Recensione film horror Final Destination 3
Regia: James Wong
Sceneggiatura: Jeffrey Reddick, Glen Morgan, James Wong
Attori: Mary Elizabeth Winstead, Ryan Merryman
Produzione: U.S.A., 2006
Durata: 115’
Voto: 8+ /10
Anno 2000: Final Destination
Anno 2003: Final Destination 2
Anno 2006: Final Destination 3
Era inevitabile, si capiva benissimo dal finale del secondo episodio, che ce ne sarebbe stato un terzo e sentendo gli umori del pubblico e della critica era altresì inevitabile che si tornasse all’antico, ovvero al team che nel 2000 aveva colpito il pubblico come un fulmine a ciel sereno con un film sorprendente, coinvolgente, riflessivo e terrorizzante.
In cabina di regia torna quindi James Wong, che scalza il suo (bravo) imitatore David R.Ellis che aveva diretto il secondo episodio. Sempre lui torna a scrivere la sceneggiatura insieme al soggettista Jeffrey Reddick e a Glen Morgan, sceneggiatore del primo episodio che non aveva collaborato al secondo.
Ma non è tutto, perché compresi nel prezzo ci sono anche la curatrice delle musiche del primo episodio e l’addetto alla fotografia, insomma un pacchetto all inclusive per tentare di rientrare nelle grazie del pubblico e della critica; l’operazione è sicuramente riuscita, perché “Final Destination 3” è superiore al suo predecessore, che comunque io personalmente ricordo con piacere e so di essere per altro controcorrente.
Ma veniamo al sodo, un nutrito gruppo di neodiplomati del liceo McKinley decide di far festa al luna park della cittadina e dopo qualche sfida a chi picchia più forte e qualche giro di riscaldamento su alcune giostre “minori”, ecco che si ritrovano tutti in coda per le montagne russe, ribattezzate per l’occasione “La culla del diavolo” ed infatti sopra l’entrata fa bella mostra di sé un’imponente raffigurazione parlante di Lucifero, che preavvisa le persone in coda del pericolo di non ritorno e di altre baggianate simili per far salire il tasso di adrenalina.
Eppure c’è qualcuno che si sente suggestionato da queste frasi, ed è Wendy, che ha già colto qua e là per il luna park qualche strana sensazione e un paio di particolari sospetti, il tutto magistralmente sottolineato dalla regia di James Wong.
Wendy viene convinta dal suo ragazzo, il prode Jason, a salire sulla giostra ed ecco che si ritrovano tutti insieme una quarantina di ragazzi, tra cui la coppia di cui sopra, Kevin e la sua ragazza Carrie, il macho Lewis, la coppietta dark Ian ed Erin, la sorella minore di Wendy e una sua amica, le due reginette di turno e l’allupato che le perseguita.
Il giro sulle montagne russe parte ovviamente con una salita ripidissima. I ragazzi liberano tutta la loro adrenalina strillando a più non posso… eppure c’è qualcosa che non va, un bullone che si allenta, un binario che si sfasa ed ecco che il divertimento si trasforma in tragedia.
I braccioli di protezioni si allentano, i carrelli volano fuori dai binari a velocità folli e solo i carrelli di coda continuano la loro corsa sfrenata, fino al giro della morte, dove si bloccano, con 5-6 ragazzi che si ritrovano appesi a testa in giù ed uno ad uno precipitano sfracellandosi al suolo.
Ma questa è “solo” la premonizione di Wendy, che si risveglia ancora seduta sul suo seggiolino, prima della partenza della giostra. Comincia allora ad attirare l’attenzione degli inservienti, inizia a strillare che ci sarà una strage su quella giostra , quindi la fanno scendere insieme al vicino Kevin e altri sette ragazzi che per motivi diversi si allontanano o vengono allontanati dalla giostra.
I carrelli di testa partono tranquillamente verso il sicuro divertimento garantito dalle montagne russe e vanno incontro allo spaventoso incidente che Wendy aveva già visto nella sua mente e con loro muoiono Jason e Carrie, i partner di Wendy e Kevin, che sono destinati a diventare i due protagonisti della pellicola.
Lo sgomento per l’incidente non ferma le celebrazioni per il diploma. L’unica che sembra davvero scossa da quello che è successo è Wendy, che non riesce a darsi pace, che continua ad addossarsi la colpa di non aver fatto abbastanza per fermare quel giro, proprio lei che è una maniaca del controllo.
Ma oltre alla tristezza di aver perso molti amici in quel tragico incidente, c’è un altro, enorme problema per i nove ragazzi sopravvissuti, perché l’incappucciata con la falce aveva tracciato un disegno per loro, aveva stabilito il modo, il luogo e il momento della loro morte e Wendy ha rovinato i suoi piani. La morte è determinata e tornerà a prenderli, uno ad uno, seguendo l’ordine in cui erano seduti su quei seggiolini maledetti.
Se c’è qualcuno che sta pensando che allora “Final Destination 3” è la stessa solfa degli altri due, allora questo qualcuno è caldamente invitato a non guardare il film, ma anche a considerare la possibilità che il rinnovamento e l’originalità sono possibili finanche all’interno di una struttura narrativa immutata.
Infatti, esaurito l’effetto-sorpresa del primo episodio, gli altri due risultano comunque molto coinvolgenti, perché lo spettatore non vede l’ora di sapere come morirà il prossimo della lista, dato che in tre film si sono viste morti atroci, improvvise, fortuite, incredibili, sanguinose.
E difatti la parabola del sangue e delle morti che stringono lo stomaco è andata salendo episodio dopo episodio, dato che nel primo c’erano pochi schizzi di sangue, si insisteva in modo maggiore sul mostrare l’attimo prima di una morte devastante. Il secondo episodio aveva già fatto un passo avanti rendendo lampanti questi aspetti. In “Final Destination 3” sono esasperati. Wendy e Kevin vedono morire davanti ai loro occhi tutti gli altri e sistematicamente si dipingono di rosso sangue; le morti sono davvero truci e vengono mostrate senza pudore alcuno.
Non mancano poi le citazioni dell’incidente del volo 180 di sei anni prima. Guarda caso, nessuno dei personaggi parla del mega incidente stradale del secondo episodio, né si ricollega in qualche modo a quei personaggi, come a dire che “Final Destination 2” è stato solo un incidente di percorso!
Come dicevo sopra, alla cabina di regia è tornato James Wong, quindi è tornata una prima scena da Oscar! Questa volta siamo al luna park e in quello che potrebbe essere definito il prologo del film, il regista ci mostra spezzoni di manifesti pubblicitari o scenografie (“credi nelle coincidenze?”), accompagnandoli da frasi sibilline e musiche avvolgenti; c’è poi un angosciante palletta di ferro in una specie di flipper la cui corsa viene deviata da dei chiodi sporgenti e finisce nella buca denominata “Death”, dopo aver superato quella del “Luck” e un altro paio di fine-corsa un pochino più simpatiche della morte.
Nel terzo episodio sparisce la figura del becchino, che sia nel primo, che nel secondo era stata centrale per quanto riguarda il subplot delle riflessioni profonde sulla morte; in “Final Destination 2” aveva addirittura fornito ai protagonisti la soluzione dell’enigma, ovvero che la morte può essere fermata grazie all’arrivo di una nuova vita.
Questa volta quindi niente becchino, eppure dei tre è il film che più parla della morte, delle sue manifestazioni e delle sue caratteristiche; come sottolineavo nella recensione del primo film, Reddick-Wong-Morgan hanno una visione davvero pessimistica della vita (“è solo l’inizio della morte” dice un personaggio) e della vita dopo la morte, che è descritta come il nulla assoluto. Mio malgrado concordo pienamente con loro. Sono pochi quelli che hanno coraggio di parlare della morte al cinema e soprattutto di farlo in questo modo.
Purtroppo non posso espormi troppo perché rischio di rovinarvi la visione, ma posso dirvi che il finale di questo episodio, confrontato con gli altri due, chiude le porte ad un “Final Destination 4” degli stessi autori, quindi spero che non arrivi un pinco pallino qualunque a violentare il concept che tanto mi ha appassionato finora.
Tra l’altro, figurativamente, questo finale è davvero molto analogo a quello del primo, ovvero lascia alla mente dello spettatore la vera fine del film.
Come avrete capito, la premiata ditta di sceneggiatori ha fatto davvero un buon lavoro a mio parere, introducendo anche la variante delle fotografie scattate al luna park, che mostrano come i ragazzi sopravvissuti sarebbero morti diversi giorni dopo.
James Wong come regista potrebbe diventare il mio idolo e quindi correrò a guardarmi “The One” girato nel 2001, perché se anche lì è riuscito a coinvolgere lo spettatore in questo modo, unendo virtuosismi tecnici, montaggi stravaganti e inquadrature schizofreniche, allora “io impazzisco”.
Per quanto riguarda il cast, anche questa volta sono stati scelti attori praticamente sconosciuti, anche se sia la protagonista femminile Mary Elizabeth Winstead che il protagonista maschile Ryan Merriman avevano già recitato in “The Ring 2” e altri attori avevano avuto delle parti in film del genere thriller-horror come “My little eye” (Kris Lemche) e “Pacific Air Flight 121” (Crystal Lowe).
Le musiche, come anche negli episodi precedenti, sono adeguate all’atmosfera del film e accompagnano ottimamente le vicende, preparando lo spettatore a dovere, pompando i suoi tassi di adrenalina nei momenti giusti.
Concludendo, credo che “Final Destination 3” sia un film imperdibile per tutti gli amanti del genere horror e coloro che hanno apprezzato “Final Destination” e “Final Destination 2”; la formula narrativa è sempre la stessa, ma le varianti architettate dal trio di sceneggiatori sono davvero interessanti e coinvolgenti.
Adriano Lo Porto, 26.03.2006