Recensione film horror Hannibal Lecter – Le Origini del Male
Regia: Peter Webber
Soggetto e Sceneggiatura: Thomas Harris
Attori: Gaspard Ulliel, Gong Li, Kevin McKidd, Giancarlo Giannini, Francesca Neri.
Produzione: GB, Rep.Ceca, Francia, Italia, 2007
Durata: 117′
Voto: 4/10
C’è un po’ di delusione nel registrare l’ennesima operazione di stanco riciclaggio di un personaggio affascinante come “Hannibal the Cannibal“. Operazione che palesa senza ombra di dubbio le sue finalità esclusivamente commerciali, senza concedere allo spettatore un pur minimo lampo, se non di classe, quantomeno di vivacità. E cosi la saga del Dottor Lecter si conclude (voglio sperare) mestamente, andando a ritroso nel tempo, con la scoperta dell’origine del male che lo pervase. Quando? Ma in giovanissima età, naturale, da bambino, nel tempo della purezza. Ma cos’è che muove al male, all’odio e alla tentazione antropofaga un essere umano? Pensa che ti ripensa, Harris, il romanziere autore della saga, trova la “giustificazione” del male nella vendetta. Una vendetta tanto comprensibile, umanamente, quanto improbabile nel suo svolgimento.
In Lituania, durante la seconda guerra mondiale, due fratellini (un maschietto e una femminuccia) perdono i genitori in un conflitto a fuoco tra russi e tedeschi. Per loro disgrazia si ritrovano, nel gelo nevoso dell’inverno lituano, imprigionati da traditori della patria pronti a vendersi al nemico, ma anche a divorarli in assenza di cibo. Solo il maschio, per una circostanza favorevole, si salva, mentre la sorellina viene mangiata senza pietà. Il bambino è nientemeno che Hannibal Lecter, colui che diventerà il famoso psichiatra cannibale. Nell’immediato dopoguerra, immerso in un mutismo senza apparente ritorno, Hannibal si trova a vivere in una “casa del popolo” (che tra l’altro è anche l’antico castello dei Lecter, sua dimora natia). Escogiterà il modo per fuggire, per superare, con abilità senza eguali, tutti i posti di blocco che trova di fronte a sé, fino ad arrivare dalla zia cinese, a Parigi. Anche la zia (Gong Li) ha perso l’intera famiglia, a Hiroshima, nel triste scenario a tutti noto. Hannibal ha una sola ragione di vita, trovare gli uomini che avevano cambiato traumaticamente il corso della sua esistenza, così da vendicare la sorellina e, forse, trovar pace. La vendetta arriva, anche grazie all’aiuto della zia, ma la pace è pura utopia, anzi. La sorte dei malcapitati criminali sarà atroce, la vita di Hannibal segnata per sempre.
Più che un horror – ancorché ci siano sangue e morti – un melodrammone simil-ottocentesco, alla Dostoevskij o alla Dumas, certo con molta meno classe e meno caratterizzazione dei personaggi. “Hannibal Lecter – Le origini del male“ è tanto scontato quanto irritante nel rivelarsi da subito un prodotto così sfacciatamente usa e getta, da serata a base di popcorn. Sia chiaro, non sto dicendo che starete lì a sbadigliare per due ore, questo immagino non avverrà, ma il senso di prevedibilità che pervade la pellicola inficia totalmente la qualità artistica del film, in questo senso prossima allo zero. Eppure l’incipit “guerresco” dimostra che Peter Webber (“La ragazza con l’orecchino di perla”) non è poi così male come regista, dal punto di vista tecnico-visivo. Ma qui, ripeto, è la storia che è carente, non favorita da un romanzo a cui il film si ispira abbastanza fedelmente (Harris, non a caso, è lo sceneggiatore), ma nemmeno dalle prove degli attori. Certo che non era facile interpretare il Dottor Lecter, incarnato magistralmente dal talentuoso Hopkins in tre delle quattro pellicole della serie, ma questo francesino semi-inespressivo aiuta poco l’immedesimazione dello spettatore, sempre probabile nonostante (o proprio perché) il personaggio sia un’icona del male. È vero, Ulliel restituisce il gelo del suo predecessore, ma l’inquietudine? Dov’è l’inquietudine che cosi bene connotava l’interpretazione di Hopkins? Ed anche Gong Li, affascinante musa di Yimou (la ricordiamo, splendida, in “Lanterne Rosse”), è un personaggio di maniera, totalmente stereotipato, privo di anima e di spessore narrativo.
La saga cinematografica di “Hannibal the cannibal” (quattro film seriali più uno – il primo in assoluto – estraneo alla serie) , è sempre bene ricordarlo, vanta, tra le sue cinque pellicole, un paio di opere di classe purissima, considerato il genere: il pluripremiato (Oscar per il miglior film, regia, adattamento e attori protagonisti) e arcinoto “Il silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme e il meno conosciuto ma affascinante, solo vagamente ispirato al romanzo di Harris, con lo psichiatra nemmeno protagonista principale, “Manhunter, frammenti di un omicidio” di Michael Mann. In un progressivo declino di qualità artistica sono seguiti “Hannibal” di Ridley Scott e “Red Dragon” di Brett Ratner, fino ad arrivare a quest’ultimo, decisamente il peggiore della filmografia ispirata allo psichiatra cannibale.
A conti fatti un’opera trascurabile, che vi sconsiglio, soprattutto se siete amanti delle gesta del cannibale più famoso della storia del cinema (e della letteratura?). Se proprio siete curiosi, potete recuperarla in Dvd, in una serata in cui siete in ricerca di emozioni a buon mercato. E speriamo che la saga sia veramente giunta al suo termine.
Federico Magi 06.03.2006