Recensione film horror La Casa nel Tempo

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locandinaRegia: Lucio Fulci
Sceneggiatura: Gianfranco Clerici e Daniele Stroppa
Attori: Karina Huff, Keith Van Hoven, Paolo Paoloni
Produzione: Italia, 1989
Durata: 80’

Voto: 7/10

In una villa isolata, nel centro Italia, vive un coppia di anziani, ancora felicemente innamorati e dediti al collezionismo di orologi di ogni sorta e tipo. Nella notte tre delinquenti fanno irruzione nella casa e uccidono la coppia. Ma accade qualcosa di strano: gli orologi cominciano a tornare indietro e la villa si anima di oscure presenze.

Che la bella e isolata villa sia strana si capisce fin dalle prime sequenze: il film si apre con la barbara uccisione della cameriera. La simpatica coppia di vecchietti pratica due hobby: uno è già stato ribadito poco sopra, l’altro è il delitto di giovani vittime che si scontrano con la loro volontà. Tutto ciò condito da sano sarcasmo, come piaceva a Fulci. La vecchia uccide la cameriera, rea di volersi prendere una vacanza, con una pala e trova il modo di pronunciare una battuta non poco spiritosa.
Nei loro delitti scopriamo che i due vecchietti si fanno aiutare dal giardiniere mezzo cieco, il quale esegue gli ordini seppellendo le vittime in giardino; attraverso alcuni flashback e i discorsi della coppia, apprendiamo che in quella casa è avvenuto il terribile delitto di un uomo e una donna, sposati da pochi giorni: i due nipoti.

E qui c’è da sottolineare un primo aspetto tipico di altri film di Fulci; al regista romano piace inserire, nelle sue sceneggiature, elementi non direttamente funzionali allo svolgimento della trama del film. All’inizio de “La Casa nel Tempo” capiamo che i due nipoti sono stati uccisi dai nonni, per motivi che possiamo intuire a malapena, ma che non ci vengono esplicitamente chiariti, se non da qualche breve stralcio di conversazione tra i protagonisti. Sappiamo che la coppia trucidata giace in un cappella, situata all’interno del giardino della villa. Non sapremo mai perché e quando la coppia di sposi è stata uccisa, non sapremo mai perché si trova in quella chiesa, ma verso la fine del film i due torneranno a farsi “vivi” e ribalteranno addirittura il finale del film.

Dopo le prime sequenze, la scena si sposta a bordo dell’auto dei tre delinquenti, che si stanno avviando ad assaltare la villa isolata. I due ragazzi e la ragazza rapinano un supermercato e se la prendono con un povero gatto nero, finito sfortunatamente nella loro macchina. Attenzione a questo gatto: a Fulci piacciono molto i felini, perciò sarà difficile che questi tre sbandati risultino simpatici, come, d’altronde, è difficile simpatizzare con i vecchietti.
Ne “La Casa nel Tempo”, Fulci desidera che lo spettatore combatta con se stesso per scegliere da che parte stare; e nell’arco di tutto il film, noi spettatori ci troviamo in crisi nel determinare chi siano i buoni e chi i cattivi.
Quando i tre, dopo essere entrati nella villa con uno stratagemma, uccidono la vecchia, il nostro cuore si scioglie nel vedere il marito che si lancia disperato sul corpo esangue della moglie e tenta di vendicarla, soccombendo a sua volta. Il nostro odio è tutto per i tre giovani.
Ma quando le lancette degli orologi si riavvolgono e i morti si risvegliano perseguitando i vivi, allora gli aguzzini cominciano lentamente a diventare le vittime. E noi spettatori cominciamo lentamente a parteggiare per i tre ragazzi.
A questo punto la trama si complica: dal mondo dei morti non tornano solamente i due vecchietti ma anche la cameriera sepolta in giardino e i nipoti trucidati e custoditi nella cappella…

La Casa nel Tempo” è il secondo film di Fulci prodotto da Reteitalia e, come “La Dolce Casa degli Orrori”, mai trasmesso in televisione perché giudicato troppo violento. In effetti sul piano della violenza Fulci ha la mano pesante.
Si pensi che la sequenza in cui uno dei due delinquenti tenta di arrampicarsi su un muro e si sradica le unghie delle mani è stata copiata sia in “The Ring”, quando Samara cerca di risalire dal pozzo, sia in “Non Aprite quella Porta” (la versione del 2006 di John Liebesmann), quando uno dei malcapitati cerca di fuggire a Leatherface.
Ma qui siamo nel 1989, il che significa che il Maestro Lucio Fulci aveva già detto tutto.
Gli effetti speciali sono di Pino Ferranti.

Violetta Armanini 14.12.2006

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