The Addiction

Gianfrancofranchi


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Regia: Abel Ferrara.
Soggetto e Sceneggiatura: Nicholas St. John.
Direttore della fotografia: Ken Kelsch.
Montaggio: Mayin Lo.
Interpreti principali: Lili Taylor, Annabella Sciorra, Christopher Walken, Paul Calderon.
Musica originale: Joe Delia.
Produzione: Russell Simmons, Preston L. Holmes.
Origine: Usa, 1995.
Durata: 82 minuti. 3

voto 3

L’origine.

Alle 23 e 01 la nostra videoteca chiude fragorosamente i battenti: supplichiamo la commessa che, scotendo l’indice a mo’ di tergicristallo, ribadisce l’impossibilità di accogliere le nostre profferte: uno di noi era indegnamente in ginocchio, le mani conserte, la lingua pendula. Non resta che l’anonima e notturna edicola di fianco, stranamente deserta.

“Oh, Abel Ferrara!” – “Ah! The Addiction! Non l’ho visto, e tu?”

“No, ma Mereghetti scrive che è un capolavoro imperdibile, leggi qua…”.

“Chiamiamo l’esperto, non mi fido”. L’esperto, manco a dirlo, non risponde.

“Il Mad Bed sarà impegnato in qualcosa di più interessante. Toccafidasse del Merego”. “Famo a fidasse”.

Tornati a casa, un po’ perplessi per l’enfasi del Merego e orfani del giudizio del luminare Mad Bed, ci rivolgiamo fiduciosi a Internet Movie Database.

Un mereghetti di Broken Bow, Oklahoma, afferma, estatico: “This is the best vampire picture I have yet to see. It came off as close to what being a vampire really would be as could be done. At least to my way of thinking”.

Rincuorati, ci rivolgiamo a DeadpersonNo5 da Concord, New Hampshire: e qui, riga dopo riga, iniziamo a maledire l’acquisto, e a chiederci che film abbia visto il Mereghetti.

The Addiction is another trite, tedious and poorly made offering from Abel Ferrara. There is absolutely nothing interesting, exciting, frightening or philosophically intellectual about this utter rubbish. The whole thing is shot in grainy, low-budget, low quality black and white, which does not make this film any more worthy, but rather makes it even more painful to watch”.

Questo esotico giudizio d’un innervosito esteta del New Hampshire tradisce qualche risentimento: unito al laconico commento del redivivo Mad Bed, “Cinque e mezzo? Cinque? Mmm. Scendi, scendi. Quattro? Direi che ci siamo. Una delusione pazzesca” ci persuade a rimpiangere i nove euro appena scialacquati in edicola. Uno di noi si adopera subito a reincartare il dvd, asserendo di poter recuperare almeno cinque euro piazzandolo al semaforo: ci invita, per onestà morale, a non guardarlo nemmeno. Placato l’avido rivoltoso, ci adagiamo sui divani, convinti che, con tali pregiudizi, qualsiasi decente frammento del film ci avrebbe sorpreso in positivo.

The Movie.

Imbarazzante e pretenziosa pellicola di genere, mascherata da un disonesto bianco e nero da pellicola intellettualoide e cerebrale, “The Addiction” rappresenta il tracollo estetico di Ferrara. Goffo, artritico, abulico, presuntuoso e ripetitivo: intossicato da un citazionismo patologico, avvelenato da un’isterica Lili Taylor, gratuitamente e perennemente sopra le righe, mitridatizzato all’arte, “The Addiction” è un’esperienza culturalmente degradante. La vera vittima risulta essere la filosofia: stuprati e ridicolizzati da un periodico compendio del tutto privo di pertinenza e consequenzialità il povero Protagora, il reo Nietzsche, il sempreverde Sartre, l’ascetico Kierkegaard,il torbido Heidegger, l’empio Feuerbach.

Kathleen (Lili Taylor) è una laureanda in filosofia già tormentata da un’ossessiva e nozionistica erudizione; una notte, di ritorno dalla proiezione di un documentario sui crimini di guerra statunitensi in Vietnam, viene strattonata e trascinata in un vicolo buio da una seducente sconosciuta (Annabella Sciorra). Subito vampirizzata sintetizza in sé quanto di più deteriore alberga negli studi filosofici e nell’etica e nella poetica vampiresca. Una crudele ed asettica cerebralità, una noia nauseante e contagiosa, un’aberrante dedizione alla speculazione più elementare e scolastica rendono la vampira creatura sinceramente immonda, intrisa di una parossistica morale della debolezza; si filosofeggia sull’autocompiacimento delle proprie più ferine pulsioni.

L’intero sviluppo dell’intreccio vedrà Kathleen non uccidere ma vampirizzare attraverso unmodus optandi assolutamente democratico: un professore di colore, un giovane rapper nero, un ottuagenario rettore bianco (anche di capelli), una timida ed imbranata pallida studentessa, un’anonima compagna di corso ed un tassinaro filantropo presumibilmente portoricano rappresentano l’indomabile spirito di equità di fronte alla morte del regista.

E Ferrara (non Giuliano) si fa Ferreri nella grande abbuffata finale: tra strizzate d’occhio alla prima tradizione romeriana, grandguignol e sfarzo necrofilo, si consuma il tetro pasto della cricca dei vampiri, impreziosito da bulimia cannibalesca e principesco collasso da creepshow.

L’ultimo Ferrara (e alludiamo anche al recente “New Rose Hotel”) è sciatto, presuntuoso, pretenzioso ed esecrabile: un esercizio di stile vanaglorioso, auto-celebrativo e, per dirla con De Carlo, bidimensionale.

Ah, si dimenticava: assolutamente irritante l’acidula e grossolana blasfemia che culmina nella gratuita esibizione di un crocifisso nell’ultima immagine della pellicola.

 

ottobre 2003 Giovanbattista Arlechino & Gianfranco Franchi ( Lankelot.com )