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IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW
REGIA: Tim Burton.
DA UN RACCONTO DI: Washington Irving (1819).
CAST: Johnny Depp, Christina Ricci, Miranda Richardson, Michael Gambon, Casper Van Dien, Christopher Lee, Christopher Walken.
MUSICHE: Danny Elfman.
ORIGINE: U.S.A. 1999.
DURATA: 105 minuti.
INDAGINE SU UN CAVALIERE AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO
…ovvero cosa può accadere quando il gotico regista Burton attinge ad un gotico racconto del primo Ottocento: diciotto decapitazioni, memorabile conflitto tra razionalismo e irrazionalismo, libidinosa ammissione di debolezza d’un illuminista nei confronti del potere e della natura di quel che sfugge ai canoni convenzionali (o: “ammissibili”) d’interpretazione e percezione della “realtà”: tra streghe buone e streghe malvagie, esemplari negromanzie, ameni furti di teschi ed emozionanti fatture, emerge il fantastico spettro d’un cavaliere nero senza testa sulle spalle, fanatico dell’ultraviolenza e ovviamente estraneo a qualsiasi etica e qualunque moralità, doomed to kill.
Delle precedenti, tenebrose meraviglie di Tim Burton questo film conserva la sensibilità estetica: godrete di ghiotti nebbioni, efficaci grandguignol, della superba intesa tra l’attore-feticcio Johnny Depp e il suo notturno mentore; riconoscerete la (altrove, non più comune) cura nella letterarietà dei dialoghi, precipiterete con deliziosa dedizione all’abbandono nel clima favolistico e fosco della narrazione. E non escludo che gli scettici, i materialisti (col loro chiodo fisso: che Dio è morto e l’uomo è solo in questo abisso, cantava Guccini con Cyrano: le verità cercate per terra, da maiali), i più tenaci seguaci dei lumi della ragione e i fedeli servitori della Dea Scienza, potranno avvertire quella nausea e quella deliziosa e spesso loro oscura sensazione di fastidio, figlia della violazione del “vero” e del “plausibile”: l’incredulità è la norma, e il giusto pregiudizio è non averne mai alcuno.
S’annuncia il tempo della Gaia Scienza. Liberazione vera.
Arbasino, in “Supereliogabalo”, la cantava giusta, accompagnando gli scienziati fuori, ai confini dell’Impero, rifiutati anche dai fedeli di Zoroastro: “Abbiamo deciso di separarci definitivamente dalla Scienza, e di congedarvi una volta per sempre, perché abbiamo concluso che se una casa piena di gadgets ci pare ridicola, una nazione piena di macchine ci sprofonda nel tedio, nel fastidio, nel lutto. Ci interessa pochissimo un’attitudine dello spirito noiosamente applicata a rimestare soltanto le quantità della realtà superficiale misurabili col regolo calcolatore e col mesto da sarta, lasciando perdere stoltamente tutto il resto, cioè l’Altro, che è di più. E non ci importa niente una specie di progresso che rimena unicamente la vecchia solfa dell’aggeggino che si perfeziona sì collaudandolo tecnologicamente con altri due milioni di aggeggini sull’astronave corazzata, però servirà in seguito a sconfinate applicazioni ecumeniche nella merceologia pacifica, negli apparecchietti per asciugare le calze a rete o raffreddare il ketchup tiepido o ritagliare i ravanelli in esagoni. Non mi sento competitivo coi giapponesi. Sull’astronave andateci voi – io no – e i vostri transistor metteteveli tutti nel dietro. Per attraversare i problemi veri, i problemi seri, io salgo sulla mia Gaia Scienza, sulla mia Differenza, non come un Disperato o un Disilluso a pesca di Rivelazioni, ma come Super-Aquarius Super-Star Super-Sex attraverso le strutture del discorso e del pensiero molto molto sopra il piccolo mondo moderno della Scienza, molto molto sotto il piccolo mondo antico della Storia, molto molto oltre les liaisons dangereuses della Ragione e le baruffe chiozzotte della Sociologia, tutto tutto al di fuori dei presuntuosi presepi di quell’Illuminismo che è davvero la minore età dell’uomo, e insomma bisogna uscirne al più presto, e all’intelletto intollerabile sostituire l’aberrazione e l’immaginazione, la frattura, la scissura, lo scarto rispetto alla norma, l’afasia, la follia. Cioè, la parola poetica”.
È vangelo!
***
Sintetizziamo la trama. New York, 1799. Il borgomastro (Christopher Lee, in pallore e ossa) invia il giovane, ribelle e anticonformista poliziotto Ichabod Crane (Johnny Depp), fiducioso nei nuovi metodi d’indagine scientifica, iperrazionalista e assolutamente illuminista a indagare sui misteriosi delitti che vanno decimando la popolazione della non più ridente cittadina di Sleepy Hollow, fondata e coordinata da una maggioranza di abitanti d’origine olandese.
C’è chi giura che l’assassino sia un fantasma: un vecchio mercenario inglese, un cavaliere decapitato decenni prima (Christopher Walken) tornato a vendicarsi dell’ostile cittadinanza. Ichabod è scettico, e si fida ciecamente soltanto dei suoi (nuovissimi) strumenti d’indagine.
Katrina (Christina Ricci) è la bella olandesina che, tramando per amore o per spontanea dedizione alla sua causa (che non anticiperò, rispettando i neofiti), accompagnerà il cervellotico e logorroico Ichabod nell’impresa.
Qual è il mistero della gaia Sleepy Hollow? Non sta a me rivelarlo: siate gotici ed elevate la vostra immaginazione oltre ogni limite. Non basterà.
Stupitevi.
Gianfranco Franchi (Lankelot.com) Gennaio 2005
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