Recensione film horror 1408
Regia: Mikael Hafstrom
Sceneggiatura: Scott Alexander, Matt Greenberg, Larry Karaszewski (tratta dall’omonimo romanzo di Stephen King)
Attori: John Cusack, Samuel Lee Jackson, Mary McCormack
Produzione: U.S.A. 2007
Durata: 104′
Voto:7/10
Mike Enslin è uno scrittore di libri noir dotato di un buon talento artistico che gli garantisce il successo del suo primissimo lavoro, ma, dopo la morte prematura della figlia, cambia completamente visione della vita divenendo disilluso e scettico nei confronti di tutto ciò che accade e in particolar modo del suo lavoro.
Egli, infatti, vira la sua attività verso un indirizzo prettamente commerciale e decide che la sua prossima “fatica” sarà una pseudo – guida sui luoghi infestati d’America.
La sua esistenza, dunque, procede tra conferenze semivuote sui suoi scritti e viaggi di albergo in albergo con relativo pernottamento nella stanza “incriminata”. Sempre più convinto sull’illusorietà dell’esistenza dei fantasmi, scoraggiato dalla vita e ormai dedito al consumo abituale di alcolici, Mike una mattina trova ciò che può rappresentare la svolta: sul retro di una cartolina raffigurante il lussuoso Dolphine Hotel di New York c’è scritto “Non entrare nella 1408”…un invito a nozze per Enslin, che informatosi su tutte le tragiche vicissitudini susseguitesi nella camera, si reca sul posto e chiede ovviamente la stanza 1408.
Tale richiesta susciterà la reticenza di tutto il personale, in particolar modo del direttore del Dolphine, Mr. Olin, il quale lo informa che in quella camera sono avvenuti un numero incredibile di decessi, gran parte dei quali neanche raccontati dai giornali, e che coloro che sono entrati in quella stanza non sono riusciti a sopravvivere più di un’ora. Mr Olin è convincente, ma la sua ostilità non è altro che uno stimolo per il caparbio scrittore che così si aggiudica una notte nella 1408. Che succederà?
Per non anticiparvi troppo dico solo che Mike Enslin spezzerà la tradizione di finire il soggiorno nella camera dopo soli sessanta minuti…
Il regista, il giovane Mikael Håfström, nonostante un’esperienza certo non decennale sul grande schermo (il suo “curriculum” è composto al 90% da puntate di fiction per la televisione americana ) si assume la responsabilità di dirigere una pellicola tratta da un romanzo di Stephen King.
La professione esercitata dal protagonista, quella dello scrittore, è una costante degli scritti “kinghiani” (“Shining“, “Misery non deve morire“) e anche tutto l’approfondimento sull’aspetto psicologico della vicenda e sul passato del protagonista è un classico del genere firmato Stephen King.
Il problema è che questo lungo viaggio nell’inconscio comincia a un’ora dal film, proseguendo fino al termine della storia, dopo che per tutto il tempo precedente la pellicola promette apocalittici spargimenti di sangue. Si portano, quindi, le aspettative dello spettatore su altre strade. Il primo tempo, infatti, sembra quasi una “preparazione” di ciò che accadrà e la sequenza in cui Mr Olin (Samuel L. Jackson) stila il macabro elenco delle vittime della camera maledetta con relativa minuziosa descrizione delle modalità di morte, è davvero efficace e suggestiva rivelandosi uno dei migliori momenti del film.
Una volta che il protagonista varca la soglia della fatidica stanza, però, più che una mattanza come ogni minimo particolare aveva fatto credere, “1408” si trasforma in un percorso a ritroso nella sfortunata vita di Enslin, diradando sempre di più i toni horror e portando avanti tinte principalmente drammatiche, a tratti persino grottesche, per esempio i dialoghi telefonici con il call center dell’hotel, scene che rasentano la comicità. Probabilmente, dunque, “1408” specie in questa seconda parte, osa un po’ troppo, perdendosi in numerosi flashback, alcuni dei quali superflui, e soprattutto nella pretesa di analizzare a tutti i costi la mente del protagonista.
C’è, inoltre, una critica velata, ma ben posta, al mondo cinematografico che sforna ghost story a ritmo industriale, la maggior parte delle volte minimizzando e ridicolizzando il tema: in questa pellicola sono banditi i banalissimi luoghi infestati, le solite case possedute, poltergeist e/o fenomeni soprannaturali ai quali (come afferma anche il protagonista) non crede più nessuno, si parla “semplicemente” del male, e quale male peggiore se non far rivivere al povero Michael le sue peggiori sofferenze (in particolar modo la perdita della figlia)?
Altra qualità del film da sottolineare, l’uso ponderato e preciso degli effetti speciali e le ottime interpretazioni del cast, in primis un fenomenale Samuel L. Jackson che sa dare al suo personaggio, il direttore Mr Olin, un’aurea di perfetta ambiguità, una sorta di Virgilio a metà tra l’inferno ed il paradiso.
“1408“, insomma, ha le sue pecche, non è un colossal, certo non c’è il delirio di “Shining” e le ambientazioni, la grigissima New York e l’anonimo Dolphine Hotel, sono forse un po’ inadeguate al tema trattato (non pretendo l’Overlock Hotel di “Shining“, però…), tuttavia ne consiglio la visone soprattutto ai fan di Stephen King.
Clementina Zaccaria 01.12.2007