Umberto do it Better
Nonostante si trattasse di una sola volta al mese, non gli era mai piaciuto compiere quel viaggio in treno. Purtroppo però era una cosa che andava fatta, per il bene di tutti.
Seduto innanzi a lui c’era uno straniero. Non sapeva quando fosse salito né dove fosse diretto: se lo era ritrovato improvvisamente seduto di fronte, al risveglio da una piccola pennichella.
Non sopportava l’idea di essere stato analizzato e probabilmente palpato da uno sconosciuto mentre dormiva. Questo poi aveva un’aria poco rassicurante, da sbandato, probabilmente un pervertito della peggior specie. Anche se era vestito da bonario tedesco (i calzettoni nel sandalo sono una specie di distintivo).
Durante le successive due ore era rimasto, di malumore, a fissare il panorama fuori del finestrino, senza comunque dimenticarsi di lanciare, di tanto in tanto, un’occhiata esploratrice sul suo compagno di viaggio. Ignaro di essere abilmente spiato, quello leggeva compiaciuto un giornale.
Quando finalmente si accorse di essere osservato, lo straniero alzò lo sguardo dalla rivista e gli lanciò un sorriso.
Che cos’ha da ridere adesso? Mi sta prendendo in giro? Guardalo… solo perché ragiona in una lingua che non capisco non deve commettere l’errore di credere che io non possa interpretare i suoi pensieri…Brutto bastardo, ti diverti alle mie spalle eh? Fottiti!
Mentre questi pensieri affollavano la sua mente, digrignò i denti in segno di sfida.
Mark aveva notato da tempo che il suo paffutello compagno di viaggio era decisamente irrequieto, ma fino a quel momento aveva fatto finta di niente. Forse però era giunto il momento di rompere il ghiaccio ed evitare di fare la figura dell’asociale. Gli avevano raccontato strane cose sull’idea che avevano gli italiani delle persone del nord.
Perciò, sfoderò il sorriso meno finto che riusciva ad improvvisare e, arrangiandosi con quel poco di italiano che conosceva, esclamò:
“Zalve! Io è Mark, di Zurich, Svissera. Molto bel sole oggi!”
Niente da fare, quell’ometto paffuto e pieno di tic non ne voleva sapere di rispondergli.
Pazienza. Lui almeno ci aveva provato.
Lo straniero lo aveva apostrofato pronunciando parole senza senso. Probabilmente aveva scimmiottato la nostra nobile lingua giusto per farsi quattro risate alle spalle di Dante.
Leggi quel giornale di merda e lasciami in pace brutto stronzo! Chissà perché ha cercato di parlarmi. Probabilmente voleva adescarmi o chissà che cosa. Magari è uno di quegli zingari ipnotizzatori della tv. Con me non attacca bello, non attacca! Ah vedo che si sta alzando…chissà che cosa sta architettando…meglio che lo segua di nascosto.
In effetti “il molto bel sole” c’era eccome e gli stava dando non pochi problemi.
Poco abituato a quel clima, Mark era ormai in un bagno di sudore e il maledetto impianto di aerazione del treno era come al solito guasto.
In quel momento il suo unico desiderio era di infilarsi nella toilette e rinfrescarsi.
L’italiano paffutello sembrava aver avuto la sua stessa idea e si stava alzando con lui.
Pazienza, al massimo farà la fila. Speriamo che non sia il classico italiano prepotente.
Quarantacinque minuti dopo, Umberto uscì dal bagno ancor più sudato e appiccicaticcio di prima. Detestava quando gli opponevano tutta quella resistenza e soprattutto detestava quando il sangue gli schizzava sulla camicia. D’altra parte non è proprio la cosa più facile del mondo rimanere lindi e tinti mentre si sminuzza un cadavere per scaricarlo nel water del treno.
“Uno stronzo in meno” disse ad alta voce, mimando il gesto di tirare una catena.
Sul suo viso comparve il primo sorriso della giornata.
Il mondo adesso era un po’ più pulito, ma ancora non bastava.
“Altri trenta giorni..” sussurrò Umberto mentre si addormentava sul sedile.
Daniele Del Frate agosto 2007
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