Recensione film horror Hostel
Regia: Eli Roth
Sceneggiatura: Eli Roth
Attori: Jay Hernandez, Derek Richardson
Produzione: U.S.A. 2005
Durata: 90′
Note: Vietato ai Minori di anni 14
Questo film è stato recensito, eccezionalmente, da due collaboratori di OcchiRossi.it. La prima recensione è di Gabriele Fortino, la seconda è di Adriano Lo Porto.
Voto: 8/10
Erano tre gli elementi che avevano attirato la mia attenzione e fatto attendere da settimane l’uscita di HOSTEL, prevista per lo scorso 24 Febbraio.
-Il primo era il nome a caratteri cubitali sulla locandina di Quentin Tarantino, quale produttore esecutivo (colui che in sostanza investe denaro sul film).
-Il secondo era il disclaimer che campeggiava anch’esso sulle locandine, poco sopra: “Contenuti Violenti, Scene Truculente, Immagini Brutali” e l’immagine di un uomo, legato ad una sedia, con in bocca un grande trapano che gli sta trapassando la gola…
-Il terzo, infine, era la presenza dei cosiddetti “Barf Bags“, ovvero i sacchetti anti-vomito distribuiti sugli aerei. Trovata pubblicitaria, va bene, ma di sicuro impatto.
Insomma, nella mia logica perversa, era un film che assolutamente non mi potevo perdere. Convincere i miei amici, neanche a parlarne. E così, scelto lo spettacolo delle 22:45, sono andato al cinema. Da solo.
La trama. L’inizio è abbastanza inquietante. Un uomo (che naturalmente non vediamo mai in faccia) pulisce i suoi arnesi da lavoro (coltelli e pinze) in un lurido rubinetto. Ovviamente questi attrezzi sono ricoperti di sangue, l’uomo ha appena estratto dei denti umani, che cadono nel lavandino insieme al denso sangue…
Se non fosse per l’ambiente squallido e sporco penseremo ad un chirurgo, ma… la scena successiva ci porta a far la conoscenza di tre ragazzi: Paxton (Jay Hernandez), Josh (Derek Richardson) e Oli (Eythor Gudjonsson). I primi due sono due amici americani che hanno deciso di girare l’Europa insieme, il terzo è un ragazzo islandese conosciuto per la strada. Non si tratta di un viaggio alla scoperta di musei e monumenti del vecchio continente, quanto piuttosto di un’occasione per divertirsi e sfrenarsi alla grande. Insomma, il classico viaggio “sex & drugs & rock’n’roll” di fine liceo, tanto per capirci. Ed in effetti la meta scelta non lascia spazio a dubbi in tal senso: Amsterdam!
Il primo tempo del film passa quasi indenne raccontando delle scorribande sessuali dei tre, attraverso i bordelli e i locali della capitale olandese. Una sera però i tre amici si ubriacano, e trovano il loro ostello (da qui il titolo del film) chiuso, fanno un po’ di chiasso per farsi aprire, e vengono accolti “gentilmente” dai vicini con il lancio di bottiglie vuote. Un losco personaggio, un ragazzo di nome Alex, li accoglie in casa sua. Alex consiglia ai tre di lasciare Amsterdam, che tra l’altro è piena di turisti americani, e di recarsi in Slovacchia, più precisamente in un paesino alle porte di Bratislava. Qui è possibile, spendendo pochissimo denaro, trovare donne dell’est particolarmente disinibite e fare sesso 24 ore su 24. A supporto di questa tesi, Alex mostra loro alcune foto sulle sue performances sessuali con splendide ragazze fatte con la digitale. Proprio il paradiso terrestre per i due americani e l’islandese, che infatti il mattino dopo fanno le valigie e si mettono in viaggio, destinazione Bratislava!
Ma (e a questo punto il film prende una direzione del tutto diversa) non sarà il paradiso, bensì l’inferno. Alcuni indizi compaiono fin dal viaggio in treno. Un losco figuro, un uomo sulla sessantina, fa strani discorsi e ci prova con Oli, che reagisce in malo modo. Arrivati in Slovacchia, una banda di teppistelli composta da bambini, aggredisce lo stesso Oli, che viene cavato fuori dagli impicci proprio dal vecchio passeggero di prima. Il minimo che può fare è quindi scusarsi per la brutta reazione.
I tre fanno al loro arrivo la conoscenza con due ragazze del luogo, bellissime: Natalia (Barbara Nedeljakova) e Svetlana (Jana Kaderabkova). Come facilmente immaginabile, ci finiscono ben presto a letto.
La mattina dopo Oli scompare, misteriosamente. All’hotel dicono che ha saldato il conto e se ne è tornato a casa. Questo non convince Paxton e Josh, che non credendo che l’amico possa aver fatto una cosa simile senza avvertirli, si mettono sulle sue tracce…
E’ l’inizio dell’incubo.
Qui mi fermo, per non raccontare troppo della trama. Se avete intenzione di guardare il film, dimenticate i toni da “teen-movie” della prima parte, e preparatevi ad assistere ad un secondo tempo particolarmente zeppo di effetti truci e macabri, come recitava – a ragione! – il disclaimer sulla locandina.
Infatti, il film non lesina certo scene raccapriccianti e sangue, che scorre (e non è una metafora!) davvero a litri.
Il regista Eli Roth, alla sua seconda prova dopo il contrastato (almeno dalla critica) Cabin Fever ci presenta questo film gore, non certo per tutti i palati.
Personalmente, ho visto gente abbandonare la sala prima della fine e, all’uscita, perfino una coppia di fidanzati litigare, perché lei, quasi in stato di shock, convinta da lui ad assistere al film, non si aspettava assolutamente una cosa simile. Un’altra cosa che mi ha sorpreso è stata la presenza costante della maschera in sala, che girava con la pila per vedere se tutto era a posto (e magari se qualcuno non vomitava sui divanetti, aggiungo!).
E sto dicendo il vero, se credete che esageri, non avete che da andare al cinema!
Comunque, se amate il genere, un film senza dubbio ben realizzato, anzi, due film in uno, il primo quasi una commedia (alla American Pie, per intenderci), il secondo un horror alla Non Aprite Quella Porta. L’amalgama, è perfettamente riuscito, con alcune scene che anche nella seconda parte smorzano la tensione (i ragazzini – che peraltro sbucando improvvisamente mi hanno fatto sobbalzare un paio di volte!).
Ragazzini che ammazzano per una caramella o una monetina (a tal proposito, particolarmente grottesca la scena in cui uno di essi offre una caramella all’amichetto mentre gli altri massacrano un gruppo di uomini).
Una Bratislava presentata in un modo certamente non incoraggiante (se fossi un console della simpatica ed accogliente Slovacchia mi indignerei non poco): sporca, ostile, e piena di torbidi misteri, dove la polizia è anch’essa corrotta, perversa e non esita a bastonare un povero vecchio, per puro sadismo.
Già, “sadismo” è proprio la parola chiave di questa pellicola, ma non voglio anticipare troppo e pertanto non approfondisco il mio pensiero a riguardo. Anzi, il mio consiglio è, qualora vogliate vedere questo film, di non proseguire nella lettura della recensione.
Un film strano, che mostra ad esempio la cavatura di un occhio da una povera ragazza orientale, con tanto di pus che fuoriesce copioso insieme al sangue, ma che paradossalmente non osa mostrarci un cadavere stritolato da un treno in corsa.
Per finire, due piccole curiosità, che a quanto pare nessuno ha notato (ed ho letto moltissime recensioni post-film).
-Nel locale di Bratislava i tre ragazzi ascoltano una versione in lingua locale di Gloria, la celeberrima canzone di Umberto Tozzi.
-La receptionist dell’ostello sta guardando… un film di Quentin Tarantino, Pulp Fiction, in particolare un’inquadratura di Samuel L. Jackson pistola al pugno. Un omaggio al produttore che mi ha fatto particolarmente piacere.
-Ed anche, ma questo era noto, un breve cameo (à la Hitchcock) di Takashi Miike (Audition, The Call).
-Il regista ha detto che l’idea di realizzare un film simile gli era venuta dopo aver letto, su un sito Internet tailandese, la pubblicità di una vacanza simile a quella raccontata nel film, dove veniva offerta la possibilità, per 10mila dollari, di uccidere qualcuno. Questa in effetti potrebbe essere solo una trovata pubblicitaria (di cattivissimo gusto, naturalmente), come in fondo potrebbe essere vero (e perché meravigliarsi?).
-Ed infine, un piccolo aneddoto personale. La sera in cui mi sono recato al cinema, non avevo la macchina e sono dovuto tornare a casa a piedi in una città fredda e deserta, dove all’una di notte l’unica cosa che si sentiva per le strade era l’eco dei miei pass. Suggestionato dalla visione, ho avuto paura!
Insomma, un film scioccante alla Tarantino, se così possiamo dire, con le dovute distanze. Infatti, il regista americano mai si è spinto fino a questo punto, e Le Iene, in confronto a questo, è un film da educande. Eli Roth gioca sporco, frantumando i canoni del film horror. Non ricordo un film simile, cui potrebbe essere paragonato. Neanche con quelli di Fulci. Forse solo con Buio Omega, semi-sconosciuta opera di Aristide Massaccesi del 1979.
Pecche? Beh, attori sconosciuti, che recitano in modo pessimo e dialoghi non all’altezza. Ma questo è probabilmente voluto, infatti non ditemi che non sono proprio quelli i dialoghi di tre amici che intendono fare un sex-tour.
” Hostel” è stato definito come il più terrificante incubo gore degli ultimi anni, giudizio questo che mi sento di condividere.
Un successone al botteghino, costato appena 5 milioni di dollari, ne ha incassati 20 solo nel primo week-end di programmazione, e solo negli Stati Uniti.
Una citazione la meritano senza dubbio anche gli autori degli effetti speciali, Greg Nicotero e Howard Berger.
Il film, che dura circa 95 minuti, è naturalmente vietato ai minori di 14 anni.
E’ già in preparazione il capitolo secondo.
Gabriele Fortino (ciao.it) 01.03.2006
voto: 7-/10
Tutto ha inizio ad Amsterdam, dove due ragazzi statunitensi incontrano un islandese e tutti insieme si danno alla bella vita, tra discoteche, alcol, sostanze stupefacenti e corpi nudi da sballo.
Insomma la prima mezz’oretta di film scivola via tra una tetta e una pasticca, nella più scontata rappresentazione della vita notturna di tre giovani ad Amsterdam.
Tra un bordello e una discoteca, si fa tardi, quindi i tre rimangono chiusi fuori dall’ostello e sono costretti a rifugiarsi nella stanza di una ragazzo dell’est perché vittime di un lancio di bottiglie in seguito ai loro schiamazzi.
Alex capisce subito che Josh, Paxton e Oli sono alla ricerca di divertimento a buon prezzo e ragazze disinibite e quindi consiglia loro un ostello in Slovacchia, dove afferma di aver passato notti di fuoco con bellissime ragazze pronte a tutto.
Il giorno dopo i tre si fiondano in Slovacchia e trovano l’ostello in questione, in una cittadina nel bel mezzo del nulla, in un posto che di turistico non ha niente e di rassicurante ha ancora meno.
Alex però aveva ragione, qui ci sono ragazze stupende che non sanno cosa sia il pudore e per i tre è come trovarsi in paradiso.
Proprio quando gli spettatori iniziano a pensare di aver sbagliato sala, ecco che il primo ragazzo sparisce e, nonostante un mms di arrivederci, i suoi compagni di viaggio credono gli sia successo qualcosa di strano…ed in effetti non si sbagliano…
I 30-35 minuti iniziali influiscono molto, in negativo, sulla valutazione complessiva di un film che comunque nella parte horror della sua durata offre uno spettacolo molto appetibile per gli appassionati del genere.
Quando scompare il ragazzo islandese, finalmente la salivazione dell’assatanato di horror inizia ad aumentare da quel momento in poi è solo una sana escalation di sangue, strumenti di tortura, corpi macellati, teste mozzate e chi più ne ha, più ne metta.
Decisamente esagerata è però la trovata di posizionare all’entrata della sala due pile di pacchettini da vomito; una simpatica trovata per aumentare il chiassoso passaparola attorno al film, ma non credo che li abbiano usati in molti sinceramente.
La rivelazione dei motivi che portano alla scomparsa dei ragazzi e l’individuazione dei responsabili avviene in modo graduale e sincrono per i protagonisti. Per lo spettatore è uno dei maggiori pregi di questo film sfornato dalla mente di Eli Roth.
La vicenda rappresentata nel film è assolutamente allucinante, perversa ed inconcepibile, ma perfettamente plausibile e verosimile. Già solo questo lo rende più apprezzabile del 90% degli horror soprannaturali che spopolano ultimamente.
Il trailer sbandiera che “Hostel” è basato su fatti realmente accaduti e il sito ufficiale del film (hostelfilm.com) rimanda a humansforsale.com, che però mi pare più un sito goliardico che un catalogo presso il quale trovare la persona giusta da trucidare come meglio crediamo.
Senza dubbio non sono poche le leggende che ricalcano le vicende del film e alcuni “backpackers” sono effettivamente scomparsi o sono stati realmente ritrovati cadaveri, ma sarà una percentuale molto prossima allo zero, non certo una regola scientifica.
Hanno invece fatto notizia le reazioni al film del governo slovacco; gli slovacchi si sono risentiti perché il loro paese è stato effettivamente dipinto come una terra di nessuno gestita dalla criminalità organizzata, popolata da piccoli ladruncoli spietati e giovani puttanelle spudorate.
L’autore-regista del film, Eli Roth, è intervenuto subito sull’argomento, spiegando che la Slovacchia di “Hostel” non è la Slovacchia reale, bensì un insieme dei luoghi comuni e dei pregiudizi che gli americani hanno nei confronti dell’Europa dell’Est.
Il governo slovacco non ha comunque preso bene le sue dichiarazioni e ha accusato “Hostel” di danneggiare l’immagine del Paese e di oscurarne la cultura, l’arte e la storia.
Sinceramente penso che sia più comprensibile la reazione dei governatori islandesi, che non si sono offesi a morte per il loro personaggio assatanato e ubriacone, ma hanno accettato le candide spiegazioni del regista e hanno approfittato della situazione per ottenere una presentazione in grande stile di “Hostel” sul territorio islandese.
Un’altra lettura interessante per chi ha voglia di leggere curiosità e anticipazioni è il blog ufficiale di Eli Roth, presso il sito della Lionsgate; tralasciando i suoi racconti riguardo al tour mondiale di presentazione del film e alle sua mangiate e bevute in quel di Roma, si può intendere che probabilmente ci sarà un “Hostel 2“. Nella mente del regista dovrà essere un prodotto ben fatto e accuratamente meditato, non un’operazione commerciale volta a sfruttare il successo del primo episodio.
Si legge poi che l’impatto con i giornalisti slovacchi non sia stato tragico come quello col governo locale, ma anche come Roth si sia stupito del successo del suo film e dell’entusiasmo di Quentin Tarantino, produttore esecutivo della pellicola.
Roth si dice divertito dalla ricerca di messaggi politici all’interno del suo film (“perché in effetti ce ne sono”). Critica gli horror anni 90 e spera in un ritorno agli horror “made in seventies“.
Eli Roth aveva già riscontrato il gradimento pubblico scrivendo e dirigendo nel 2002 “Cabin Fever“, ma l’attenzione di pubblico e critica si è almeno decuplicata in occasione dell’uscita di “Hostel”. Il patrocinio di Tarantino vuol dire veramente tanto nel cinema di oggi.
“Hostel” è stato pensato, scritto e realizzato nel giro di dodici mesi e con poco meno di 5 milioni di dollari. Nel giro di 3 giorni ha incassato 4 volte tanto solo negli U.S.A., battendo in quella settimana “Le cronache di Narnia” e incassando nel giro di un mese 47 milioni di dollari, solo negli U.S.A..
Questo per dire che Eli Roth ha fatto davvero un buon lavoro secondo il pubblico e devo dire che anche la critica ha accolto il suo film abbastanza bene, esclusi quei 35 minuti iniziali che per la maggioranza delle persone non sono propedeutici e/o necessari per gli ottimi 50 minuti di hardgore che li seguono.
L’altro peccato di Roth, a detta di molti, è quello di essere scaduto nei luoghi comuni dei teenager americani con la sete di droga&figa, delle vacche slave, del torturatore orientale e dell’aguzzino tedesco, ma comunque questi stereotipi non sono decisivi per la vicenda e per la valutazione del film, quindi li lasciamo agli amanti della dietrologia.
Sul fronte degli attori, da annotarsi c’è il solo Roy Hernandez, che interpreta il protagonista Paxton.
Da segnalare “i ladruncoli del film” che sono veri ragazzini di strada!
Un’altra curiosità è la registrazione delle scene delle torture in un ex ospedale psichiatrico di Praga; a proposito di questo set, si narra che l’ambiente fosse talmente angosciante per il cast che è stato chiamato un quartetto di archi per allietare l’atmosfera durante le riprese!
In conclusione, “Hostel” sarà senza dubbio il fenomeno horror del 2006, così come “Saw” lo è stato per il 2005, proprio per i loro caratteri di film sorpresa per lo spettatore medio e di lenta e soddisfacente degustazione per l’appassionato di horror; peccato per quei 35 minuti iniziali.
Adriano Lo Porto 03.03.2006
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