Recensione film horror Boogeyman
Regia: Stephen T.Kay
Sceneggiatura: Eric Kripke, Juliet Snowden, Stiles White
Attori: Barry Watson, Emily Deschanel
Produzione: U.S.A. Nuova Zelanda, 2005
Durata: 89’
Voto: 4/10
“Sam Raimi presenta“…è la premessa sicuramente più attira-pubblico di questo film, perchè per il resto penso che oramai si trovi di meglio da fare che passare la serata al cinema (anche se in alcuni cinema si sfiorano gli zero gradi di profonda goduria) e che anche gli appassionati del genere thriller-horror si siano rotti le p… di spendere tra i 6 e gli 8 euro per vedere film che si assomigliano vergognosamente e che risultano prodotti più scadenti dei trailer che li presentano.
Ebbene stavolta nemmeno il “Sam Raimi presenta” ha offerto qualcosa di buono; poi non ho ben capito se questo “Boogeyman” è ispirato all’omonimo libro di Stephen King che nel 1995 ha già visto una trasposizione cinematografica per la regia di tal J.C.Schiro; quindi magari qualcuno poteva ricordarsi di questo titolo di King e avere un motivo per andare a vedere questo film.
Beh insomma, avrete capito che questo è un ulteriore capitolo della saga “vi deluderò con effetti speciali” che Hollywood mette in scena ormai da almeno un lustro nel campo del thriller-horror, coadiuvata anche da prodotti di provenienza orientale veramente imbarazzanti.
Ma veniamo alla trama vera e proprio di questo “Boogeyman, l’uomo nero“, che è stato presentato a mio parere con un trailer veramente affascinante che raggiunge perfettamente il suo scopo di attirare pubblico interessato al genere in questo periodo di magra.
“Sam Raimi presenta” e Stephen Kay dirige, proveniente dal massacrato remake “La vendetta di Carter“, che nonostante Stallone è stato vittima di un metaforico lancio di verdura da parte di gran parte del pubblico e della critica; due menti, più tutti gli altri co-autori che un film come questo può avere e come scena iniziale cosa concepiscono?!
La più scontata e poco credibile scena del bambino che non riesce a dormire, che ha paura del buio, che ricrea delle figure umane a partire dai vestiti accatastati su una sedia, che vede facce umane nell’oscurità, che ha paura di quello che sta sotto al letto o dentro l’armadio…
Arriva il padre nella veste di soccorritore e questi finisce veramente male, sballottato contro gli stipiti della porta dell’armadio come una pallina in un flipper, senza che il regista riveli allo spettatore chi o cosa provochi questa morte traumatica o se eventualmente il bambino si sia immaginato tutto.
Passano 16 anni e il piccolo Tim è cresciuto, è uno dei giornalisti di punta di una rivista newyorkese (se non erro) e nasconde apparentemente bene i fantasmi del suo passato.
Eppure ogni volta che si avvicina ad una zona buia di un appartamento, ogni volta che una porta di uno sgabuzzino buio si dischiude, ogni volta che sente dei rumori sotto il letto, il suo passato riaffiora con la sua carica di tremarella e seghe mentali.
Tim e la sua ragazza si recano per il weekend a conoscere la famiglia di quest’ultima, ma poco prima di addormentarsi Tim sogna ad occhi aperti sua mamma, una donna molto malata, che, ridotta ad uno zombie, lo minaccia risvegliando i fantasmi del passato.
Squilla il cellulare di Tim e gli viene comunicata dallo zio la notizia della morte della madre, così Tim decide di scappare subito verso il suo vecchio paese, per assistere al funerale della madre, per occuparsi di tutto quello che segue alla morte di un parente e per togliere le ragnatele e il cellophane dai mobili nella vecchia casa dove è morto suo padre.
E qui, ovviamente, qualcosa succederà.
Prima di fare qualsiasi altra considerazione vorrei condividere con voi un pensiero che mi è saltato subito alla mente guardando questo film.
Ma è veramente possibile che una persona possa convivere con supposta nonchalance con una paura fottuta di tutto ciò che è buio e di tutto ciò che sta sotto ad un letto e di tutti gli sgabuzzini o gli armadietti?!
E, espandendo l’osservazione all’intero genere di cui si parla, è possibile vivere sapendo che un mostro ti sta cercando per nutrirsi dei tuoi organi interni (Jeepers Creepers), sapendo che ci sono dei demoni che ti cercano (Long Time Dead), sapendo che “c’è un Diavolo in te” (L’esorcista e i suoi emuli), sapendo che la mattina ti svegli e ti sanguinano mani e piedi (Stigmate), sapendo che dopo aver guardato una videocassetta hai 7 giorni di vita (The Ring), sapendo che dopo aver visionato un sito ti rimangono 48 ore prima di morire (Paura.Com)?! (sono sicuri che avrete altre decine di episodi)
A mio parere i produttori, registi e sceneggiatori di questo genere dovrebbero capire che si possono prendere due vie distinte: il realismo o la pura immaginazione; quindi o si concepiscono storie che sembrano appartenere proprio ad un altro mondo (vedi i vari film di zombie o di alieni) oppure si deve cercare di creare delle storie reali, credibili, verosimili, ci siamo stufati di demoni, fantasmi e mostri che irrompono nella quotidianità e negli ambienti casalinghi e familiari, non sono credibili!!!
Vorrei limitarmi al minimo per quanto riguarda la rivelazione di particolari di questo film, perchè è appena uscito e qualcuno di voi sono sicuro non aspetta altro che spendere soldi inutilmente per l’ennesima decisione.
Ma una cosa voglio dirvela, quest’uomo nero possiamo anche fare finta che sia un pochino credibile, che la forza della suggestione riesca a creare delle entità che prendono veramente corpo e si danno all’azione, ma mi spiegate che cosa c’entra far vedere un ragazzo che apre la porta in una stanza di hotel e si ritrova a chilometri di distanza, nella sua casa, senza assolutamente dare nessuna spiegazione nemmeno altamente fantasiosa a questo particolare?!
Vi assicuro che il film è pieno di questi particolari senza nesso e senza senso, pieno di passaggi scontati, mi viene in mente anche la ragazzina dell’altalena…vi giuro che in quel dialogo ho indovinato per ben tre volte le risposte della bambina con anticipo e che la mia amica che l’ha visto con me aveva capito già dalla prima scena l’identità di questa piccola aiutante del protagonista.
Insomma non sono bastate tre persone (E.Kripke, J.Snowden e S.White) addette alla sceneggiatura con la supervisione del regista e di diversi produttori esecutivi, compreso il big Sam Raimi per concepire qualcosa di interessante, di sbalorditivo, di brillante.
Penso proprio che “Saw, l’enigmista” rimarrà il miglior prodotto del 2005 per quanto riguarda il grande pentolone del thriller-horror e spero di vedere ancora all’opera in futuro lo stesso team che ha concepito quel film veramente ottimo.
La regia di Stephen Kay si distingue per qualche scelta tecnica alternativa per quanto riguarda le inquadrature, il montaggio e i punti di vista, ma alla lunga la reiterazione di accelerazioni improvvise e di capovolte della telecamera riesce anche a stufare.
Sul versante degli attori non c’è davvero niente da segnalare, le due protagoniste femminili principali non sono nemmeno dei buoni bocconcini, non “mostrano” niente e spero con forza che non abbiano un futuro nel cinema; la bambina non è destinata a calcare le orme della fenomenale Dakota Fanning e nemmeno il protagonista principale, Barry Watson, riesce a convincere dal punto di vista recitativo.
Concludendo, questo “Boogeyman” si ferma ad una valutazione bassa se vogliamo essere addirittura un pochino generosi; non basta far prendere un paio di spaventi allo spettatore, non basta metterci una bambina sibillina o un triangolo amoroso, non bastano le morti curiose e nemmeno i risvolti psicologici; lo ripeto, a mio parere, bisognerebbe cercare la via di un maggiore realismo.
Adriano Lo Porto Luglio 2005