Legami di Sangue

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Una base circolare rialzata, lastricata di marmo blu. Tutto attorno colonne di metallo che si ergevano per cinque o sei metri per poi piegarsi ad uncino verso il centro della piattaforma e terminare in punte acuminate e scintillanti. E al centro del colonnato un altare a forma di ottagono, dello stesso metallo. Sopra e ai piedi dell’altare alcune macchie di sangue che nessuno aveva interesse a pulire.

Lei era pronta, bella come se dovesse partecipare al ballo delle debuttanti, nel suo vestito bianco, lungo, maestoso.
Si guardava allo specchio e pensava che avrebbe potuto avere qualsiasi cosa dalla vita. Peccato.

Poco importava se la pioggia e il vento le scombinavano i capelli. Nel buio della notte l’acconciatura e il trucco non erano importanti, solo il candore del vestito lo era. E dove stava andando non c’erano luci.
Attraversò le vie della città, avanzando rapida sotto i neon delle insegne, solo di tanto in tanto infastidita da sguardi curiosi. Solo in pochi, ormai, non sapevano dove stesse andando. E ancor meno numerosi erano quelli che pensavano che quello che stava per accadere fosse sbagliato.

Giunse a destinazione in poco tempo. “Mio dio, chi ha progettato di piazzare una cosa del genere così vicino al centro della città deve avere la mente malata” pensò. “Un gran talento artistico ma serie turbe mentali”. Ma in fondo tutta la situazione era follemente malata, e le sue riflessioni lasciarono presto il posto ad un sorriso cinico e vuoto mentre si avvicinava, diafana come un angelo dipinto su tela su sfondo nero.

Si levò intorno a lei un coro mesto e sacrale e una voce solenne sopra il coro pronunciò il suo nome assieme ad altri sei.
Doveva esserci parecchia gente attorno, ma il buio non le permetteva di vedere chiaramente quanti e chi fossero. Una sola luce, che aveva l’aspetto di un piccolo sole offuscato, sembrava fluttuare fra le colonne, sopra l’altare, e non le riuscì di capire a cosa diavolo fosse agganciata.
Salì il primo gradino della piattaforma, reggendosi con una mano ad una colonna. Altri come lei si avvicinavano all’altare, altri sei come lei, ragazzi e ragazze di vent’anni, angeli bianchi che avanzavano fra macchie scarlatte. E sette boia, uno a testa, silenziosi li seguivano a breve distanza.
Ma solo lei. Solo lei sapeva. Perché solo lei si era rifiutata di farsi di qualcosa e aveva voluto essere lì cosciente, vivere la realtà di una cosa talmente assurda da sembrarle fino all’ultimo solo un brutto sogno. Ma sapeva che non era un sogno, perché sentiva che le gambe le tremavano vistosamente sotto il vestito da cerimonia. Era tardi ormai per perdere il controllo, troppe persone nella folla disposta a cerchio intorno a loro si sarebbero precipitate a bloccarla se avesse tentato di scappare, ci tenevano troppo che lo spettacolo non venisse rovinato.

Si accasciò in ginocchio ai piedi dell’altare e vi appoggiò la testa, piangendo silenziosa, le mani giunte dietro la schiena, i capelli a coprire lo sgomento sul suo viso. Ancora non riusciva a credere che avessero potuto farlo veramente, ma alla fine era colpa sua, lei avrebbe potuto evitarlo. Quante volte era stata avvertita, ripresa, rimproverata, punita? Ma lei testarda li aveva ignorati. Aveva veramente creduto di poter essere libera?

Il metallo era freddo sulla sua guancia, tanto da riuscire quasi a distrarla, a impedirle di cogliere il momento in cui una lama, sottile e rapida, discreta, le staccava di netto la testa dal collo. Certo, alle soglie del 2040 la decapitazione era un sistema piuttosto rude, ma doveva esserci qualcosa di esemplare in quell’esecuzione. La sua bellezza e la sua teatralità dovevano far sì che rimanesse ben impressa in chi la vedeva.

La mattina del giorno dopo “The Prodigal Child Company” inviò sette lettere. Solo i destinatari erano diversi, il contenuto era lo stesso:

L’esecuzione è avvenuta come da sua richiesta, in data prevista e senza alcun impedimento.
Le siamo vicini nel dolore di non aver visto i suoi sforzi di genitore essere giustamente ripagati.
Ci rammarichiamo per il fatto che suo/a figlio/a non sia stato all’altezza delle sue aspettative.
D’altro canto le possiamo assicurare che continuare a riporre speranze in lui/lei sarebbe stato un’inutile spreco di energie e risorse.
Le auguriamo maggior fortuna con eventuali prossimi tentativi.
Alleghiamo il bollettino postale per il pagamento del servizio.

Cordiali saluti.

Marzia David marzo 2005

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