Recensione film horror Il Coltello Di Ghiaccio
Regia: Umberto Lenzi
Sceneggiatura: Umberto Lenzi, Antonio Troiso
Attori: Carroll Baker, Eduardo Fajardo
Produzione: Italia, 1972
Durata: 92’
Voto: 5/10
“La paura è un coltello di ghiaccio che lacera i sensi fino al fondo della coscienza“.
Il titolo del film è ispirato da questa frase di Edgar Allan Poe, che campeggia subito dopo i titoli di testa.
Siamo in Francia, in un piccolo paesino chiamato Montseny. Alla stazione ferroviaria arriva Jenny Ascot, che aveva lasciato anni addietro quel minuscolo agglomerato di case per fare fortuna. Effettivamente c’è riuscita, essendo diventata una apprezzata e famosa cantante. Jenny sta andando a trovare la cugina Marta (Carrol Baker), che invece ha avuto meno fortuna, essendo rimasta nella sperduta e chiusa Montseny, con nessuna possibilità di diventare una persona importante e conosciuta.
Marta tra l’altro ha anche un handicap: è muta da quando era una ragazzina, in seguito allo shock provocato dalla perdita di entrambi i genitori in un incidente ferroviario.
L’arrivo di Jenny sembra sconvolgere la tranquillità della piccola comunità. Proprio nel tragitto verso casa, le due donne intravedono nella nebbia la figura di un uomo misterioso, che le spaventa moltissimo. Un fantasma? O semplice suggestione?
Recatesi a casa dell’anziano zio, Sir Ralph, cominciano ad accadere strane cose. Nel garage della villa, la notte stessa, sarà proprio Jenny a perdere la vita, assassinata da una mano sconosciuta. Poiché nei dintorni già si erano verificate, in un passato recente, misteriose sparizioni, la polizia sospetta di un serial-killer.
Nei giorni seguenti faranno la stessa tragica fine una governante e la piccola Cristina, una ragazzina che aveva stretto una forte amicizia proprio con Marta.
La famiglia è sconvolta dal dolore, la polizia, come spesso accade nei film, non cava il classico ragno dal buco e Marta è terrorizzata, perché capisce che la prossima vittima potrebbe essere proprio lei.
Intanto viene arrestato un giovane tossicodipendente, visto più volte nella zona. Ben presto, però, l’uomo (dedito a riti satanici) viene scagionato: non è lui l’assassino. Sulla lista dei sospettati finisce anche il giovane dottor Lawrence, che intanto ha stretto una tenera amicizia con Marta.
Chi è l’assassino? E perché sta uccidendo ad una ad una le persone che gravitano intorno alla misteriosa villa?
Questa la trama di “Il Coltello di Ghiaccio”, film diretto da Umberto Lenzi nel 1972. Di sicuro non uno dei suoi migliori gialli, al contrario è considerato da buona parte della critica uno dei peggiori.
Un thriller con poche idee salvabili e dalla trama abbastanza flebile. Con un buon grado di approssimazione, potremmo definirlo un thriller psicologico, anche se tutto sommato di psicologico ha ben poco. Anzi, la soluzione finale sorprende per la pochezza e la fragilità della struttura psicologica stessa.
Ovviamente di più non posso dire, per non togliere il gusto della visione a coloro che intendessero “rispolverare” questo thriller anni ’70 (e soprattutto in questi tempi di ritorno in auge di Tomas Milian e di alcuni film di Lenzi).
A condire il tutto, un paio di curiosità che trovo a mio parere abbastanza singolari.
La lunga sigla iniziale, ad esempio, con le immagini di una corrida: nel film nulla è riconducibile ad una corrida, evento del tutto estraneo alla trama, anche perché ci troviamo in Francia. La stessa Marta ad un certo punto (ma solo per una frazione di secondo) ricorda una corrida: ma a quale scopo? Perché il film è una produzione italo-spagnola? Si accettano ipotesi più convincenti.
Una seconda idea, che poteva essere senza dubbio sviluppata meglio, è la presenza di una parte della favola ” Alice nel Paese delle Meraviglie“, ipercitata in decine di film (un nome su tutti: “Matrix“). In particolare il brano è la surreale poesia del processo del topo.
Umberto Lenzi firma anche soggetto e sceneggiatura (quest’ultima a quattro mani con Antonio Troiso).
Un film senza tante pretese, che rasenta appena la sufficienza. Dario Argento, che in quegli anni era il regista giallo-thriller più in voga, è lontano anni luce.
“Il Coltello di Ghiaccio” dura 90 minuti.
Un’ultima stranezza. La figura del tossicodipendente satanista è evidentemente ispirata a Charles Manson. Del resto, anche il nome del personaggio è simile: Mason.
Gabriele Fortino (ciao.it) 31.08.2005