Recensione film horror L’Uomo senza Sonno

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locandinaRegia: Brad Anderson
Soggetto e Sceneggiatura: Scott Kosar
Attori: Christian Bale, Jennifer Jason Leigh
Produzione: Spagna 2004
Durata: 90’

Voto: 8.5/10

“L’uomo senza sonno” è un thriller con tutti gli attributi al suo posto; inizierei con questa certezza la mia recensione, perché ho sempre rimandato la visione di questo film a causa di recensioni che mi avevano fatto intendere che questa pellicola sterzasse più verso il genere drammatico; invece mi ero fatto un’idea sbagliata, questo è un thriller con le palle signori.
Magari non c’è l’azione che Hollywood cerca sempre più di infilare nel genere thriller per dargli una spinta in più, magari non è data tanta importanza ai dialoghi (meglio, se no si scade nel didascalismo e si fanno sceneggiature piene di frasi epiche), magari la tensione non ha picchi esagerati, ma comunque si tratta di un buon film.
Trevor Reznik, la sua vita e la sua psiche ti entrano sottopelle e non ti lasciano nemmeno dopo i titoli di coda, accompagnati da alcune riflessioni interessanti che nei thriller hanno sempre meno spazio.

Trevor Reznik non dorme da un anno, il suo peso è sceso vertiginosamente nell’ultimo periodo, il suo corpo è tutto ossa e niente arrosto.
Qualcosa lo ossessiona, qualcosa gli toglie il sonno e la voglia di vivere, qualcosa gli disturba la percezione di ciò che succede intorno a lui.
Per lavarsi le mani usa la candeggina in polvere, per disinfettare alla perfezione il pavimento del bagno usa spazzolino e olio di gomito.
Per distrarsi dal tran-tran della vita da operaio chiama una prostituta alla quale lascia sempre dei soldi in più e per passare le notti si reca all’aeroporto dove una commessa del bar gli tiene compagnia con qualche parola rassicurante e coccolando i suoi gusti in fatto di tortine; lui fa un morso di torta, un sorso di caffè e lascia 20 dollari, il resto mancia.

Trevor Reznik è un uomo distrutto, i suoi colleghi di lavoro lo invitano a bersi una birra o a farsi una pescata, ma lui ormai è sempre più chiuso in sé stesso, non è più il Trevor di una volta, non vuole più la compagnia dei suoi colleghi.
Il suo superiore non lo vede di buon occhio per colpa della sua ossessione per le leggi sindacali, non aspetta altro che un suo passo falso per farlo fuori.
E l’occasione non tarda ad arrivare, perché Trevor si distrae durante una manutenzione di routine e causa un incidente ad un suo collega, che ci rimette un braccio.
La situazione precipita, il suo superiore non aspettava altro, i suoi colleghi iniziano a guardarlo con disprezzo, lui inizia a pensare che tutti nell’azienda ce l’abbiano con lui, che stiano tramando un complotto alle sue spalle.

Ma il suo nuovo collega, Ivan, che ha provocato la sua distrazione fatal,e perché non risulta nell’elenco dei dipendenti? E c’entra qualcosa la morte di sua mamma con la sua condizione di fantasma vivente? Oppure è qualcosa che ha a che fare con un incidente stradale riportato alla mente da una giostra al luna-park?

Proprio un bel thriller questo “L’uomo senza sonno”, dove tutti i dettagli hanno un significato ben preciso, dove tutto torna, dove ogni pezzo ha il suo incastro, dove non c’è niente di così irreale che ci faccia storcere il naso.
Lo spettatore dapprima viene costretto a mettersi in sintonia col personaggio principale, con le sue aberrazioni, con i suoi dubbi, con le sue abitudini e le sue paure.
Successivamente viene chiamato ad indagare insieme a Trevor sul complotto, sull’identità di Ivan, sulla causa della perdita di sonno, di fame, di voglia di vivere.
Lo spettatore capisce prima di Trevor, per volere degli autori, dove si vada a parare e alla conclusione di tutto prova compassione per lui, vorrebbe dargli una pacca sulla spalla e dirgli che tutto sommato ha fatto bene, che è giusto così, che giustizia è stata fatta, come recita la maglietta che lui indossa nell’ultima scena.

A proposito di questa maglietta vorrei segnalare che è stato fatto un enorme lavoro da parte del regista Brad Anderson e dei suoi collaboratori sul versante dei dettagli.
Particolari che apparentemente non hanno alcun senso specifico, scritte e oggetti che potrebbero essere lì per caso, ma che invece hanno un preciso scopo, come l’adesivo su un’auto inquadrata dopo che Trevor viene investito da una macchina, che recita “I’d rather be fishing”, una trovata geniale e come questa ce ne sono altre e altre sicuramente non le avrò notate io.
Brad Anderson dunque promosso con voti molto positivi, anche se qualche sbavatura se la concede anche lui, ad esempio nella già citata scena dell’investimento, poco realistica, anche se poi recupera punti nella scena della giostra al luna-park ad esempio, dove monta saggiamente il presente della giostra con il passato della memoria di Trevor che riaffiora con forti strattoni.
Come avrete capito, sono rimasto molto soddisfatto anche dalla sceneggiatura di questo film, firmata da Scott Kosar, che ha anche realizzato la sceneggiatura del Non aprite quella porta del nuovo millennio e di un altro horror ancora inedito in Italia.

Per quanto riguarda gli interpreti, si è già parlato tantissimo dei sacrifici di Christian Bale per entrare alla perfezione in questa parte; il suo trasformismo è stato messo veramente a dura prova e la leggenda dice che abbia perso 30 chili a suon di scatolette di tonno e mele per poter interpretare Trevor Reznik; davvero un’ottima prova la sua e non solo per la fatica corporea alla quale si è sottoposto.
Sua comprimaria è Jennifer Jason Leigh, nei panni della prostituta innamorata e tanto che ci sono tornerei dunque a quelle riflessioni di contorno che vi avevo preannunciato all’inizio.
Perché “L’uomo senza sonno”, oltre ad essere un buon thriller, indaga anche in modo non superficiale i meccanismi di un’azienda di operai, passando per i rapporti tra operai e superiori, gli incidenti sul lavoro e i rapporti tra colleghi.
Oltre a questo, si permette di affrontare la delicata questione di una prostituta che si affeziona ad un cliente e pensa di mollare il suo squallido lavoro per dare sfogo ai suoi fremiti emozionali.
Ma non basta, perché la conclusione della vicenda e la cosa che toglie il sonno al nostro eroe ci permette di riflettere su un altro tema di grandissima attualità, che però ovviamente non vi posso rivelare.

Insomma, concludendo consiglio senza riserve questo film, perché la sua lentezza iniziale è propedeutica al coinvolgimento dello spettatore nella vicenda personale di Trevor Reznik, perché rimarrete soddisfatti da tutti gli aspetti tecnico-realizzativi di questa pellicola e perché il risultato finale è quello di un thriller appassionante che ispira inoltre interessanti riflessioni.

Adriano Lo Porto Luglio 2006

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