Recensione film horror Four Brothers
Regia: John Singleton
Soggetto e Sceneggiatura: David Elliot, Paul Lovett
Attori: Mark Wahlberg, Tyrese Gibson, Andrè Benjamin, Garrett Hedlund
Produzione: U.S.A. 2005
Durata: 104’
Voto: 8.5/10
“Four Brothers” è un film ben catalogabile nel genere “violenza-su-strada”, un genere che ultimamente ha visto film davvero molto interessanti, come “Training Day” e commistioni con altri generi dai risultati veramente molto prolifici, come “8 Mile”, che fa l’occhiolino ai film musicali, e “La 25° Ora”, che svolta verso il genere drammatico.
Il regista di questo film, John Singleton, sembra essere una specie di guru di questo genere, avendo firmato sceneggiatura e regia de “L’università dell’odio” dieci anni fa e di “Strade Violente” e “Poetic Justice” quindici anni fa, passando per la regia di “2Fast 2Furious” e per l’apparizione nel film-documentario sulla vita del rapper Tupac; questi sono tutti film che in qualche modo descrivono la vita di strada, la dura e cruenta vita di strada, dalla quale i suoi personaggi cercano di sfuggire, senza via di scampo.
I quattro fratelli del titolo di questo film del 2005 non sono realmente fratelli, o meglio, non sono fratelli di sangue, perché sono stati tutti e quattro adottati da una donna bianca, in un quartiere dove sono i “niggers” a dettare legge e a far tremare gli abitanti mettendo a ferro e fuoco le strade.
Questa donna, Evelyn Mercer, si è presa molto a cuore la vita dei ragazzini di strada e ha sempre cercato di insegnar loro che la violenza non paga, che l’illegalità taglia le gambe al futuro, che le attività criminali non sono il giusto sostentamento di una famiglia, ha cercato di insegnare l’educazione alla moralità e alla giustizia.
La prima scena del film ci mostra proprio questa donna, ormai avanti con l’età, nel suo intento di mostrare a un ragazzino come si sta al mondo, costringendolo con gentilezza a chiedere scusa al proprietario di un supermercato dove il ragazzino aveva rubato un pacchetto di caramelle.
La gioviale signora esaurisce il suo compito, rimanda a casa il ragazzino cattivo, chiacchiera con il cassiere indiano che l’ha aiutata nella sua opera di conversione alla moralità del ragazzino e nel frattempo entrano nel mini-market due criminali a volto coperto, che rapinano l’intero incasso e fanno secco il cassiere, apostrofandolo come “Osama”.
Al momento della fucilata fatale per l’uomo, Evelyn non riesce a trattenere un urlo che le cresce in gola e così i banditi decidono di eliminarla per non lasciare traccia, nonostante fossero a volto coperto e non ci fosse nessuna possibilità di essere riconosciuti da quella vecchia signora rispettata da tutti nel quartiere.
Il funerale della signora Mercer ha il potere di riunire i quattro fratelli, di cui uno soltanto era rimasto nel quartiere dov’era cresciuto, e precisamente Andrè, un uomo che ha saputo costruirsi una famiglia e una parvenza da persona normale, cancellando il suo passato difficile e cercando di creare un futuro nuovo per lui, per la sua famiglia, ma anche per il quartiere malfamato, perché ha tentato di far muovere l’economia dello stesso in modo lecito.
Jack è invece il più giovane, un ragazzaccio bianco col pallino del cocker, con la sua chitarra come compagna di vita e la droga come saltuaria compensazione dei problemi che lo hanno assalito nella sua infanzia.
Angel, nonostante il suo nome molto pacifico e tranquillizzante, ha un fisico statuario e non lo ha usato certo a fin di bene nella sua vita, bensì per regolare i suoi conti e per terrorizzare i piccoli delinquenti che si trovava tra i piedi; è famoso tra i quattro per avere una storia d’amore a dir poco travagliata con una ragazza ispanica.
Il quarto fratello, il più vecchio, per niente il più saggio o razionale, bensì il più duro e crudele, si chiama Bobby, è il più carismatico dei quattro, è anche il più delinquente, eppure è lui il nostro eroe principale, perché per amore è pronto a tutto, anche a rinunciare alla propria vita.
I quattro fratelli si ritrovano al funerale della madre adottiva e respirano di nuovo l’aria del quartiere dove sono nati e cresciuti, dove ne hanno passate veramente di tutti i colori; nessuno di loro crede che la morte della madre sia stata casuale, non vogliono credere ad un omicidio casuale, dettato dalla rimozione di una testimone scomoda, ma pensano che sia stata un’esecuzione e che la rapina al mini-market sia stata solo una copertura per fare fuori Evelyn Mercer.
Ma chi può aver fatto del male ad una donna così buona? Così i quattro fratelli iniziano le loro indagini, chi con discrezione, chi con violenza, tra vecchie amicizie tra i poliziotti e i delinquenti e nuove leve tra i boss del quartiere.
“They came to bury their mother…and her killer”
“Four Brothers” è un film avvincente e questo è già un ottimo punto di partenza per soddisfare il proprio pubblico e i due sceneggiatori, David Elliot e Paul Lovett, hanno saputo fare davvero un ottimo lavoro, non hanno inserito lungo la durata del film dialoghi inutili o fuori luogo, ma anzi sono riusciti a rendere interessanti anche i dialoghi e le situazioni a prima vista più superficiali.
Elliot e Lovett hanno costruito anche in modo encomiabile i cinque personaggi principali, quattro fratelli e madre, dipingendo il loro carattere sfaccettato in modo molto convincente e senza punti oscuri o passaggi dubitabili nella narrazione, insomma una sceneggiatura veramente molto intensa.
Anche la regia di Singleton si rivela all’altezza delle aspettative, sapendo fornire i punti di vista giusti allo spettatore anche nelle scene confuse di sparatorie e di guerriglia.
Per quanto riguarda il cast, devo dire che il migliore appare sicuramente Mark Wahlberg, col suo sguardo da duro e la sua coscienza sporca; negli extra del dvd c’è anche il commento del regista e qui si scopre che l’attore si sarebbe sentito particolarmente nella parte, perché avrebbe vissuto sulla sua pelle, come il regista d’altronde, la durissima vita di strada; non male anche Andrè Benjamin nei panni di Jeremiah, mentre gli altri attori principali non si segnalano per particolare bravura.
Concludendo, credo che “Four Brothers” sia proprio un bel film, uno di quelli che ti gasa grazie alle enormi dosi di adrenalina che fornisce ad ogni scena; e se poi a regnare non è il buonismo, ma la violenza e la cattiveria, fa niente, per una volta si può chiudere un occhio!
Adriano Lo Porto, 18.04.2006