Recensione film horror Zeder
Regia: Pupi Avati
Sceneggiatura: Antonio Avati, Pupi Avati, Maurizio Costanzo
Attori: Gabriele Lavia, Anne Canovas, Paola Tanziani
Produzione: Italia, 1983
Durata: 100′
Note: Vietato ai Minori di anni 14
Voto: 8/10
Siamo in Francia, precisamente a Chartres, anno 1956. E’ notte, una donna si dirige verso una casa dall’aspetto sinistro, chiama un’altra donna, ma viene quasi colpita da un pezzo di cornicione che le cade a pochi metri… Sospiro di sollievo e pericolo scampato? No perché la donna si gira e viene assassinata da un misterioso mostro sbucato dal nulla…
Cambio scena. Il commissario Meyer utilizza una bambina, la piccola Gabrielle, come “radar” per captare un qualcosa di non ben identificato che si dovrebbe nascondere nel terreno… ed effettivamente lì sotto qualcosa di strano c’è, perché la piccola viene colpita ad una gamba. Il terreno nascondeva la tomba di Paul Zeder, un ricercatore di inizio secolo che stava svolgendo strani studi sui cosiddetti “Terreni K”, un particolare tipo di terra che sarebbe in grado di far resuscitare i morti ivi sepolti. Una specie di passaggio tra questa e la dimensione dell’aldilà, un substrato in cui non solo i corpi si conserverebbero senza putrefarsi, ma sarebbero anche in grado di rivivere…
Bologna, 1983. Sono passati molti anni da quegli strani accadimenti. Facciamo la conoscenza di Stefano (Gabriele Lavia) e della giovane moglie Alessandra (Anne Canovas). Per l’anniversario di nozze, la ragazza regala all’uomo una macchina da scrivere usata, acquistata al Monte Di Pietà. Stefano infatti è uno scrittore e, come un bambino la sera di Natale, non vede l’ora di provare il suo nuovo regalo.
Sostituendo il nastro, usurato dal tempo, scopre che sullo stesso è possibile leggere alcune parole. Incuriosito riesce, dopo una notte di lavoro, a ricostruire una lettera scritta dal precedente proprietario, un certo Luigi Costa.
La lettera parla proprio dei “Terreni K”.
Stefano, incuriosito, decide di svolgere qualche indagine su Don Luigi, e scopre che era un sacerdote spretato.
Parallelamente, cominciano ad accadere strani avvenimenti: Stefano riesce a parlare con Don Luigi, ma recatosi nel luogo prestabilito per il loro incontro, viene a sapere non il parroco non è più lì da una decina d’anni. La lettera ricostruita e la bobina gli vengono sottratte in circostanze misteriose e una donna, incontrata per caso qualche giorno prima nello studio di un amico, viene brutalmente assassinata.
Non solo, un amico di famiglia, un carabiniere di nome Guido che lo aiutava nelle indagini, sparisce misteriosamente. Quando Stefano comincia a sospettare che Guido sia implicato nella vicenda, viene a sapere che è morto in un incidente stradale…
Intanto le sue indagini lo portano nel cimitero etrusco di Spina, dove si trova anche la tomba di Don Luigi… ma è grande il suo stupore quando scopre… che è vuota!
Zeder è un film diretto da Pupi Avati (sì proprio lui, il regista delle commedie sentimentali all’italiana!) nel 1983.
Non si tratta di un esordio assoluto al cinema noir, poiché aveva già diretto l’ottimo “La Casa dalle Finestre che Ridono“, film che ebbe un discreto successo e recentemente è stato riproposto in DVD. Anzi, è considerato uno dei migliori horror italiani di sempre. E ci sentiamo di condividere questa valutazione.
In entrambi i casi, Pupi Avati ricorse per la sceneggiatura all’amico Maurizio Costanzo, allora un giornalista affermato pronto a lanciarsi in qualsiasi coraggiosa iniziativa, lontano anni luci da quel genere trash-televisivo in cui sguazza compiaciuto negli ultimi anni.
Il risultato è un film di ottima fattura, che pur non raggiungendo la perfezione stilistica de “La Casa dalle Finestre che Ridono“, resta una buona pellicola, con molti protagonisti (invero forse troppi) e moltissimi colpi di scena.
Un film dalle ambientazioni cupe, che molto ricorda l’illustre predecessore (anche qui è presente la tematica del complotto, anche qui un prete dal passato torbido, e anche qui un’ambientazione di provincia, con una comunità che sembra aver tutto da nascondere).
Il punto debole probabilmente è da ricercare nei troppi personaggi, e nella trama non sempre lineare ed agevole da comprendere.
Ma “Zeder” resta un film da vedere, per gli appassionati del buon noir (non mi sentirei di definirlo un horror) all’italiana, genere che non è stato affatto arido di grandi maestri.
Le musiche sono del maestro Riz Ortolani, musicista molto prolifico e autore della colonna sonora di centinaia di film. Il finale, tragico, rimane un qualcosa comunque da ricordare.
Il film, che fu vietato ai minori di 14 anni, dura circa 95 minuti.
Gabriele Fortino (ciao.it) 25.07.2005