Recensione film horror Shining

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SHINING

locandina

SCHEDA TECNICA
REGIA: Stanley Kubrick.
CAST: Jack Nicholson, Shelley Duval, Danny Lloyd, Scatman Crothers, Barry Nelson, Philip Stone, Joe Turkel, Lia Beldam, Lisa e Louise Burns.
MUSICHE: Wendy Carlos.
ORIGINE: U.S.A., 1980.
DURATA: 119 minuti

Voto: 9/10

ALL WORK AND NO PLAY MAKES JACK A DULL BOY.

Shining: l’origine.

Il film è tratto dal terzo romanzo di Stephen King, “The Shining”, pubblicato nel 1977. King non ha mai apprezzato la traduzione cinematografica di Kubrick: a suo dire, il regista “non riusciva ad afferrare la pura malvagità inumana dell’Overlook, perciò cercava il male nei personaggi e trasformò il film in una tragedia domestica con solo qualche sottofondo sovrannaturale”.

Nel romanzo, Jack Torrance è un ex insegnante con ambizioni letterarie, non nuovo a violenze domestiche sulla moglie e sul figlioletto dovute al suo vigliacco alcolismo. Ingaggiato come guardiano d’un albergo del Colorado per la chiusura invernale, confida di trovare, in quei mesi, l’ispirazione per concludere il suo romanzo. Quando il resto del personale abbandona l’Overlook Hotel, poco a poco Jack, sua moglie Wendy e il loro bambino Danny iniziano a essere visitati dagli spiriti che popolano l’albergo, edificato su un terreno sacro degli indiani, già luogo di numerosi e misteriosi omicidi. Tutte le creature che tornano in vita sono raffigurate nelle siepi e nei cespugli del giardino dell’albergo.

Il cuoco dell’Overlook, il sensitivo Hallorann, riuscirà a salvare Wendy e il telepatico Danny dall’aggressione degli spiriti dell’albergo e del padre, “posseduto” dalla malvagità del luogo; un incendio s’ingoierà albergo, giardino e il suicida mister Torrance, mentre Hallorann deciderà di educare lo “Shining”, la “iper-ricettività”, del bambino, prendendolo assieme a Wendy sotto la sua protezione.

Kubrick interpretò “Shining” come autentica e totale incarnazione del male, provvedendo a spurgare il romanzo da qualsiasi elemento di speranza e di fiducia nell’umanità: Hallorann verrà assassinato ad accettate, perdendo il ruolo salvifico e solare che assumeva nel libro; sparirà la (marginale) figura materna e consolante della pediatra; svanirà qualunque traccia d’affetto di Jack nei confronti della famiglia. Fin dalle prime battute, infatti, Torrance sembra negativo e insofferente sia nei confronti di Wendy che di Danny.

Non solo: interessante quanto afferma Failù nel suo splendido saggio “Shining vs. Shining ovvero Kubrick vs. King” a proposito delle sorelle Grady: “Nel romanzo sono, sì, due bambine ma rispettivamente di otto e sei anni. La scelta di Kubrick lascerebbe pensare che egli voglia sottolineare ulteriormente la doppia personalità dei protagonisti e il loro rapporto con lo spettro”. Rinvio il lettore all’articolo segnalato, per una completa panoramica sulle differenze tra le due opere.

“Shining” è una parola che Halloran(nel film Sherman “Scatman” Crothers) ha “ereditato” e adotta per indicare le percezioni extrasensoriali, mentre parla con il piccolo Danny.

La figlia di Kubrick, l’allora diciottenne Vivian, ha curato un documentario sul making of di Shining. Montato da Kubrick, ha goduto di una discreta circolazione oltreoceano. In seguito, Vivian ha ottenuto buoni risultati da compositrice, con lo pseudonimo Abigail Mead, curando la colonna sonora di “Full Metal Jacket” e, recentemente, di “The Mao Game” di Miller.

Shining: il film.

Jack Torrance(Jack Nicholson), scrittore in cerca di ispirazione e di solitudine per poter lavorare al suo romanzo, viene ingaggiato come custode dell’Overlook Hotel durante la chiusura invernale. Prudentemente messo in guardia sui rischi dovuti all’isolamento e al senso di soffocamento, avvertito del drammatico epilogo dell’avventura d’un suo predecessore, Delbert Grady(impazzito, nel 1970 aveva ucciso moglie e bambine e quindi s’era suicidato), Jack accetta con entusiasmo l’incarico, assicurando che lui, sua moglie Wendy (Shelley Duval) e il piccolo Danny (Danny Lloyd) non avranno nessun problema. La famigliola s’avvia per le strade di montagna.

Danny è un sensitivo: parlotta con il suo daimon, “Tony”, che lo avverte immediatamente dei rischi mortali che andranno a correre. Wendy è una massaia sciatta, teledipendente e fragilotta. Jack ha un’espressione sinistra dipinta sul volto: sembra contenere a stento la sua nevrastenia, giureremmo che detesti il suono stesso delle voci dei suoi “cari”, è tagliente e aggressivo.

Giunti all’albergo mentre il personale si sta congedando, Danny e Wendy vengono accolti dal cuoco Hallorann (Scatman Crothers), che trova un’immediata confidenza con il bambino, figlia di una affinità che presto scopriremo “extrasensoriale” e di una comunicazione telepatica.

Danny e mister Hallorann parlotteranno a proposito dello Shining e della “malvagità” dell’Overlook Hotel. Il cuoco avverte il bambino: sono accaduti eventi tristi e orribili in questo albergo, a testimoniarlo sono rimaste delle “presenze”.

Rimasti soli nel grande albergo, dapprincipio Jack, Wendy e Danny sembrano trovare un loro nuovo equilibrio: nonostante la forzata reclusione nell’Overlook, possono godere di lussi e di comodità di ogni tipo. Danny non tarda ad incontrare gli spettri delle gemelline (Lisa e Louise Burns) assassinate da Delbert Grady (Philip Stone); sempre più attratto dalla tetra aura della stanza numero 237, s’aggira per i corridoi dell’albergo a bordo del suo triciclo(accompagnato dalla memorabile steadycam di Kubrick).

Poco a poco, mentre Jack paga l’assenza di ispirazione e la dorata claustrofobia dell’Overlook con una progressiva e inarrestabile perdita di lucidità, la situazione precipita. Una misteriosa donna(che scopriremo essere la defunta moglie di Grady) aggredisce il bambino, proprio nella stanza 237: Wendy è sconvolta, e Jack inizia a ricevere le impreviste visite degli spettri dell’albergo.

Primo fantasma è il sinistro barman Lloyd (Joe Turkel). Il dialogo tra i due, a metà strada tra un’allucinazione a sfondo etilico e un patto col demonio, è il segno del cortocircuito avvenuto nella mente dello scrittore-custode.

Jack, “posseduto” dagli spiriti malvagi dell’Overlook, ormai incapace di scrivere altro che non sia una sola frase(“Il mattino ha l’oro in bocca” nella versione italiana, “All work and no play makes Jack a dull boy” in quella originale), è una maschera d’odio e di violenza. Non ha più traccia di umanità: e nei deliranti dialoghi con il suo predecessore Grady, e nei suoi spettrali incontri con gli antichi abitanti dell’albergo, precipita in una spirale di follia e di sangue, concentrandosi su un solo obiettivo: massacrare moglie e figlio.

Nonostante il sostegno delle sue nuove e diaboliche compagnie, fallirà nel suo intento, riuscendo solamente a uccidere il povero sensitivo Hallorann, richiamato telepaticamente dal bambino, coraggiosamente piombato nell’albergo per aiutare Danny e Wendy.

Tra le principali scene tagliate nella versione definitiva: le prime battute del colloquio per l’assunzione di Jack come custode dell’Overlook Hotel; la visita di una dottoressa al piccolo Danny, nel corso della quale Wendy raccontava alla pediatra la sua tormentata relazione con l’aggressivo Jack e soprattutto rivelava che qualche anno prima, ubriaco, aveva rotto un braccio al piccolo(Torrance alluderà a questo episodio nel corso del “patto” con il demoniaco barman Lloyd).

E ancora: cassata la parte finale del colloquio tra Halloran e Danny, nelle cucine: Danny gli domanda se è spaventato dall’albergo, ed Halloran risponde: “L’Overlook Hotel ha in sé qualcosa di simile allo Shining”.

E ancora: dopo l’invito delle gemelline a giocare “per sempre, per sempre” con loro nell’albergo, Danny si ritrova davanti alla televisione con la madre (tv davvero onnipresente, sin dalla prima scena, nella vita di Wendy); infine, durante la fuga di Wendy, tra le varie apparizioni di mostri e fantasmi, dovevano notarsi degli scheletri seduti in tavola con champagne, secchiello e calici(un po’ kitsch, ma almeno più comprensibili del tizio travestito da orsacchiotto e del suo compare in smoking, impegnati in una fellatio).

Dramma di follia domestica o ennesima variazione nella tradizione delle “haunted houses” che sia, Shining è comunque uno dei film dell’orrore più scioccanti e più spaventosi della storia, assieme a “L’Esorcista” di William Friedkin e al primo, superlativo “A Nightmare on Elm Street” di Wes Craven. Jack Nicholson regala un’interpretazione luciferina ed estrema: il suo Jack Torrance registra un’impeccabile passaggio dalla nevrosi alla follia, la violenza inespressa e sotterranea delle prime battute si trasforma in un’esplosione bestiale di aggressività e furore. La mediocre Shelley Duval è a suo agio in un ruolo debole e deprimente, che richiedeva anonimità e trasandatezza. Il piccolo Danny Lloyd, che ha scoperto d’aver girato un film dell’orrore soltanto molti anni dopo, si è, per così dire, subito ritirato dalle scene(eccettuato un film tv nel 1984: fonte, Imdb).

Canonica l’allegoria del giardino-labirinto, giusto all’esterno dell’Overlook Hotel: ne giudico pleonastica qualunque lettura simbolica. Meno elementari le soluzioni di altre questioni: molto difficile, ad esempio, giudicare semplici “allucinazioni” le apparizioni di Grady e di Lloyd, perché, tanto per dirne una, una allucinazione non può liberare un uomo imprigionato in un magazzino. Jack persuade Grady ad aprire la porta, promettendo di farsi giustizia e di portare a termine il suo compito: Grady accetta. La soluzione è proprio nell’ultima immagine, forse: tra le fotografie appese sulle pareti dell’albergo, ce n’è una del 1921 che ritrae un giovane e brillante Torrance in abito da gala.

È dunque vero che Jack è sempre stato il custode dell’albergo, proprio come gli aveva assicurato il collega Delbert; e allora la terribile lezione sembra essere che il male è sempre esistito, e sempre esisterà.

Gianfranco Franchi (Lankelot.com) Settembre 2003

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