Recensione film horror Halloween: La Notte delle Streghe
Regia: John Carpenter
Soggetto e Sceneggiatura: John Carpenter, Debra Hill
Attori: Brian Andrews, Jamie Lee Curtis
Produzione: U.S.A. 1978
Durata: 85′
Note: Vietato ai Minori di anni 14
Voto: 9/10
“Malocchio e gatti neri, malefici misteri.
Il grido di un bambino bruciato nel camino.
Nell’ occhio di una strega il diavolo si annega,
e spunta fuori l’ombra, l’ ombra di una strega.
Nella vigilia di Ognissanti c’han paura tutti quanti.
E’ la notte delle streghe, chi non paga presto piange!“
Il film apre i battenti con questa macabra filastrocca, intonata a gran voce da un coro di bambini.
Siamo ad Haddonfield, una tranquilla cittadina dello Stato dell’ Illinois, durante la notte delle Streghe, la notte di Halloween del 1963, il giorno in cui tutti i demoni tornano sulla Terra portando paura e terrore.
In una villetta due giovani ragazzi si intrattengono con “intime effusioni”. Ma non sono soli… Ad un certo punto Michael Myers, il fratellino di sei anni della ragazza, senza una ragione apparente, impugna un grosso coltello da cucina e li fa fuori senza pietà. Così viene rinchiuso in un manicomio.
Stesso luogo, 15 anni dopo:
il Dottor Sam Loomis, che ha avuto in analisi Michael per tutti questi anni, ha ormai compreso quale sia la triste situazione. Il ragazzo non è umano, in lui non è presente nulla, se non la vera essenza del male. Si reca così verso il manicomio in compagnia di un’infermiera, per portarlo ad un processo che potrebbe condannarlo a vita, come egli stesso spera.
Ma arrivati di fronte all’ ingresso principale dell’ ospedale, scopre che il ragazzo è riuscito ad uscire, infatti li assale e fugge con la loro auto.
Michael decide di tornare nel suo luogo di infanzia a mietere vittime, e quale miglior giorno dell’ anno scegliere se non quello più terrificante come la notte di Halloween?
Comincia così a pedinare una giovane donna, Laurie, la classica ragazza della porta accanto, acqua e sapone, timida ed introversa, studentessa di giorno e baby sitter di notte.
Dopo un po’ lei però inizia a capire che qualcuno la sta seguendo. Infatti ritrova sempre lo stesso uomo coperto da una maschera, in strada, a scuola e nel suo giardino. Nonostante racconti le sue paure alle sue due amiche del cuore, nessuno vuole crederle, dando la colpa al fatto che possa trattarsi di semplice suggestione dovuto al clima che questo giorno festivo comporta.
Durante la notte, Laurie si reca a casa di un bambino per accudirlo e, da allora, hanno inizio i guai: le sue amiche ed i loro ragazzi verranno brutalmente trucidati, finché l’assassino non arriverà a cercare l’ ultima vittima designata, proprio lei!
Questo film rappresenta un vera e propria pietra miliare del cinema horror per teen agers. Girato nel 1978, sarà il precursore di una lunga serie di opere di gran successo quali “Venerdi 13“, “La casa“, ecc, che impiegheranno il medesimo format: l’ innocenza perennemente perseguitata dal male personificato.
Questa volta, a simboleggiare il ruolo del “bene”, è stata scelta la figura “buona” per eccellenza, ovvero quella della baby sitter, che tutti i bambini di questo mondo conoscono.
Inoltre, l’ambientazione della storia durante la notte più terrificante dell’ anno ha contribuito sostanzialmente a rendere il film ancor più inquietante, un tocco in più per garantire “attimi di ordinaria paura”.
Anche la colonna sonora ha una fondamentale importanza: dall’inizio alla fine lo spettatore è accompagnato da questo incessante motivetto in tempo 5/4 che puntualmente incalza ogni qualvolta si voglia preannunciare quello che di più sconcertante possa accadere in questi film, un omicidio.
Senza alcuna presenza di effetti speciali, si rende la realtà che circonda, molto più veritiera, la fotografia dunque è davvero superba.
C’è un’ atmosfera da brivido nella tecnica delle riprese. Anche quando le scene si svolgono all’aperto nella soleggiata cittadina, qualcosa di sinistro si cela nell’aria.
Di notte invece, nelle scene al chiuso, per creare un tono davvero inquietante, è stato scelto di utilizzare una luce di fondo color blu (effetto che si riscontrerà in molti horror successivi a questo). Il buio è l’ elemento preponderante nel film, poiché garantisce maggior contrasto tra l’oscurità della notte e la maschera biancastra dell’assassino, che compare all’improvviso, tenuta nascosta sempre in secondo piano.
Anche i personaggi sono molto credibili, ognuno dotato di una particolare personalità del tutto conforme alla storia:
– Laurie Strode (Jamie Lee Curtis): è colei che simboleggia l’ essenza dell’ ingenuità e della purezza, la classica ragazza vergine presa di mira dal cattivo, ma che ad un certo punto riesce a trovare un magnifico coraggio per ribellarsi a lui e quindi a sfuggire alle sue grinfie, divenendo in tal modo una vera “Paladina” del bene. Fin dall’ inizio si scopre subito la sua natura fragile, come un petalo di rosa, molto introversa e profonda, non riesce ad instaurare solidi rapporti con i suoi coetanei, preferendo restare nell’ ombra e mai al centro dell’ attenzione;
– Annie (Nancy Loomis): è l’ amica di Laurie, che al contrario di quest’ ultima è un’ adolescente un po’ oca, superficiale ed acida, che dà solo importanza a cose futili come il ballo della scuola e i vestiti da mettere, sicuramente il solito personaggio da far fuori a metà fim secondo i canoni;
– Sam Loomis (Donald Pleseance): è il dottore che ha in cura Michael, ed il suo “castigatore”. Il suo personaggio richiama alla mente il prete de “L’esorcista”, intento a voler ad ogni costo debellare la società dal male. Egli è l’ unica persona ad aver compreso fino in fondo con che genere di assassino abbiamo a che fare. Infatti è molto significativa la scena nella quale lui discute con uno sceriffo sulla enigmatica identità di Michael:
“L’ ho incontrato 15 anni fa, era come svuotato, non capiva, non aveva coscienza e, soprattutto, non riusciva più a sentire né la gioia né il dolore, né male né bene, né caldo né freddo. Avevo di fronte questo ragazzino di sei anni con una faccia pallida, bianca, spenta… e gli occhi neri, gli occhi del diavolo… Per 8 anni ho tentato di riportarlo fra noi, ma per altri 7 l’ho tenuto nascosto, perché mi rendevo sempre più conto che dietro quegli occhi viveva e cresceva il male!”
– Michael Myers quindi è più di un semplice assassino, è un uragano soprannaturale e, senza un passato ben definito, non si comprendono bene le ragioni che lo spingono ad uccidere, è presentato più in una luce leggendaria, una sorta di uomo-demone.
La maschera che veste annulla i suoi lineamenti, per renderlo ancora più misterioso ed indecifrabile, trasformandolo in un’ arrestabile forza del male, che opera sempre in continuo silenzio… Toccante è una scena in cui egli accoltella un ragazzo bloccandolo ad un frigorifero e ad un certo punto inclina la testa quasi come per volerlo studiare, come se non capisse fino in fondo la realtà dell’ accaduto.
Emblematica è invece la scena finale, nella quale, dopo lo scontro con la Baby sitter, quando ormai sembra essere morto, il suo corpo non viene ritrovato, il che vuol dire che il male non si può uccidere, ma anche che si apre involontariamente una porta verso un seguito, come infatti avverrà subito dopo. Parecchi sequels vedranno Michael tornare più crudele che mai, dove spesso incontrerà nuovamente la sfortunata Laurie, che puntualmente riuscirà a sfuggirgli. In “Halloween VII, 20 anni dopo“, tuttavia assistiamo ad un rovescio della medaglia: abbandonate le vesti della timida ed impacciata liceale, Laurie è ormai una donna matura, intenzionata a tutti i costi a dare la caccia al suo eterno persecutore, stanca di scappare da tutta la vita, decide di affrontare le sue paure e di volerlo quindi eliminare.
Curiosità
– Il nome del personaggio di Sam Loomis è lo stesso scelto da Hitchcock di colui che interpretava il ragazzo di Janeth Leigh in “Psycho“.
– Janeth Leigh è la madre di Jamie Lee Curtis.
– Il film è stato girato in soli 20 giorni e con a disposizione un budget di 300.000 dollari, incassando ben oltre 50 milioni di dollari.
– Conoscendo l’adorazione di Carpenter da parte di un altro grande regista, Wes Craven, non è un caso che uno dei personaggi in “Scream” si chiami Loomis e in una delle scene finali vengano trasmesse delle scene di questo film mentre l’uomo mascherato in Scream compie i suoi ultimi delitti.
A tutti gli amanti del genere consiglio di non perdere questa perla dell’ horror.
I film dell’ orrore aiutano la gente a reagire, rappresentano un salto dalla realtà ad una grande fantasia.
Tutti noi nasciamo con la paura della morte, della perdita dei propri cari e dell’abbandono. Un film che tratta delle nostre paure è un richiamo universale. Per questo il genere ha da sempre riscosso così tanto successo.
Buona visione dunque, e buoni brividi a tutti!!
Poison Ivy (ciao.it) 24.01.2005
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