitato di guardarlo. Si tratta però di un Giallo (a detta di molti è il miglior Thriller italiano degli anni 70), Milian non si abbandona in comportamenti coatti ma è un distinto giornalista (pure molto intelligente) della bassa, la Bouchet non si fa trovare nuda nella vasca da Pippo Franco..e non compaiono parolacce!

TRAMA: Lucania, paesino di campagna. Sono diversi giorni che ogni tanto scompare un bambino, per essere poi ritrovato senza vita, percosso e strangolato.
Le vittime erano amici tra loro, tutti ragazzini sui 10 anni che giocavano spesso a pallone nell’oratorio del giovane e aitante prete locale. Ragazzi un po’ particolari: passavano i pomeriggi a fumare e spiare le prostitute venute dalla città.
A indagare sul caso vengono inviati nella cittadina un tenente del nord, praticamente estraneo alla vita superstiziosa dei paeselli, e un giornalista molto arguto, Andrea Martelli (T. Milian).
Il primo sospettato è “Barra u scemunito”, il pazzo del paese che intenta il finto rapimento della prima vittima per fare qualche soldo…ma mentre questi è in carcere gli omicidi continuano.
La seconda indagata è La Magiara (F. Bolkan), una donna accusata dai paesani di compiere atti di magia nera e che, sempre secondo le voci di paese, avrebbe partorito il figlio del demonio. La donna in effetti per motivi oscuri ha fatto un rito voodoo ai bambini..ma essa è semplicemente vittima delle stesse credenze popolane che la indicano come una strega. Incarcerata per qualche ora, verrà liberata anch’essa.
I villici però non ci stanno, La Magiara è considerata una strega e deve morire per questo. Giustiziata sommariamente nel cimitero la donna muore senza colpe..proprio mentre un altro bambino viene ucciso.
Ma chi è allora l’assassino? La provocante Patrizia (B. Bouchet)? Figlia di ricchissimi imprenditori, essa è imprigionata nel piccolo paese dove è stata mandata per disintossicarsi dalla marijuana. Forse Amelia (I. Papas)? È la madre del parroco..ma si comporta in modo misterioso…sicuramente nasconde qualcosa. Oppure è un altra persona che agisce nell’ombra?
L’unico testimone degli omicidi è la sorella del parroco, una bambina di 5 anni che ha preso il vizio di strangolare le sue bambole. Purtroppo la poverina è sordo-muta e non conosce il linguaggio dei segni. Purtroppo lei è l’unica chiave per arrivare all’assasino e al suo shockante movente…

AMBIENTAZIONE PROVINCIALE: È il carattere più interessante del film e finirà per influenzare qualche anno dopo Pupi Avati. Nel paesino domina la superstizione, la rabbia di massa, la giustizia sommaria, l’incapacità di accettare il diverso. La vera vittima è La Magiara, esiliata sui monti da bambina perché la sua epilessia la etichettava come un’indemoniata. In gioventù essa ha abortito un bambino, soffrendone molto, tanto da seppellirlo..ma per i paesani quel bambino è solo il figlio del demonio.
Ma La Magiara non è l’unica diversa: c’è Patrizia, la ragazza di città, vista come un persona pericolosa per il suo modo di vestire e di pensare…la piccola sorella sordo-muta del parroco è “sopportata” solo per la sua parentela, lo scemunito viene considerato il colpevole solo perché è lo scemunito…
Insomma, un paesino dove tutti esigono la verità e dove tutti sono macchiati di colpevolezza.

COMMENTI: Bel film anche con quel ritmo non certo altissimo che contraddistingue i film di vecchia data. Sarà difficilissimo per lo spettatore capire chi è l’assassino, Fulci è riuscito infatti a rendere tutti sospettabili e non fa niente per farci capire chi è il peggiore. Ed è proprio questa caratteristica che contribuisce a mantenere un livello piuttosto costante di tensione fino all’apice del finale.

REGIA: Assolutamente da sottolineare la dovizia e cura dei particolari che contraddistingue questo come altri lavori di Fulci. Niente è lasciato al caso, tutto ha un suo scopo, un suo ‘dover essere’; a tal proposito vorrei sottolineare una cosa che ho notato e che mi ha lasciato abbastanza colpito: il giornalista Martelli dice a Patrizia di essere sposato solo in prossimità del finale e proprio in una delle scene finali si vede la fede al suo dito. Fino a quel momento il regista aveva accuratamente evitato di inquadrarla. Interessante anche il fatto che vengano ripetutamente contrapposti i due scenari principali: il borgo di casette e il cavalcavia dell’autostrada, il primo simbolo della superstizione popolare, il secondo simbolo di un’Italia che si modernizza e avanza (siamo nei primi anni ’70).

CURIOSITA’: In una scena si vede B. Bouchet che esce da una vasca come mamma la fatta. Di fronte a lei sta una delle future vittime, un bambino di 11 anni che le aveva portato da bere. Per questa scena il film fu vietato e censurato…Fulci se la cavò “dimostrando” che in quella scena non c’era un bambino ma un attore nano e maggiorenne. La colonna sonora ammonta a solo due canzoni: un giro di violini e una nota canzone di Mina.

Daniele Del Frate