Nebbia dal Fiume
Passando per Queen Road, con la sua vecchia Toyota del 1998, proseguendo per il vialetto della sua casa, a Sam tornò in mente il giorno in cui l’aveva comprata (allora era solo una baracca) da un vecchio del luogo o più o meno.
Era in mezzo ai prati, in primavera verdi e rigogliosi con qualche spruzzo di fiori, come in qualche quadro di Van Gogh, e in autunno tristi e ingialliti. Situata in campagna a tre chilometri dal fiume e a un chilometro circa dal paese; a soli ottanta metri dalla prima abitazione: quella di Ron.
– Quanto mi offre? –
Gli chiese il vecchio che possedeva una mezza dozzina di case lungo Queen Road. Morì circa un mese dopo investito da una macchina.
– Quello che vale, il giusto prezzo –
e così prese questa casa al giusto prezzo, (quasi centocinquantamila euro) almeno per lui era così, ma non sapeva se lo fosse anche per il vecchio. Quella sera calò la nebbia. Era normale dato che il fiume in primavera faceva di questi giochetti, tuttavia c’era qualcosa di strano in quel non vedere nulla a cui Sam ormai si era abituato, abitando lì ormai da sette anni. Sam ancora non lo sapeva, ma quella sera qualcosa gli avrebbe cambiato la vita. Fece zapping per mezz’ ora alla ricerca di qualcosa da guardare e non trovò nulla di interessante. Si sedette sulla poltrona davanti alla finestra che dava sulla parte dove abitualmente (quando non c’era la nebbia) c’era la casa di Ron e si mise a leggere il libro horror iniziato pochi giorni prima, giunto quasi alla fine, di cui si era appassionato subito. Parlava di un assassino che andava in giro per le case di campagna uccidendo donne, uomini, bambini o vecchi che fossero. Ammazzava solo nelle sere in cui la nebbia calava bassa …
All’improvviso vide un ombra passare in mezzo al prato davanti alla finestra, fendendo la nebbia. Sam pensò che fosse stata la stanchezza a fargli un brutto scherzo, succede spesso.
Un’allucinazione, decise che appena avesse finito la pagina sarebbe andato a letto e avrebbe cercato di dormire sonni tranquilli …
Qualcuno bussò alla porta. Sam alzò il capo ma non si mosse finché le nocche del visitatore non si scontrarono di nuovo sulla porta questa volta più fortemente. Si alzò pensando a chi diavolo potesse essere a quell’ora di sera con la nebbia che non ti faceva vedere a più di un palmo dal naso. La signora Pervin che chiedeva un pizzico di farina e poi si portava via l’intera confezione non poteva essere, aveva paura persino ad uscire dopo le nove. Allora chi era? Aprì la porta e urlò vedendo quel che si ritrovò davanti: un uomo, se così si poteva definire, alto più di due metri e con un cappuccio nero in testa , aveva dei canini forse finti (ma questo pensiero non tranquillizzò comunque Sam che era impietrito dall’orrore) che spuntavano dal labbro superiore e gli occhi erano circondati da occhiaie spaventose ed imbrattati di pus secco che faceva senso. Sam indietreggiò; lui, il mostro, quell’essere che tutto poteva essere fuorché un uomo, tirò fuori un coltello di quasi venti centimetri incrostato di sangue su gran parte della superficie tagliente. Se ne sentiva l’odore di marcio. Sollevò la mano e il braccio con cui teneva il coltello e …
E proprio in quel momento si svegliò ricoperto di sudore freddo, seduto sulla poltrona dove si era addormentato e con il libro aperto sulle ginocchia.
Guardò l’orologio: le 2.15 di notte. Fuori dalla finestra c’era ancora la nebbia. Qualcuno bussò alla porta …
Lorenzo Miglietta 2005
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