Recensione film horror MANHUNTER

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MANHUNTER – FRAMMENTI DI UN OMICIDIO

locandina

Titolo originale: Manhunter
Nazione: U.S.A. 1986
Regia: Michael Mann
Cast: William L. Petersen, Kim Griest, Brian Cox, David Seaman
Musica originale: Michel Rubini
Fotografia: Dante Spinotti
Produzione: Richard A. Roth

Eh già, proprio così… molti di voi lo sapranno, ne sono certo, ma la prima, storica apparizione del cannibale più famoso della storia del cinema avviene in questa pellicola girata nel 1986 da Michael Mann.
Certo l’Hannibal che conosciamo tutti è indiscutibilmente legato alla figura di Anthony Hopkins ma… ma… andiamo con ordine.
Capolavoro del genere, Manhunter non ha avuto a suo tempo il successo che meritava, ritagliandosi piano piano negli anni uno spazio che gli ha consentito di essere annoverato tra i “cult”. A tutti gli effetti noto lo è diventato, riuscendo a risalire agli onori della cronaca quando nelle sale cinematografiche qualche anno fa ne è uscito il remake, Red Dragon, tratto sempre dall’omonimo romanzo Drago Rosso, di Thomas Harris.
“Drago Rosso” è il prequel del “Silenzio Degli Innocenti” film che ha aperto le strade della celebrità ad una delle trilogie più thriller che siano mai state esposte su grande schermo (tutte tratte dai volumi di Harris). In questo primo capitolo, il mostro che si aggira mietendo vittime con la sua dentiera di acciaio affilata come un rasoio è un misterioso personaggio che i media chiamano Dente di Fata. Il dottor Hannbal Lecter (nel film chiamato Lecktor) è una figura di secondo piano, che aiuta il detective Will Graham ad entrare nella mente del maniaco allo stesso modo con cui aiuterà, anni dopo, la criminologa Clarice Starling (Jodie Foster) nel “Silenzio Degli Innocenti” anche se in quel frangente il suo ruolo sarà decisamente più rilevante.
Scordatevi per un momento il Red Dragon portato sullo schermo qualche anno fa da Brett Ratner perché Manhunter è tutt’altra cosa: è un film superiore al suo omonimo in maniera assolutamente impressionante. Questa superiorità si avverte a tutti i livelli a partire dagli aspetti tecnici, soprattutto da regia e fotografia.
La prima è orchestrata dalla sapiente mano di quello che è considerato uno dei migliori registi attuali, uno di quelli il cui modo di girare è riconoscibile dalle scene: Michael Mann. Come poi sarà evidente in pellicole quali “Heat La Sfida”, “The Insider” o “Collateral” si cominciano qui ad ammirare i suoi celebri lenti piani sequenza con movimento orizzontale, solitamente accompagnati da una musica che sconfina in litania, inquadrature frontali con lento zoom sul primo piano del personaggio in questione… ed una città che sembra fare semplicemente da sfondo agli eventi, come fu Miami per il serial Miami Vice, di cui Michael Mann fu proprio regista e perfino co-produttore. Proprio con Manhunter Mann inizia il sodalizio con l’italiano Dante Spinotti autore di quel tipo di fotografia tanto voluta dal regista fatta di colori intensi e pastosi: l’indaco della notte è accompagnato da sfumature di celeste e di azzurro mentre il tramonto e l’alba vertono più sulle sfumature di rosa che su quelle arancioni. Alcune illuminazioni artificiali poi per gli interni sono particolarmente brillanti ed accese, spesso bianco latte, a volte con colori verdi e violacei effetto neon.
Un cast ben assortito e comunque non proprio notissimo contribuisce a rendere la vicenda più vicina al reale in una pellicola dove una colonna sonora incalzante e composta di musiche e canzoni non molto celebri provvede a fornire un originalissimo tocco di classe che non guasta mai. In questo senso memorabili sono le scene “musicate”: quella in compagnia della tigre, quella nella casa di uno degli omicidi e soprattutto quella della feroce trasformazione del signor Dolarhyde all’interno del suo furgoncino, quando, da innocuo ma comunque disturbato innamorato svela tutta la sua disumana ferocia trasformandosi in mostro disumano e freddo omicida.
Protagonista assoluto della vicenda è il detective Will Graham nella cui parte si cala perfettamente William L. Petersen, un buon attore che non è riuscito ad andare oltre nel mondo del cinema e successivamente riciclatosi in televisione (è ora protagonista della serie CSI); il suo mentore nel film è Dennis Farina (caratterista anni ’80) che interpreta quello stesso Jack Crawford che poi Scott Glenn incarnerà nel “Silenzio Degli Innocenti”.
Tom Noonan, un omone calvo alto circa due metri è Francis Dolarhyde alias “Dente Di Fata”, l’uomo che sin dall’inizio si scopre essere il mostro della vicenda; la sua stazza, la sua espressione assente ed il suo labbro leporino lo aiuteranno poi a ritagliarsi piccoli spazi in pellicole horror negli anni a venire. La sua musa, l’unica in grado di poter placare la sua sete di sangue è la sua bella collega di lavoro, la cieca Reba McClane i cui panni sono indossati dalla bravissima Joan Allen.
Infine Lecktor: qui è Brian Cox che adesso è noto per essere uno dei più attivi caratteristi del grande schermo: lo ricordiamo in The Ring, come padre adottivo della tremenda Samara o in “The 25th Hour”, come padre dello spacciatore Edward Norton ma anche in pellicole quali Troy, The Bourne Identity, X-Men2, Il Collezionista, Braveheart e Rob Roy.
Insomma, questo è un film che mi sento di consigliare a tutti gli amanti del cinema e del thriller in particolare. Una di quelle pellicole riservate agli appassionati, non così nota da essere considerata commerciale ma così affascinante e ben fatta da essere vista assolutamente.

Corrado IngeGnere76 (ciao.it) Maggio 2005

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