Recensione film horror Second Name

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locandinaRegia: Francisco Plaza
Sceneggiatura: Francisco Plaza e Fernando Marias (tratta dal romanzo “Pact of the fathers” di Ramsey Campbell)
Attori: Erica Prior, Teresa Gimpera, Craig Hill
Produzione: Spagna, 2001
Durata: 93’

Voto: 4.5/10

Second Name è un film che ha sempre esercitato un certo potere magnetico nei confronti del mio stomaco di ferro cinematografico; la causa principale era la copertina, una copertina così nera, misteriosa, così maledettamente horror come poche.
Ma si sa, l’abito non fa il monaco, e tra le centinaia di thriller-horror degli ultimi cinque anni se ne salvano davvero pochini, perciò vi dico fin da subito che questo “Second Name” non si eleva sopra la media, anzi…

A conti fatti, per una buona mezz’oretta non succede assolutamente nulla, lo spettatore assimila molto lentamente diversi indizi interessanti quanto incredibilmente slegati tra loro; questa dovrebbe essere una cosa che aumenta l’interesse per la vicenda e per gli eventuali sviluppi inaspettati o cambi di ritmo degni di Martins.
E invece niente, lo spettatore segue le peripezie della protagonista, Danielle, scopre alcuni particolari insieme a lei e arriva alla soluzione decisamente prima di lei, arrivando quasi ad odiarla per la sua ostinatezza.

Il motore della vicenda è il suicidio dell’anziano padre di Danielle, un evento tanto tragico quanto inaspettato che dovrebbe colpirla in modo irrecuperabile, visto il legame padre-figlia immensamente profondo.
Invece la protagonista è solamente piagnucolante per un minuto e poi segue alla lettera il manuale dell’impavido detective improvvisato, senza lacrime e dispiaceri.
Comunica la notizia alla madre, un’anziana reclusa in un manicomio, una donna che non spiccica una parola da parecchi anni, ma che alla notizia della morte del marito inizia a chiamare Danielle col nome di Josephine.

Evidentemente la protagonista non sapeva il titolo del film…comunque non fa come tutti farebbero, ovvero semplicemente pensare che la madre pazza abbia dato fuori di matto per l’ennesima volta.
Lei no, lei inizia ad indagare, poi c’è quell’uomo che la segue e la fotografa. Ovviamente è un giochetto da ragazzi scoprire chi è e frugare nel suo passato.
Poi c’è la sua amica che deve partorire, l’amico di suo padre che si prende cura di lei, forse troppo, un detective davvero buffo e fuori luogo, come il coroner che rovina l’atmosfera dell’horror, per quel poco che era riuscito a fare il regista.

Giunti a questo punto forse non avrete capito niente della trama, beh meglio così, fidatevi, se questi spunti vi incuriosiscono accomodatevi pure, ma secondo me non vale la pena.
Ovviamente la protagonista scoprirà qualcosa del passato del padre che non avrebbe mai sospettato, l’appartenenza ad una certa setta, gli “abramiti”; almeno nella seconda parte del film il ritmo è leggermente più vivace, grazie ai continui “colpi di scena” (tra virgolette perché non sono degni di questo nome) su alcuni particolari del passato di Danielle.

La trama del film è ispirata ad un romanzo di Ramsey Campbell e mi pare che questa sceneggiatura sappia troppo di “Rosemary’s Baby” e di tutti gli altri film che sulla scia di quello hanno parlato di nuove vite spezzate e di deviazioni religiose.
Totalmente fuori luogo le figure del detective della polizia e del coroner, goffi, buffi e sdrammatizzanti in una vicenda di morte, sette sataniche e passati oscuri in cui la poca tensione creata non dovrebbe essere smorzata da due personaggi di secondo piano.
Un altro elemento che mi consente di individuare nel film di Roman Polanski il principale ispiratore del regista Paco Plaza: le musiche che provengono direttamente dagli anni Sessanta e Settanta.
Detto questo, bisogna però anche fare i complimenti al regista spagnolo per i particolari verso cui indirizza la sua camera e per alcune inquadrature molto interessanti; questi tecnicismi della regia sembrano essere sempre più l’unico punto d’appiglio di questo genere, almeno per quanto mi riguarda.
L’unica interprete degna di nota è Erica Prior, nei panni della protagonista Danielle, presente per 90 minuti quasi ininterrottamente e discreta nel suo ruolo, nonostante una leggera antipatia che attira il suo personaggio.

Concludendo mi vedo costretto a sconsigliare la visione di questo ennesimo thriller-horror che ha a che fare con una setta religiosa dalle pratiche omicide; astenetevi a maggior ragione se avete un secondo nome e se siete tra quelli che da piccoli credevano di essere stati adottati, questo film potrebbe causarvi pericolose turbe psichiche e costose indagini private.

Adriano Lo Porto 29.09.2004

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