SEI DONNE PER L’ASSASSINO
Regia: Mario Bava
Sceneggiatura: Giuseppe Barilla
Cast: Eva Bartok; Cameron Mitchell; Thomas Reiner; Mary Arden; Ariana Gorini; Claude Dantes; Franco Ressel; Dante Di Paolo
Durata: 88 minuti (Italia 1964)
Voto:9/10
Roma. Serata di pioggia battente. La vecchia insegna di un atelier di moda oscilla e cade spazzata dal vento. Una notte da lupi, insomma. All’interno, un gruppo di modelle in fibrillazione sta provando gli abiti per la sfilata del giorno dopo.
I proprietari sono Massimo Morlacchi (Cameron Mitchell) e la bellissima Cristiana (Eva Bartok), una donna che ha recentemente affrontato il dramma della perdita del marito.
Sarà una notte indimenticabile, perché una modella, Isabella (Francesca Ungaro), viene aggredita e barbaramente assassinata da un misterioso individuo, vestito di un lungo impermeabile nero, guanti di pelle, e con il viso completamente coperto da una calza bianca.
L’assassino simula un omicidio a sfondo sessuale, la polizia come sempre brancola nel buio.
A complicare le cose, la scoperta, in una scatola, del diario della vittima… un diario compromettente, perché potrebbe svelare torbidi intrighi del passato, e magari addirittura contenere anche il nome dell’assassino… un arma pericolosissima, tanto più che tutti i presenti, dalle modelle ai gestori dell’atelier, passando per oscuri personaggi che gravitano intorno a questo mondo, sembrano avere qualcosa da nascondere…
A farne le spese è proprio la ragazza che stava portando il diario alla polizia, non prima di avere strappato le pagine che la riguardavano naturalmente… alla donna sarà tesa una trappola nella casa di un amico, e verrà uccisa dal misterioso killer senza volto.
Chi è l’assassino? E soprattutto perché uccide? E quali terribili segreti nasconde quel diario? Lo spettatore non tarderà a scoprirlo…
“Sei Donne per l’Assassino” è un film diretto dal grande Mario Bava.
Un film che ha fatto epoca e che ha influenzato molti registi successivi: un nome su tutti, Dario Argento, che rielaborerà alcune tematiche nella sua primissima produzione. Pensiamo all’insistenza quasi feticista sul killer in guanti di cuoio nero, ad esempio.
Certo, il finale non è a sorpresa, lo spettatore scaltro non faticherà ad individuare l’assassino già dalle primissime battute. Ma ciò, a mio giudizio, ha relativa importanza. E’ la sceneggiatura, curata dallo stesso Bava, con l’ausilio di Giuseppe Barillà e Marcello Fondato il vero punto forte di questo film.
Un film da gustare per apprezzarne anche tutti i colori, da quelli cupi per le scene in esterno, quasi tutte notturne, a quelli sgargianti, a prevalenza di rosso e viola, dei vestiti di alta moda, o delle case in cui vengono commessi gli omicidi.
A tal proposito si deve rilevare che lo spettatore non si chiede se un personaggio morirà (del resto anche il titolo è allusivo in tal senso), ma si chiede invece quando ne verrà scoperto il corpo (i poveri corpi straziati infatti saltano fuori nei momenti più impensati)…
Questi sono i veri punti di forza del film, assieme ad alcune scene di indubbio effetto. Per citarne solo qualcuna:
– la scena iniziale, da manuale, nella quale, sotto un colore rosso intenso, sono immobili manichini e attori (manichini a loro volta), mentre a fianco compare il loro nome. Il tutto sottolineato dalla musica di Rustichelli.
– la ragazza che ha ritrovato il diario segreto, lo conserva in una borsa che poggia un tavolo. La scena non cambia mai nel minuto successivo: borsa di pelle nera in primissimo piano, la ragazza va a sfilare e numerose persone passano vicino al tavolo… Gli spettatori si aspettano che la borsa venga rubata da un momento all’altro, ma la donna torna dalla sfilata e la recupera. Successivamente, la borsa viene poggiata nuovamente su di un tavolo, alcuni inservienti passano con un porta abiti, la coprono per un istante e, una volta passati, la borsa è sparita!
– la scena dell’omicidio di una modella è particolarmente truce. Alla stessa viene spinto il volto contro una stufa rovente, e si sente il rumore tipico della carne cotta alla piastra… la donna ne rimane orrendamente sfigurata.
– altra scena cult è l’omicidio della povera modella orientale, uccisa nella vasca da bagno, con il sangue dei polsi recisi che colora progressivamente l’acqua.
– la scena finale, bellissima, con quella zoomata sulla cornetta del telefono rosso fuoco che oscilla penzoloni… scena che tra l’altro si ricollega a quella iniziale…
Insomma, un vero e proprio esercizio di stile, degno di un grande regista, come Mario Bava (da non confondere con il figlio Lamberto, autore di “Demoni” e “Demoni 2”) che purtroppo non ha ottenuto il giusto riconoscimento in vita per le sue opere. Pensate che “Sei Donne per l’Assassino” è un film che ha oltre 40 anni, ma è anni luce avanti rispetto alla sua epoca, tanto che può essere considerato, a ragion veduta, il capostipite del thriller-horror all’italiana. Un genere che verrà concretizzato da registi del calibro di Dario Argento, Lucio Fulci, Umberto Lenzi, Ruggero Deodato, Michele Soavi, Sergio Stivaletti e nello stesso figlio di Bava, Lamberto.
Le musiche sono curate da Carlo Rustichelli. Il film dura circa 85 minuti.
Il film fu naturalmente distribuito anche all’estero, con il titolo “Blood and Black Lace”. Tra l’altro si tratta di una coproduzione franco – italo – tedesca.
Curiosamente, nella versione da me visionata, i titoli iniziali sono in tedesco e quelli finali in italiano. Inoltre l’assassino scrive su un bigliettino “Wo ist das tagebuch?”(“dov’è il diario?” in tedesco).
Gabriele Fortino (ciao.it) 29.06.2005
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