Recensione film horror Flightplan
Regia: Robert Schwentke
Sceneggiatura: Billy Ray e Peter Bowling
Attori: Jodie Foster, Sean Bean, P. Sarsgaard
Produzione: U.S.A., 2005 Durata: 98’
Voto: …/10
“Flightplan – Mistero in volo” ha dalla sua parte un trailer che sicuramente invita caldamente gli appassionati del thriller alla visione.
Purtroppo questo trailer mette molta carne al fuoco, perché lo spettatore visto il trailer ha già praticamente visto 3/4 di film; ma forse questo difetto è ascrivibile alla realizzazione del film e non al confezionamento del trailer.
In sostanza una donna afferma che sua figlia è sparita sull’aereo, il comandante, viceversa, ribadisce che quella bambina non è mai salita sull’aereo; questo si capisce dal trailer e questo è il film per gran parte della sua durata, salvo un mezzo colpo di scena e gli ultimi 20 minuti di “action thriller” apprezzabili.
Ovviamente gli spettatori più avvezzi al genere, soprattutto a quella branca che affonda le proprie radici nell’ambito della psiche umana e a quell’altra che si rivolge invece a forze soprannaturali, si saranno già fatti tutti i viaggi possibili guardando il trailer: la bambina sarà stata rapita dagli alieni, la madre non avrà mai avuto una bambina e sarà pazza, sarà un’azione diversiva a scopo terroristico, qualcuno l’avrà rapita sull’aereo…non sono molte le possibilità, ma l’abilità degli sceneggiatori è di giocare con ciascuna di queste dando allo spettatore dei motivi per cui credere, scena dopo scena, ad una diversa di queste soluzioni, ma quale sarà quella giusta?
Nella fredda Berlino, il signor Pratt muore in seguito ad un tragico incidente “casalingo”, scivolando dal tetto di un’abitazione di tre piani.
La moglie, Kyle Pratt, raccoglie baracche e burattini, fa le valigie e consola la piccola figlia, che dopo la scomparsa di suo padre sente di essere minacciata in qualsiasi luogo ed in qualsiasi momento; la donna si rivela fin da subito “una con le palle” e dimostra di poter rimpiazzare il padre in quanto a protezione e iniezione di fiducia verso la propria figlia.
Kyle e la figlia salgono sul volo transoceanico per tornare negli Stati Uniti, dove la donna è attesa dal suo lavoro di ingegnere aerospaziale e dove la salma del marito sarà sepolta; viaggiare su un aereo da lei stessa progettato, le dà una certa sicurezza, oltre che un malcelato orgoglio, una sicurezza eccessiva che le impedisce di rimanere sveglia a sorvegliare la propria figlia.
Kyle si risveglia e la figlia non c’è più, così si alza con calma e inizia a cercarla nei corridoi e nei bagni, sulle poltroncine di un aereo mezzo vuoto. Gradualmente inizia a salire in lei l’agitazione di una madre che ha appena perso il marito e ora per sua negligenza non trova più la figlia.
Così il personale dell’aereo la aiuta a cercarla, dapprima con la certezza di essere alla ricerca di una bambina spaesata all’interno di un aereo veramente immenso e pieno di luoghi dove perdersi; successivamente le cose si fanno più serie, la madre afflitta alza il tono della voce, intervengono un addetto alla sicurezza mascherato da passeggero e il comandante in persona, viene setacciato l’aereo in ogni punto raggiungibile, ma della bambina nessuna traccia.
Nessuna delle hostess ricorda di aver visto Mrs Pratt salire con una bambina, nessun passeggero ha visto questa bambina, ma Kyle si ricorda benissimo di averla portata sull’aereo, il disegnino fatto dalla bambina sul vetro c’è ancora, insomma non può essersi sognata tutto…o forse sì?!
“Flightplan” non è sicuramente il primo film interamente ambientato all’interno di un aereo, ma devo dire che mi ha piacevolmente colpito la maniera in cui il regista e i suoi collaboratori hanno saputo rappresentare questo spazio angusto, come hanno fatto muovere i loro personaggi in uno spazio limitato, come hanno reso un aereo uno spazio che non si finisce mai di esplorare e di conoscere.
Interessanti anche le ripercussioni sociali di questa vicenda; mi spiego, dapprima l’atmosfera sull’aereo è quella di una ciurma di esseri umani che dalla Germania viaggia stancamente verso gli U.S.A., eccezion fatta per due bambini eccessivamente vivaci.
Poi quando Kyle si mette a cercare la sua bambina, ecco che guardiamo meglio in faccia i passeggeri di questo aereo e sono persone scocciate dalla sua insistenza e dalle sue accuse menate per l’aia, sono persone che vogliono starsene nel loro brodo senza essere disturbate, insomma la rappresentazione più classica degli abitanti delle metropoli.
Poi quando ci va di mezzo il musulmano di turno, ecco che gli animi si incendiano e, ad un certo punto, ecco che tutti prendono per pazza quella donna e la compatiscono, insomma senza analizzare la psicologia di nessuno dei passeggeri (esclusi i protagonisti), gli sceneggiatori sono riusciti a rappresentare la voce del popolo, che si sposta da una parte a quella opposta ad ogni aggiornamento.
Quindi un voto positivo sia al lavoro del regista Robert Schwentke, sia a quello di soggettisti e sceneggiatori, ovvero Billy Ray e Peter Dowling.
Sul fronte degli attori mi inchino all’ottima prova di un’intramontabile Jodie Foster e va bene che tutti l’hanno vista in un film come “Il silenzio degli innocenti“, ma guardate anche “Contact“, “Panic Room” e “Anna and the king” per vedere di che pasta è fatta la quarantatreenne californiana.
Buoni comprimari sono Sean Bean nel ruolo del comandante dell’aereo e Peter Sarsgaard nel ruolo dell’addetto alla sicurezza; su internet gira voce che l’interprete della bambina, Marlene Lawston, sia la vera figlia di Jodie Foster, beh non mi risulta.
Ho letto anche di paragoni con il recente “Red Eye” perché l’ambientazione sarebbe la medesima, ovvero l’interno di un aeroplano; evidentemente chi scrive queste cose non ha visto uno dei due film in questione dato che nel caso di “Flightplan” il 95% del film si svolge sull’aereo, mentre in “Red eye” scendiamo al massimo ad un 20%.
Più azzeccato è invece il paragone con “Panic Room“, interpretato pochi anni fa dalla stessa Jodie Foster, perché l’impressione claustrofobica e angosciosa dei due film è la stessa, ma comunque si tratta di due film con una struttura ben diversa, soprattutto per quanto riguarda gli antagonisti, ben identificati e caratterizzati in “Panic room” e ignoti ed impalpabili in “Flightplan”.
In conclusione mi sento di consigliare la visione di questo film a tutti, soprattutto agli appassionati di thriller, perché saranno soprattutto loro a oscillare da una soluzione all’altra durante la visione del film, per poi essere colpiti alla schiena proprio quando erano certi di aver intravisto la luce in fondo al corridoio…
Adriano Lo Porto 19 Dicembre 2005