Laura

Racconti


Laura non aveva mai voluto lasciare quella casa.
Non avrebbe mai immaginato di vivere in un qualsiasi altro posto al mondo, di affacciarsi e non vedere più il mare, la scogliera… Eppure da quella stessa scogliera, qualche anno prima, suo padre era precipitato giù in mare. Spinto da sua madre…donna bellissima ed inquietante.
O almeno, così fu archiviato il “caso”…
Come inquietanti erano le voci che ormai da tanti, troppi anni giravano nel paese. Si diceva che la madre di Adele fosse una specie di “maga”, che avesse dimestichezza con l’occulto, che praticasse strani rituali, che invocasse il demonio offrendo animali in sacrificio. Ma lui, il padre di Laura, non ci aveva mai fatto caso. O meglio, aveva deliberatamente scelto di ignorare le dicerie di persone che lui giudicava ignoranti e superstiziose. Lui amava quella donna, la sua pelle diafana, i suoi occhi scuri ed intensi, quella strana aura che lei emanava… “Divina creatura”, la chiamava, e quando si perdeva in quello sguardo misterioso, baciandola, sembrava non desiderasse null’altro per essere felice.

E per un attimo la loro felicità fu perfetta…

Nessuno seppe mai cosa successe esattamente in quella fredda sera di novembre, quando il corpo di lui fu trovato privo di vita ai piedi della scogliera, le onde del mare a lambire il suo corpo devastato, e sua moglie immobile, incapace di guardare giù, tremante, in silenzio. Non c’erano lacrime sul suo volto…

La fantasia degli abitanti del paese si scatenò. Si parlava di tradimenti, di rituali occulti, si vociferava che lei avesse offerto suo marito come sacrificio umano a qualche oscura divinità del Male… Il caso fu chiuso in fretta, del resto sembrava tutto così evidente… La diretta interessata, però, non confermò, nè smentì. Nulla. Passò il resto della sua vita in un ospedale psichiatrico, senza mai più uscire dal suo mutismo… Soltanto l’ultimo giorno della sua vita fu scandito da una risata isterica, che si trasformò in un urlo agghiacciante, un attimo prima di chiudere gli occhi. Per sempre.

Laura andò a vivere con sua zia, la sorella di suo padre, donna iperprotettiva e ansiosa oltre misura, il cui unico scopo era che sua nipote dimenticasse tutto il male da cui era stata circondata. Ma i suoi sforzi ottennero il risultato contrario… al punto che, non appena ne ebbe la possibilità, Laura preferì tornare a vivere nella sua casa, in quella villa sulla scogliera che avrebbe spaventato chiunque, alla luce di ciò che vi era successo. Ma lei si sentiva protetta da quelle mura, sentiva che in qualche modo suo padre e sua madre erano lì con lei. E la cosa la confortava. Sua zia disse che vivere lì era una pazzia, voleva che tornasse da lei o almeno cercasse una nuova casa. Non si rassegnava… cominciò a pensare che sua nipote fosse pazza, o che il troppo dolore provato l’avesse sconvolta… Ma con il tempo se ne fece, in qualche modo, una ragione. E i loro dialoghi si riducevano a qualche telefonata, ogni tanto, ma nulla di più…

“Stai bene, bambina mia?”

“Sì zia, sto benissimo. Non preoccuparti per me, davvero.”

“Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che ti porti a mangiare? perchè non andiamo assieme a comprare qualche vestito?”

“Non ho bisogno di nulla, zia. Sul serio. Stai tranquilla. Lo so che ci sei… se ho bisogno di te, ti chiamo. Non preoccuparti.”

“Ma vieni a trovarmi, almeno ogni tanto…”

Anche quella sera sua zia le aveva telefonato. E lei aveva risposto, svogliata come sempre. Ma dal telefono arrivavano strani rumori.

“Forse è il temporale”, pensò, e andò alla finestra.

Amava i temporali, e in generale amava l’inverno, il freddo. Quello che proprio detestava era l’estate con il suo chiasso, le orde di vacanzieri con le loro radio, i “tormentoni” estivi, le barche da diporto che popolavano il mare sotto casa sua. Le sembrava che il suo mondo non le appartenesse più, che le venisse sottratto di forza da queste orde vocianti nei loro costumini colorati…

Rimase alla finestra chissà quanto tempo, affascinata dalle lame di luce che fendevano il cielo e sembravano voler squarciare anche il mare, dalla forza del vento e dell’acqua che da qualche crepa nelle vecchie finestre arrivava fin sul pavimento di quella stanza buia, dai rumori e dagli scricchiolii che affollavano la vecchia casa. Era abituata a quei rumori, erano i rumori del suo “mondo”. A volte le sembrava di sentire la sua casa “vivere” e questo le dava conforto…

Non la sorprese nemmeno il tonfo secco che udì alle sue spalle.

Si voltò con calma, come se fosse stata l’interprete di una scena che nella sua mente aveva provato e riprovato, magari davanti ad un’immaginaria platea, e fissò senza alcuna emozione la figura oscura nell’arco della porta.

“Ti stavo aspettando… andiamo”.

Di Laura non si seppe più nulla.

Non fu mai più trovata, nè sulla scogliera, morta, come si temeva, nè da nessun’altra parte… nessuno l’aveva vista andar via, in paese gli abitanti stringevano le spalle quando qualche poliziotto la nominava. Sembrava che tutti avessero fretta di dimenticare al più presto…

In casa non mancava nulla, nell’armadio c’erano tutti i suoi vestiti, la chiave della porta era nella serratura e il letto era intatto.

Sulla scrivania la luce bassa del lume illuminava lo schermo del computer, ancora acceso, e una busta di tabacco con delle cartine… Lei amava prepararsi le sue sigarette da sola, lei amava fare tutto da sola…

Andrea Del Gaudio (ciao.it) 19.11.2004

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