Recensione film horror Un Chien Andalou
Regia: Luis Buňuel
Sceneggiatura: Luis Buňuel, Salvador Dalì
Attori: L. Buňuel, S. Dalì, P. Batcheff
Produzione: Francia 1929
Distribuzione: Cineteca di Bologna
Durata: 16′
Voto: 8/10
Parlare di questo film che ho visto nel 2003 è maledettamente difficile.
Ma forse dovrei precisare: non si tratta di un film vero e proprio, quanto di un cortometraggio. La versione che ho io, sonorizzata nel 1960 secondo le stesse indicazioni di Buňuel, dura appena 15 minuti e 41 secondi.
Il cortometraggio è del 1929 e rappresenta la prima opera di Buňuel, che sebbene lo realizzò con i soldi datigli dalla madre, chiamò nientemeno che Salvador Dalì a realizzarlo (e soprattutto sceneggiarlo) con lui.
Come definirlo allora? Un capolavoro del cinema di avanguardia, (o meglio del cinema surrealista) che ebbe notevole successo la prima volta che venne proiettato, a Parigi e rimase in programma per molte settimane.
La trama? Inesistente. Il film comincia con una scena molto forte, che a distanza di 74 anni è capace di provocare terrore in me: un uomo affila la lametta e taglia l’occhio ad una giovane donna… la Luna piena viene attraversata da una nuvola (come l’occhio viene attraversato dalla lama)…
Vediamo poi un uomo andare in bicicletta e cadere sotto una finestra dove abita una donna. Quest’ultima scende e lo bacia appassionatamente.
Cambia la scena. La donna dispone i suoi vestiti sul letto. Dalla mano dell’uomo escono delle formiche (ha un buco al centro).
Un film onirico, abbastanza forte (la scena iniziale per la sua crudezza fece molto scalpore) senza filo logico, fatto della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Potrebbe essere la trasposizione su grande schermo di un sogno. Molto forte per quell’epoca, se pensiamo che ad un certo punto l’uomo comincia a “palpeggiare” vigorosamente la donna.
Avevo già visto un altro film sceneggiato da Dalì, “Io ti salverò” di Alfred Hitchcock. Vi ho riscontrato diverse analogie.
Il titolo stesso è spiazzante. Nel film non vedrete un solo cane, né un paesaggio dell’Andalusia. A quanto pare il titolo fu suggerito da Dalì e riprende una vecchia raccolta di poesie di Buňuel.
Ho letto che il protagonista morì suicida subito dopo aver realizzato il film.
Non vi racconto tutta la trama, assurda (nel senso proprio del termine), però è un film che consiglio agli appassionati del genere. Sarebbe interessante conoscere l’interpretazione di chi sappia cogliere i processi inconsci del sogno.
Gabriele Fortino 08.10.2003