Recensione film horror Io sono Leggenda
Regia:Francis Lawrence
Sceneggiatura: M. Protosevich, Akiva Goldsman
Attori:Will Smith, Alice Braga
Produzione: U.S.A. 2007
Durata: 100′
Voto: 7/10
“Io sono leggenda” è il primo grande film del 2008 in Italia, uscito l’11 gennaio e pompato dai trailer già da parecchi mesi; quando si riesce a creare un’attesa così spasmodica, il successo è assicurato, anche se gli americani si sono visti scippare diversi spettatori da un rispolverato Lino Banfi nelle vesti di Oronzo Canà, in “L’allenatore nel pallone 2”.
Bisogna anche dire che gli spettatori meno sprovveduti hanno ormai capito che spesso i trailer mentono, e il trailer di questo film non è da meno, dato che “Io sono leggenda” non è un film pieno d’azione alla “Bad Boys” (tanto per citare i trascorsi di Will Smith), ma piuttosto un lento e riflessivo dramma sulla solitudine umana alla “Cast Away”.
In un talk show, una dottoressa presenta i fantastici risultati ottenuti con la sperimentazione del virus del morbillo geneticamente modificato in qualità di cura per il cancro. Tre anni dopo, Robert Neville è l’ultimo uomo a New York e gode della sola compagnia del suo cane Sam (diminutivo di Samantha).
Le giornate di Robert sono tutte uguali, colazione razionata con sottofondo di telegiornale registrato, passeggiata per le vie della città, prende in prestito un dvd al giorno (“Sono arrivato a metà della lettera G”) e fa due chiacchiere con i manichini del negozio, trasmette via radio il suo messaggio per radunare i sopravvissuti e si presenta alle 12 all’appuntamento, qualche tiro a golf e poi al tramonto, al segnale sonoro del suo orologio, si barrica in casa, chiude porte e finestre ermeticamente, oscura completamente la casa e aspetta l’alba.
Così può capitare che una strana invasione di animali selvatici o un manichino femminile particolarmente attraente gli possano ravvivare la giornata, ma la vera ragione che lo fa andare avanti, giorno dopo giorno, è la sperimentazione del vaccino, che lui effettua costantemente sui ratti e saltuariamente anche sul corpo di qualche suo nemico caduto…
Chi sono questi suoi nemici? Sono i “cacciatori del buio”, esseri dalla forza fisica soprannaturale che durante le ore di sole si rintanano nei posti più bui della Grande Mela e al tramonto escono a caccia di cibo.
La New York deserta di Francis Lawrence è decisamente più affascinante della Londra abbandonata di Danny Boyle (“28 giorni dopo”); la città descritta da questo film è un luogo dove la natura si riappropria dei suoi spazi, con l’erba alta nelle vie principali e l’invasione animale di inizio film; è una città in disordine, perché abbandonata frettolosamente e contaminata inesorabilmente; è una città da scoprire ed esplorare per l’ultimo uomo newyorkese, che ogni giorno visita uno stabile diverso in cerca di oggetti utili e viveri non deperiti.
Una delle protagoniste principali del film è la musica di Bob Marley; che il suo reggae fosse immortale lo si era detto tante volte, ma l’ammirazione e il rispetto mostrati da Robert nei confronti di Bob Marley, delle sue idee e della sua musica è a mio parere la parte più emozionante e profonda del film; un momento attraverso il quale gli autori del film parlano del tema del razzismo.
A ben guardare, il tema è più ampio e generalista, mettiamo insieme la natura selvaggia che torna in città, i temi pacifisti di Bob Marley, la distruzione del genere umano avvenuta per mezzo di un virus modificato da umani e la conclusione è una sola: l’uomo dovrebbe fermarsi un attimo, riflettere, non modificare e distruggere la natura per ottenere benefici passeggeri e non lanciarsi in guerre fratricide, siano esse conflitti razziali di quartiere, dispute religiose nazionali o guerre mondiali.
Will Smith era il “principe di Bel Air”, era un rapper discreto, ora è un attore maturo, a partire da “Alì”, passando per “La ricerca della felicità” e arrivando alla sua momentanea apoteosi in “Io sono leggenda”; evidentemente, l’ultimo uomo a New York non può intessere dialoghi articolati e frequenti, dunque Will Smith regge lo sguardo della telecamera praticamente da solo per più di metà del film, declamando poche battute e offrendo una prova convincente.
Il paragone più immediato credo sia quello con “Cast Away” di Robert Zemeckis, in cui Tom Hanks rimaneva solo su un’isola deserta per il 90% del film; certo, siamo in due categorie di film molto diverse, Hanks è qualche spanna al di sopra di Smith, però la struttura dei due film è abbastanza simile e credo che i dialoghi tra Robert Neville e i manichini siano eredi di quelli tra Chuck Nolan e Wilson, un pallone da volleyball.
La sceneggiatura di questo film, firmata da Mark Protosevich e Akiva Goldsman è liberamente ispirata all’omonimo romanzo di Richard Matheson, e infatti molti appassionati della letteratura fantascientifica storcono il naso, ma è anche figlia di un film del 1971 ispirato allo stesso libro, un film intitolato “1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra”, in cui l’umanità viene decimata da una guerra batteriologica tra Russia e Cina e Robert Neville è sempre alle prese con lo studio di un vaccino e con un gruppo di nemici oscuri e incappucciati, ma in qualche modo più umani di quelli di “Io sono leggenda”.
Detto questo, la visione del film è consigliata a tutti gli amanti del buon cinema, esclusi quelli che non sopportano i ritmi lenti e macchinosi e gli effetti troppo computerizzati (gli animali e i mostri sono eccessivamente finti).
Adriano Lo Porto, 29.01.2008