The Village

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Anno: 2004
Regia: M. Night Shyamalan
Cast: Joaquin Phoenix, Bryce Dallas Howard, William Hurt, Sigourney Weaver, Adrien Brody, Judy Greer, Michael Pitt, Cherry Jones, Jayne Atkinson, Celia Weston, Brendan Gleeson

voto 8

“The village” doveva essere il primo grande botto al cinema di questo autunno e lo si capiva già dal carattere a dir poco invadente della pubblicità estiva nei cinema, per non parlare della promozione fatta a questo film sui vari media a settembre.
Facendo una piccola digressione sul regista diremmo che M. Night Shyamalan è certamente uno dei registi che vendono di più dalle parti di Hollywood; la sua fortuna è iniziata con “Il sesto senso”, che ha ricevuto una marea di pareri positivi da pubblico e critica e da molti è anche considerato capostipite di un sottogenere “fantapsichico” del thriller.
Ha tentato di bissare il successo del film con Bruce Willis con “Unbreakable”, altro thriller dai risvolti drammatici e psicologici e con un tocco di fantastico a smussare il tutto.
Dopodichè si è concluso il binomio fantasioso Shyamalan-truce Bruce e il regista si è dato a tutt’altro film: “Signs”; rimandandovi all’opinione in merito a questo, mi limito qui a dire che si è proposto il film come un film sugli alieni e sui crop circles, ma non c’è niente di più sbagliato che aspettarsi un film che abbia questo tema, “Signs” è un film sulla fede!
Per questo suo quarto successo (prima de “Il sesto senso” c’era stato qualcos’altro ma non degno di nota), Shyamalan abbandona il suo vizio di comparire fisicamente nei suoi film (ma ci mette la voce) ed esplora a suo modo il mondo della paura.

La prima parte del film ci presenta, nello stile dei migliori film drammatici, il setting delle vicende e i personaggi di questo villaggio, che costituisce un “world apart”.
Il villaggio in questione è circondato e racchiuso dal bosco di Covington, dal quale provengono poco rassicuranti ululati assieme alle esalazioni di terrore e mistero emanate dalle riprese cupe che gli vengono riservate.
Il villaggio è governato secondo una struttura gerarchica ben definita; a capo di tutto troviamo Edward Walker, capo carismatico che tutti riconoscono come propria guida, ha una voce rassicurante e quasi sempre calma, ma da bravo personaggio positivo è il primo a rescindere il contratto per il bene di qualcuno.
Il secondo livello di questa società è costituito dagli altri “anziani” del villaggio, le persone che insieme a Edward hanno deciso tempo addietro di abbandonare la città per svariati motivi e di creare una comunità chiusa.
Gli anziani sono quelli che hanno pattuito con le creature misteriose del bosco di non attraversarlo mai, pena la vita, divorata da questi esseri mostruosi, in cambio della benevolenza di questi esserim, che consiste nel non oltrepassare il confine del bosco per cibarsi dei cittadini del villaggio.
Il terzo anello della società è costituito dai giovani del villaggio e come ci insegna la storia degli ultimi anni, i giovani non fanno altro che modernizzare le convinzioni dei genitori e spezzare le tradizioni, perciò non mancano le richieste da parte dei giovani di attraversare il bosco per procurare le medicine necessarie agli amici malati.
Un bel giorno il villaggio, nel pieno dei festeggiamenti per un matrimonio, viene disturbato da notizie secondo le quali alcune creature del bosco si sono introdotte nel villaggio e oltre a spaventare i bambini, si sono spinte a scuoiare qualche animaletto indifeso.

I tre protagonisti della nuova generazione sono individuabili senza possibilità di errore e sono Lucius Hunt, Noah Percy e Ivy Walker.
Lucius Hunt (curioso il cognome in un film del genere, to hunt ha a che fare con i fantasmi in inglese) è un ragazzo altruista, molto buono, forse non è dotato di una grande cultura e quasi quasi tradisce tracce di un ritardo mentale, ma in realtà è solo il suo modo di fare, silenzioso e cogitabondo, sempre pronto ad aiutare in caso di bisogno; non può influire sulla positività del suo personaggio il rifiuto di sposare la figlia prediletta del capovilaggio.
Noah Percy (Noah in inglese è Noè, quello dell’arca) è lo scemo del villaggio, scemo nel suo significato originario, ovvero pazzo; non fa nulla per nasconderlo ed è individuabile già alla prima scena quando risponde con un applauso e una risata sregolata all’ululato preoccupante proveniente dal bosco; il suo personaggio è totalmente negativo, sia internamente alla storia, sia per lo spettatore; dai personaggi che lo circondano è considerato una possibile causa dello sconfinamento dei mostri, mentre per noi non può che essere un personaggio negativo, ma ovviamente non posso svelarvi il perchè.
Ivy Walker è una delle figlie del capovillaggio, ceca fin da un’età troppo precoce, riesce a riconoscere le persone grazie all’ombra di colore che essi emanano e che lei sola riesce a percepire; è significativo che l’unica persona nel villaggio a non essere dotata della vista sia quella capace dei sentimenti più apprezzabili e riesca a vivere le sue emozioni in modo più profondo di tutti.

Shyamalan gioca molto con lo spettatore e chi ha visto il film sa certamente di cosa sto parlando, ma mi riesce qui di parlare di alcuni aspetti senza per altro rivelare elementi importanti della trama.
Innanzitutto il regista stordisce lo spettatore collocando il colpo di scena fondamentale a circa metà film e forse a causa di questo e di un finale poco scoppiettante, allo spettatore rimane un pò l’amaro in bocca mentre scorrono i titoli di coda.
Shyamalan gioca anche e soprattutto con la paura dello spettatore, la voce rassicurante del capovillaggio rispecchia l’ambiente del villaggio, silenzioso e tranquillo; il silenzio è rotto da questi strazianti ululati che provengono dal bosco e i salti sulla poltrona dati dagli sbalzi di volume non mancano nemmeno in questo film.
Ma la paura che Shyamalan inietta allo spettatore è più infida, perchè rimane nel sottopelle, senza penetrare fino in fondo, ma lasciando un’angoscia latente di fondo che impedisce alla tranquillità comunicata da Edward Walker e dai sentimenti pacificanti che roteano tra i protagonisti di invaderti.
Shyamalan gioca anche con i colori, come un bambino si diverte immensamente a giocare con le matite colorate; innanzitutto c’è questo aspetto dell’aura di colore emanata dalle persone che solo Ivy percepisce, ma poi abbiamo soprattutto una netta distinzione cromatica tra buoni e cattivi.
Il colore dei cittadini del villaggio, dei buoni, è il giallo e i confini tra il villaggio e il bosco sono proprio segnati da pali con vernice gialla e da bandierine gialle; le persone che stanno nei pressi del bosco devono necessariamente vestire un impermeabile giallo per farsi riconoscere dalle bestie.
Il rosso è invece il colore del male, il colore delle creature del bosco, è un colore bandito dal villaggio, perchè se una creatura vede il rosso riconosce il suo territorio ed attacca; le bacche sono rosse e proprio il rosso delle bacche sarà il primo motivo di contaminazione del colore dei buoni che implica uno sconfinamento pericoloso nel bosco da parte di un umano.

Finiamola con i colori e torniamo alla Bibbia, perchè nel frattempo mi sono divertito a fare delle ricerche, i nomi dei tre personaggi principali sono Lucius, Ivy e Noah, rispettivamente Lucio, Eva (propriamente sarebbe Eve ma concedetemelo) e Noè; del nome Lucio si fregiano tre personaggi diversi nella Bibbia, e nessuno di questi è poi così importante, però è presente; che dire allora delle 117 volte che viene scritto villaggio nella Bibbia?!
Ora io non lo so se Shyamalan, indiano, aveva in mente queste congetture con il testo sacro dei cristiani, però troppe cose mi fanno pensare a questo, non ultima l’importanza della comunità in questo film e penso di non aver bisogno di spiegarvi come il concetto di comunità sia fondamentale all’interno della Bibbia e dei Vangeli.
Sempre rimanendo sulla linea delle sovrainterpretazioni personali, si può leggere questo film come un’allegoria e la maggior parte delle persone ci ha visto gli Stati Uniti che si isolano dal mondo esterno e che credono di potersi sostentare con i propri mezzi; io più che altro ci vedono gli Stati Uniti che hanno paura del nemico sconosciuto e che per non dover affrontare la situazione ci scendono a patti.
Per quanto riguarda la raffigurazione cinematografica di una comunità che si isola dalla modernità, non si può non pensare agli Amish messi in scena da Peter Weir in “Witness, il testimone”.

Visto che questa opinione mi sta proprio prendendo, vorrei continuare a blaterare ancora un pochino parlandovi della similitudine tra il bosco di questo film e il bosco di “The blair witch project”, non nel modo di riprendere, ma nelle caratteristiche fisiche del luogo, con il folto fogliame sul terreno, gli alberi spogli e i rami che spuntano da ogniddove.
Un altro film al quale sicuramente Shyamalan ha dato un occhio prima di girare è “Wrong Turn”; i due film si assomigliano in modo pazzesco per la prima parte, in cui dei mostri che abitano la foresta sono in contrapposizione agli umani, con tutta la cornice di versi disumani provenienti dal bosco e di situazioni di terrore per i protagonisti umani (tra l’altro la torretta in cui Lucius sta con il suo amico sembra direttamente ereditata dal set di “Wrong Turn”).
Divertiamoci anche a trovare dei riferimenti tra “The village” e i lavori precedenti del regista; il fatto che le creature del bosco attacchino gli animali e li scortichino ricorda molto una moda dei Chupacabras, misteriosi mostri che succhiano gli organi interni degli animali da fattoria senza lasciare traccia alcuna e prosciugando i malcapitati di tutti i liquidi vitali; bene, questi Chupacabras sono spesso assimilati alla questione ufologica, che il regista abbia voluto creare un sottile legame con “Signs”?
Unbreakable, il predestinato: predestinato proprio come Ivy, che pur essendo ceca è capace di “sentire” più degli altri ed è proprio la prescelta per la missione più difficile.
“Il sesto senso” è piaciuto anche per il colpo di scena finale (che a me non pareva poi così colpo di scena) che rivela la realtà dei fatti in contrapposizione alla falsità delle apparenze, beh anche in questo film il concetto di fondo è più o meno questo.

Veniamo ora alle interpretazioni, perchè quello che più potrebbe stupire lo spettatore che va al cinema a vedere un thriller-horror è appunto la presenza nel cast di attori conosciuti e anche abbastanza apprezzati, cosa che succede raramente in questo genere di film.
Joaquin Phoenix interpreta un personaggio insolito per lui, abituato a ruoli da cattivo (Il gladiatore) o stravaganti (8mm, il sapore del sangue, signs), qui veste i panni di un personaggio introspettivo e introverso, in un modo veramente apprezzabile.
L’interprete di Ivy è Bryce Dallas Howard, fresca di ingaggio per il seguito di Dogville e degnissima sostituta di Kirsten Dunst che ha abbandonato la parte; è la sopresa sul fronte del cast e spero sinceramente di vederla al lavoro con Lars Von Trier.
Noah Percy è interpretato dal premio Oscar Adrien Brody; il protagonista de “Il pianista” cambia totalmente pentagramma e ci sbatte in faccia una intensissima interpretazione della pazzia più incontrollata, quasi otelliana.
Ad interpretare i vari anziani del villaggio, tra gli altri, troviamo un bravissimo William Hurt (Edward Walker), Sigourney Weaver (Alice Hunt) e Brendan Gleeson (August).

La regia di Shyamalan mi ha veramente soddisfatto questa volta, forse perchè ero meglio predisposto ad apprezzare i vari elementi rispetto all’enorme disillusione che mi ha suscitato “Signs”.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, si deve parlare di un’ottima caratterizzazione dei personaggi e di una buona architettura del racconto, ma come già detto quell’amaro in bocca che rimane alla fine è dovuto proprio alla trama della vicenda.
Prima di concludere voglio parlare del titolo della mia opinione; in molti hanno parlato di una ambientazione fine-ottocentesca del film, perchè nella prima scena viene mostrata una lapide che reca la data di morte di un bambino e questa data è 1897; quindi è corretto pensare che l’ambito cronologico sia quello, ma secondo voi che avete visto il film nel 1897 i rangers andavano in giro con i gipponi e usavano la radio?!
Secondo me il regista si è divertito a mischiare le carte e a depistarci, perchè l’ambientazione in epoche lontane un secolo ha più appeal rispetto ad una ambientazione moderna!
Concludendo io consiglio la visione di questo film a tutti, soprattutto agli appassionati del filone thriller-horror, ci troverete parecchie cose che hanno il retrogusto di già visto, ma Shyamalan ha ben mischiato le carte e il suo tocco si sente eccome. 

Adri84mj