Racconto Horror Lo Zio

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“Entra Fabrizio”
La sua voce non è cambiata per niente, sono passati venti anni da quando Fabrizio ha parlato con suo zio l’ultima volta e la sua voce è rimasta identica.
Identica a quando? A sempre.
“È la sua voce” pensa Fabrizio “La voce di un giovane”. Ma quanti anni ha lo zio? Non lo sa. Non lo ha mai saputo.
“Entra Fabrizio”. Fabrizio non entra, ricorda. L’ultima volta che lo ha visto, che ci ha parlato è stato dopo la morte di Antonio suo cugino, nipote anch’egli di suo zio. Antonio, morto assassinato nel loro castello. Non ricorda nemmeno che faccia abbia, ricorda solo i suoi occhi, anzi, uno solo, un chiaro occhio d’ostrica.
“Entra Fabrizio” Fabrizio da allora non era più entrato nello studio di suo zio. Prima di Antonio erano morti Raffaele, Simone, Giulio, altri cugini. Cugini assassinati.
“Entra Fabrizio!” Abitavano tutti nello stesso grande castello, il castello di un uomo molto potente: lo Zio. A proposito come si chiama? Fabrizio non lo a mai saputo, lo ha sempre chiamato zio. Anche i suoi cugini lo hanno sempre  chiamato zio. Prima di Giulio erano morti Lidio, Stefano e Gianni. Assassinati. Prima di loro i cugini Ettore, Plinio e Aldo. Assassinati. Dopo la morte di Giulio era rimasto solo Fabrizio ad abitare la nobile dimora con lo zio, di tutti i cugini, figli di tanti fratelli morti a loro volta in circostanze misteriose, era rimasto il solo Fabrizio ma… qualcuno vociferava che questo non era frutto del caso. Malignità. Fabrizio da bimbo era stato in cura da noti specialisti. Che specialisti? Non importa quali specialisti, Fabrizio era solo un bambino…Che specialisti ho chiesto? Psichiatri!
“Non mi vuoi più con te zio?”
“Ma che vai dicendo, Fabrizio?”
“Dicono che hai paura di me”
“Di te Fabrizio? Mai”
L’ultimo dei cugini se ne era andato dal castello. Lontano, cercando di dimenticare, di cancellare dal cervello quelle voci che silenziose e cattive lo accusavano di quegli orrendi delitti. Quelle voci  alle quali rischiava di cominciare a credere.
Mai più al castello, mai più zio, promesso. Nonostante gli appelli del nobile parente ad un ritorno alle radici, nonostante le migliaia di lettere pervenutegli la promessa fu mantenuta. L’ultima missiva che lo zio gli aveva recapitato, però, era diversa, conteneva tre parole che convinsero Fabrizio a tornare: “HO SCOPERTO IL COLPEVOLE”.
“Entra Fabrizio”
Fabrizio entra ma riesce a prestare fede alla promessa fatta a se stesso di non vedere più lo zio. Seduto alla scrivania non c’è nessuno, dietro la porta si, ma la lama di una mannaia dritta sul suo cranio gli impedisce di vederne il volto. Scorge solo e, per un attimo, un intenso azzurro occhio d’ostrica, rimasto immutato come la sua voce che parla, parla, non sappiamo a chi, ma parla verso il fondo della sala “Ora potete chiamarmi con il mio nome, non sono più “Lo Zio”.

Juriy Facchin 18 gennaio 2009

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