Recensione film horror White Noise

Recensioni

locandinaRegia: Geoffrey Sax
Sceneggiatura: Niall Johnson
Attori: Deborah Kara Unger, Michael Keaton, Chandra West
Produzione: Canada, Gran Bretagna, U.S.A. 2005
Durata: 101′

Voto: 6/10

I produttori di “White Noise” si possono vantare di aver confezionato un ottimo trailer e di essersi trovati tra le mani una buona idea abbastanza originale.
Purtroppo il prodotto finale ed integrale raggiunge la sufficienza solamente per il rotto della cuffia, grazie soprattutto alla seconda parte. Io e una mia collega lo abbiamo atteso per più di un mese e siamo andati di corsa a vederlo il giorno dopo l’uscita nelle sale italiane: mai attesa fu più disattesa, e scusate il gioco di parole! Il richiamo dei fenomeni EVP è stato forte, gli spettri da sempre affascinano gli spettatori cinematografici, soprattutto quando cercano di mettersi in contatto audiovisivo con i vivi. Purtroppo però, come sempre più spesso accade, il film non mantiene le promesse del trailer. Fortunatamente c’era la temperatura interna della sala, prossima agli zero gradi, a darci sollievo in una domenica milanese da 35 gradi.

Jonathan Rivers è un facoltoso architetto, vive in una villetta da sogno in riva al mare (o al fiume?), ha una fidanzata bellissima, famosa per aver scritto diversi libri di successo; alle spalle ha un matrimonio fallito e un bambino da dividere con la ex moglie, ma nemmeno questo rappresenta problemi: il bambino non sembra soffrire la situazione e l’ex moglie è la più disponibile e gentile ex moglie che la storia del cinema abbia mai registrato. Un bel giorno, Anna lascia un messaggio in segreteria al marito. Farà tardi, perché deve consolare un’amica; Anna però non tornerà mai più a casa, la sua auto viene ritrovata vicino alla riva del fiume (o del mare, non mi ricordo!) e il suo corpo poco più in là, qualche settimana dopo, giusto per far vivere un calvario aggiuntivo a Jonathan. L’architetto facoltoso e sempre col sorriso stampato in bocca si trasforma in un eremita triste ed abbattuto, che non trova più la forza nemmeno per dare il suo affetto al figlioletto. Un giorno viene contattato da un tal Raymond Price, che dice di essere in contatto con Anna. Jonathan vorrebbe crederci con tutto il suo cuore, ma il suo cervello gli suggerisce di lasciar perdere questo ciarlatano che dice di comunicare con i morti. Poi una sera, mentre si crogiola nella sua solitaria depressione, gli squilla il cellulare. Chi lo chiama è proprio Anna, anche se il suo cellulare è chiuso nel suo cassetto, spento. Jonathan inizia a fare un pensierino a quel pazzo che parla coi morti e che li può vedere grazie alla tecnologia di computer, registratori vocali e televisioni. Ma non tutti gli spettri si mettono in contatto con il mondo dei vivi per fare del bene…

La prima parte del film appartiene decisamente al genere drammatico, probabilmente qualche giovanotto alla ricerca di thriller-horror mozzafiato avrà anche abbandonato la sala dopo la prima mezz’ora. Per fortuna, la seconda parte del film riscatta un po’ le sorti dell’intero film, virando con forza all’atteso thriller-horror con spettri forieri di morte, lotte tra spettri buoni e cattivi e lotte tra spettri e uomini. Avrete notato come in giro per internet, tutti siano diventati grandi esperti di Electronic Voice Phenomena e di comunicazione con gli spettri in generale, ivi compreso il “rumore bianco” del titolo; io non ne so niente né farò finta di saperne qualcosa, ma se volete informarvi su questi fenomeni, non cercate tra le recensioni “White Noise“, bensì su siti specializzati nel soprannaturale, ce ne sono veramente tanti in giro, ve lo assicuro.

La sceneggiatura di Niall Johnson ha il pregio di virare con disinvoltura, senza effetti collaterali, da un genere all’altro (drammatico e thriller-horror), comunque non riesce a soddisfare né gli amanti dell’uno, né gli amanti dell’altro genere. I salti sulla poltrona ci sono, come al solito provocati da salti improvvisi dell’audio o da apparizioni video inaspettate, ma la tensione che il film comunica non è poi così ad alti livelli. Che ci si creda o no, questi fenomeni sono affascinanti da studiare e analizzare e di certo non sarà un film, che è un prodotto di finzione, a spiegarcene le componenti e a darci spiegazioni più o meno scientifiche. Micheal Keaton è il protagonista unico del film e regge bene la scena, rappresentando perfettamente un uomo segnato dalla tragedia grazie al suo viso scavato e segnato dall’età e ai suoi occhi azzurri colmi di dolore. La regia di Geoffrey Sax si adatta bene alla doppia identità di genere della sceneggiatura e si scatena soprattutto nella seconda parte in inquadrature insolite e tecnicismi, che ben si adattano all’occhio dello spettatore di thriller-horror. Concludendo, consiglio “White Noise” solamente agli appassionati del genere che non si vogliono perdere nessun film; non consigliato agli appassionati di spettri, EVP e “rumori bianchi” perché rimarranno delusi.

Adriano Lo Porto 13.06.2005

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