Occhi Rossi
Titolo: Occhi Rossi
Autrice: Adele Patrizia D’Atri
Editore: Lulu
Pubblicazione: 2007
Prezzo: 10.50€
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Rossi petali nell’avanzare del tempo. Un raggio sprigiona il suo bagliore ferendo degli occhi. Occhi rossi. Occhi di donna, occhi di strega. Mani bagnate da gocce rosse. Gocce di sangue.
Passi lenti e silenziosi.
Esplosione di mille suoni, mille ossessioni. Corre in cerca di qualcosa, mentre dal labbro inferiore le scende un rivolo di sangue. Scende scale lunghe miglia.
Corre verso soffitti immensi. Corre verso il suo destino….Entra nella chiesa. Il suo abbigliamento è casto. Il suo volto è pulito. Il fazzoletto nero, che le protegge i capelli ed il volto, passa inosservato. Si celebra un funerale. Dal fondo della chiesa osserva l’organo. Il prete dice messa, intanto che lei fantastica di aghi e sorride. Concentrata fino alla follia, percorre le navate e ne studia ogni angolo.
È freddo. L’odore d’incenso è possente ed i muri sono torreggianti. Paiono mutare sagoma quando alza lo sguardo per osservarli. Le pare di uscir di senno. Non riesce a contemplarli. Non riesce a vederli bene. Deviano, si storcono e una sensazione di impotenza mista a rabbia la gremisce. Prosegue nel suo tragitto incurante di eventuali occhiate a lei rivolte. Vede un petalo di rosa. Rossa. Rossa come il sangue. Come i suoi occhi. Si china e lo raccoglie. Lo tocca e gode del suo vellutato tessuto. Alza il capo e vede una figura. Non riesce a metterla a fuoco, sembra che si avvicini e che cambi posa. Eppure è immobile. Raffigura un santo. Gli occhi della statua si illuminano, mentre lei capisce che non è lì per caso. Destino, fato. O quant’altro abbia lo stesso astruso significato. Destino. Cosa è il destino? È solo un’invenzione. O no? Maledetti. Sono tutti maledetti.
Si avvicina alla scultura la sposta e scorge un varco che si apre su un luogo umido e buio. Sul pavimento scorge ancora petali. li segue attirata. Procede nel posto umido e avvista ragni calare ragnatele come sipari alla fine di uno spettacolo. Vede gli occhietti delle bestiole dilatarsi dentro i suoi. Vede il tremore nei loro fragili e penosi corpi. Sorride beata. Il luogo della sepoltura è stato scelto.
A fine messa la chiesa si aprirà alle prove di un aspirante organista. Il suo organista.
Le tornano in mente le sere in cui il suo sguardo risplendeva ancora di una tenue luce ambrata. Quando il nocciola dei suoi occhi era brillante e fiero. Quando il vento tiepido delle notti d’estate le portava alle labbra un dolce sorriso, quando lui le sfiorava il volto e le sussurrava parole dolci. Parole candide, parole eterne volate con l’alito mite di quelle sere. Rivede le sue mani intrecciarsi con le sue. Nobili dita, allora. Intrise di sangue, poi. Del suo sangue.
Ora, nella chiesa fredda rivive il suo male. Ripensa a quando lui ha lasciato che precipitasse nel vuoto. Rivede lo sguardo di lui. Lo rivede proteso verso di lei che piomba nel baratro. Immobile. L’ultimo istante, prima del buio, lo intravede perfino sorridere. Capisce solo allora.
Non lascerà che lui scordi. È tornata per questo. Affinché lui comprenda.
Sente il sacerdote congedare i fedeli. È arrivato il momento. Un’inaspettata allegria la invade mentre nella sua mente rimbombano le note della “Toccata e Fuga” di Bach. Affretta il passo. Si reca sulla balconata dove è posto l’organo. Le basterà dare un ultimo ritocco ad alcuni meccanismi. Allo scoccare delle ultime note, suppone, il meccanismo si azionerà. Non le resta che ripararsi dietro la tenda, in attesa dello spettacolo. Agognato spettacolo.
Nascosta dai drappi, lo osserva entrare. Lo guarda salire celermente le scalette. Lo scorge appoggiare i suoi libri e accomodarsi all’organo. “Gloria” di Vivaldi le risuona in testa. Assapora la vendetta mordendosi il labbro inferiore. Lo addenta così forte che compare una scia di rosso sul suo bel volto chiaro.
Intanto lui ha cominciato il suo esercizio. Appare pago. Gli occhi socchiusi. Trasportato dalla sua arte, non si accorge delle mani di lei che ora compaiono dalle cortine. Stringe una piccola ascia. Le servirà dopo che gli aghi avranno compito il loro lavoro e lui sarà accecato.
Il brano prosegue e con lui gli ultimi minuti di esistenza del giovane organista.
Un topo fa capolino dalla cortina di velluto dove Occhi-Rossi è nascosta. La osserva brandire la minuta scure. Si avvicina incauto e lei lo individua. Si china e con tenerezza gli accarezza il capo. Anche il topo ha gli occhi rossi. Come i suoi.
Ma l’organista continua ad accodare le note l’una dopo l’altra, scandendo il resto del suo tempo, e non è tempo di pensare. Non è più tempo da molto.
Eppure si perde a guardare quelle agili dita che un tempo la carezzavano.
Improvvisamente il suono si distorce e una stridula voce sembra accompagnare la melodia. Occhi-Rossi apre la tenda ed il suo sguardo allo spettacolo. Vede gli aghi collegati ai tasti lanciarsi verso gli occhi del giovane. Vede lacrime uscire dai suoi neri occhi. Lacrime di sangue.
Sente in lontananza urla, mentre solleva la scure e la batte sul bruno capo del suo, un tempo amato, organista.
Stille paffute di sangue ora le ricadono sulle mani e sul viso. sembrano petali di rosa. Rossa.
Adele Patrizia D’Atri 19.09.2004
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