Recensione film horror Cloverfield
Regia: Matt Reeves
Soggetto e Sceneggiatura: Drew Goddard
Attori: Jessica Lucas, Michael Stahl-David, Lizzy Caplan
Produzione: U.S.A. 2008
Durata: 85′
Voto: 5.5/10
Il filone catastrofico ha una lunga tradizione alle spalle ed il cinema dei mostri affascina gli spettatori cinematografici fin dagli albori, se poi la distruzione di New York non è colpa di un fenomeno atmosferico portato all’ennesima potenza, bensì di un mostro, allora il film funzionerà sicuramente e i 72 milioni di dollari in tre weekend incassati negli Stati Uniti ne sono una conferma.
Rob è stato nominato vice presidente, di cosa non si sa, ma deve trasferirsi in Giappone, i suoi amici organizzo così una festa a sorpresa per salutarlo e augurargli buona fortuna; la vera organizzatrice della festa, la cognata Lily, affida al suo fidanzato Jason, fratello di Rob, il compito di registrare con la videocamera dei messaggi augurali da parte di tutti gli invitati alla festa, di modo che Rob possa ricordarsi della festa e dei suoi amici anche in Giappone.
Jason non vuole perdersi la festa per star dietro ai messaggi da registrare e allora sbologna il compito al miglior amico di Rob, Hud, che si vede costretto a portarlo avanti, anche perché con questa scusa può avvicinarsi a Marlena e scambiarci due chiacchiere nascondendosi dietro alla videocamera.
La festa procede, disturbata lievemente dalla comparsa di Beth, ragazza di cui Jason è innamorato, ma che si presenta alla festa con un nuovo fidanzato, per tornare a casa quasi subito, dopo aver litigato con Jason; ad un certo punto un boato incredibile, i ragazzi non capiscono bene cosa sia successo, i notiziari mandano in onda le edizioni straordinarie e loro salgono sul tetto del palazzo per provare a capire meglio cosa stia succedendo.
New York è in fiamme, interi grattacieli si sbriciolano e riempiono le strade di polvere e calcinacci, interviene l’esercito e Hud non smette un attimo di registrare con la videocamera di Rob, ma chi o che cosa sta distruggendo New York?
You-Tube-Generation certo, tutto è registrabile, tutto è riproducibile, tutto è condivisibile online con chiunque voglia farsi i fatti degli altri; e allora cellulari di sempre nuova generazione, fotocamere con funzione You Tube e videocamere sempre più miniaturizzate sono i nuovo status symbol dei giovani, sicuramente in USA, in espansione in Europa.
Hud vuole registrare tutto, perché qualcuno vorrà sapere cosa stava succedendo, dà quasi per scontato che non sopravvivrà lui, ma la sua registrazione andrà ai postumi; una riflessione, che con il film non c’entra molto, mi viene spontanea, dato che i giovani viaggiano tanto e lo fanno armati di fotocamere e videocamere, qualche volta mi è capitato di essere un turista in mezzo ad altri turisti e di pensare che molti dei giovani intorno a me dessero molta più importanza al fatto di fotografare o registrare la loro presenza in un paese straniero, piuttosto che al fatto di esserci, e questo mi ha inquietato non poco.
Tornando al film, la causa del disastro newyorchese è tenuta nascosta per quasi metà pellicola, ma era chiaro che di un mostro gigante si trattasse ed in effetti è proprio un bel mostro, un mostro marino venuto dalla baia di Hudson per visitare New York, una cosa gigantesca che si è nascosta per chissà quanto tempo nelle tenebre marine.
È un mostro ben fatto e ha anche le palle, perché non è il mostro che alla prima bomba cede, soprattutto non è un mostro con un cuore (vedi “King Kong”), distrugge e basta, semina terrore e lancia i suoi mostriciattoli a mangiarsi gli esseri umani.
Proprio la sua apparente imbattibilità, il fatto che arrivi improvvisamente ed inaspettatamente, l’incredibile devastazione che semina, a renderlo un mostro da ricordare e a provocare l’immedesimazione dello spettatore con i giovani sopravvissuti, che non sanno cosa fare, non sanno se è meglio rimanere in metropolitana sperando che la città non crolli o fuggire verso i ponti per evadere dalla città.
L’immedesimazione e l’angoscia dovrebbero essere veicolate anche dall’uso della camera a mano, ma sinceramente non apprezzo molto questi esperimenti estremi, che secondo me provocano solamente una visione disturbata e un po’ di mal di mare; figlio di “The Blair Witch Project”, questo film perde molto per il modo in cui viene mostrata la vicenda; personalmente, se la camera a spalla fosse stata usata con parsimonia e le scene catastrofiche fossero state realizzate normalmente, avrei apprezzato molto di più il film.
Sceneggiatore (Drew Goddard), regista (Matt Reeves) e produttore (J.J.Abrams) vengono tutti dal mondo della televisione seriale, da “Alias” a “Felicity”, da “Angel” a “Lost”, e personalmente credo che il loro passaggio al cinema sia un mezzo passo falso, condizionato da una scommessa persa sulla realizzazione del film, sebbene le idee alla base di “Cloverfield” siano veramente interessanti.
Adriano Lo Porto, 06.02.2008