Nel Bosco

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Quando Diana si svegliò la mattina del suo undicesimo compleanno, saltò giù dal letto, mise le sue scarpette rosse ai piedi e si diresse al piano di sotto con l’impazienza di qualsiasi bambino che stia per essere festeggiato dalla sua famiglia.
Arrivata in cucina, la madre la abbracciò forte e le disse: “Tanti auguri, tesoro”.
“Grazie, Mamma! E papà dove è?”
“Sta spaccando un po’ di legna nella stalla, tra poco arriverà, non preoccuparti”.
In quel momento scese, con faccia assonnata e stropicciandosi gli occhi, anche Dario, il fratellino minore di Diana.
Dario era piccolo, aveva cinque anni ed un carattere decisamente più mite e prudente dell’avventurosa sorella maggiore.
I due erano molto legati.
Appena vide sua sorella, il piccolo Dario si lanciò in una corsa frenetica che terminò con un sincero abbraccio tra i due.
“Auguri sorellina!” Esclamò con una voce di una tenerezza ed una ingenuità disarmanti.
Dario adorava Diana, la ascoltava qualunque cosa dicesse e la seguiva ovunque andasse.
Quando il padre, madido di sudore per il duro lavoro, rientrò dalla stalla, i tre erano già radunati attorno al tavolo della colazione.
“Tanti auguri alla mia principessa”, esordì.
Diana gli si gettò al collo e lo strinse forte.
Quelle spalle larghe e quella faccia tanto buona quanto rassicurante le davano un senso di pace e di protezione difficilmente descrivibile.
La bicicletta che i genitori le regalarono quel giorno, impegnò intensamente nel gioco i due fratellini fino a sera.
Correvano, gridavano e saltavano a più non posso davanti agli occhi dei genitori che li guardavano dalla finestra con fare compiaciuto e con gli occhi carichi di gioia.
Aver lasciato la città per essere andati a vivere in quel posto così verde e incontaminato si era rivelata un’ottima scelta per la serenità familiare e, di questa scelta, tutti i membri della famiglia coglievano i frutti, giorno dopo giorno.
Dopo cena Diana chiese se poteva uscire, assieme al fratello, per giocare ancora un po’ con il regalo ricevuto.
“Va bene, Diana, ma solo per  un paio d’ore, mi raccomando rimanete nei paraggi e non avvicinatevi al bosco”. Disse con docilità la madre.
“Va bene mamma” , rispose Diana.
A quel punto il padre, assumendo un tono serio: “Diana, niente avventure oggi, è sera, nel bosco non si vede nulla e ricordati che sei responsabile di tuo fratello… state lontani da quel posto buio altrimenti mi arrabbierò”.
“Non preoccuparti papà,  ti prometto che faremo solo qualche giro in bici”.
Detto questo la piccola festeggiata indossò il suo cappotto, allacciò ben strette le sue scarpette, prese il fratellino per la mano, diede un bacio sulle guance di entrambi i genitori ed uscì di casa.
“Diana, posso fare per primo un giro sulla bicicletta? Solo uno, poi puoi andarci te”, chiese Dario.
“No, Dario, niente bici”.
“Perchè no? La mamma ha detto che devi farci giocare anche me”.
“E lo farò, non preoccuparti. Ma non ora, ci sta qualcosa di più eccitante da fare in questo momento.” Rispose la sorella. Nella sua voce si poteva percepire la determinazione di chi vuole stravolgere i programmi e proporre qualcosa di nuovo e accattivante.
“Che cosa vuoi fare?” Domandò Dario con tono già un po’ allarmato.
“Voglio andare nel bosco.”
“Sei matta? Papà e mamma hanno detto che non si può e che è pericoloso.”
“Forse lo era ieri, ma da oggi ho undici anni e sono grande abbastanza per andare a farci un giro anche di notte.”
Dario, nonostante la preoccupazione che iniziava a crescere sempre più, non disse nulla e iniziò a seguire la sorella maggiore che si avviava decisa verso quella grande macchia nera e dai contorni sinistri che si stagliava davanti a loro.
“Tienimi sempre la mano, Dario, non lasciarla mai, mi raccomando.” Gli ordinò la sorella.
Dopo poco furono nel bosco.
La luna brillava splendida e piena nel cielo, velata solamente, in alcuni istanti, da nubi grige e sottili come spilli.
Appena entrati la luce diminuì visibilmente, i contorni di alberi e cespugli divennero tanto sfumati da assumere le forme più tetre e disparate, il silenzio si acuì esageratamente così da dar modo ai due fratellini di ascoltare con maggiore attenzione tutti i rumori sinistri di quel luogo nero.
Rumori di vento tra le foglie, di animali striscianti, di rami somiglianti a braccia scheletriche, di vite selvatiche che, immerse in questo macabro ambiente, danno il via ad un inaspettato e angosciante valzer delle tenebre, lugubre teatro di oscurità danzanti; confusione e miscuglio di ombre con suoni per accelerare il battito cardiaco di chiunque vi si ritrovi imprudentemente immerso.
Dopo una mezz’ora abbondante di cammino, Dario esitò: “Diana, non ce la faccio ad andare avanti, ho paura, non vedo nulla.”
“Smettila di piagnucolare, Dario! Non vedi quanto è eccitante tutto questo? Quanto è misterioso ed affascinante questo buio? Non hai voglia di proseguire per scoprire qualche tana di animale o qualche vecchio oggetto dimenticato da qualcuno in questo bosco chissà quanti anni fa? Tienimi la mano e non ti succederà nulla, vedrai! So perfettamente dove siamo.”
L’oscura marcia continuò per altri dieci minuti dopodichè la spavalda ragazzina disse: “Bene, sono soddisfatta! Ho girato per il bosco da sola di notte e non ho avuto bisogno di nessun adulto che mi sorvegliasse: ormai sono cresciuta! E complimenti anche a te Dario, sei stato davvero coraggioso e soprattutto non hai mai lasciato la mia man…”
Non fece in tempo a finire la frase che, girandosi per guardare il fratellino, vide uno spettacolo al limite del grandguignolesco: quella che stava stringendo era la mano mozzata e grondante sangue del piccolo Dario.
Qualcuno o qualcosa, implacabile, se lo era portato via.

Marco Bassetti luglio 2007

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