Il Male Incurabile

Racconti

Occhi Rossi - LibroTitolo: Occhi Rossi
Autrice: Adele Patrizia D’Atri
Editore: Lulu
Pubblicazione: 2007
Prezzo: 10.50€

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Se nel cielo d’estate ci fosse stato uno squarcio nessuno se ne sarebbe accorto, intenti com’ erano a discutere e ad imprecare. Carol addirittura aveva afferrato un ferro arrugginito e manifestava apertamente la voglia di usarlo contro Nina, sua figlia. Da parte sua Nina, cercava di pararsi da quell’ondata di parole sconce che scaturivano da quella fogna che il padre aveva per bocca. Forse non era corretto a 17 anni passare la notte fuori con il suo ragazzo, ma non era giusto neppure fare da babysitter a suo fratello di 3 anni figlio di seconde nozze. A dirla tutta odiava ancora di più aiutare nelle faccende domestiche quella sciagurata della matrigna. Che diamine, Biancaneve era stata fortunata a suo confronto. Eppure qualcosa le diceva che non ci sarebbero stati principi azzurri per lei. In effetti il suo ragazzo, oltre che spiantato, era anche brutto. Non avrebbe scommesso neppure un capello che vedendola morta si sarebbe chinato a baciarla. Anche da viva non è che lui facesse le capriole. A pensarci attentamente i baci si erano dissolti magicamente dopo appena una settimana che stavano insieme. Lui andava subito al sodo e lei non se ne lamentava affatto visto il lezzo proveniente dalla sua bocca. Sospettava che non sapesse il significato di dentifricio.

Tuttavia era inutile perdersi in riflessioni, ora che padre-padrone si era armato. Le soluzioni potevano essere al massimo due: darsi alla fuga oppure rimanere e combattere. Combattere? E come? Armata di una borsa di pelo marrone? Meglio fuggire.

Così a sera si ritrovò nei pressi della sua casa in cerca di una soluzione per entrare. Nascosta dietro il pioppo del vicino osservò tutti i movimenti della famiglia. Assurdo solo pensare di rientrare con il padre sveglio. Di sicuro avevano festeggiato la sua fuga sperando che fosse definitiva. Vederla rientrare sarebbe stato non certo un sollievo, bensì una seccatura. Anche bella e grossa. La matrigna non faceva altro che rinfacciarle quei quattro soldi che spendeva per mangiare e per vestirsi. Intanto non poteva rimanere dietro il pioppo, come un cane, eternamente. La combattività del giorno era svanita con l’allungarsi delle ombre fino a mutare in una sorta di frustrazione e dolore con il comparire di uno spicchio di luna. Addirittura sentiva bruciarsi lacrime di disperazione negli occhi. Come avrebbe fatto senza la sua crema antiacne? Senza lavarsi? Come sarebbe andata a scuola il giorno dopo? La scuola era la sua normalità. Chi era quella donna che era entrata in casa sua strappandole il poco affetto del padre? Al diamine doveva dare una svolta alla sua vita. Doveva dare una rassettata in quella casa. Via tutti i giochi di quel piccolo delinquente. Via tutte le calze a rete di quella puttana che con il sesso aveva arraffato quei quattro spiccioli che erano stati risparmiati per lei dalla madre. E affanculo anche quell’imbecille di suo padre che l’aveva messa in un angolo per far posto alla sua novella vita rinfacciandole di essere viva. Viva? Era davvero viva? Possibile che fosse morta lei invece della madre? Era forse all’inferno?

Fu così che pianse. E con le lacrime precipitarono anche le ultime speranze. Gli occhi le bruciavano, il naso le colava e la disperazione stava astutamente cedendo il passo ad un nuovo sentimento: la vendetta.

Ma avrebbe agito astutamente. Non aveva nessuna voglia di passare i prossimi trent’anni chiusa in qualche prigione o rifugio per matti. Che matti e matti! Era sana come un pesce e chiunque si fosse trovato nei suoi panni avrebbe ritenuto legittimo tentare di debellare quel male incurabile che era la sua famiglia. Sapeva altresì bene che non era neppure lontanamente realistico tentare di difendersi legalmente oppure appellarsi alla clemenza di qualche giudice. Quindi addio alle regole e benvenute maniere forti. Un incendio. No troppo scontato… ci sarebbero arrivati finanche i pompieri giunti per spegnere il rogo. Allora cosa?? Possibile che ragionasse in maniera così semplicistica? Un avvelenamento dell’acqua? Non era forse scontato anche quello? E cosa allora? Cosa? A quel punto le venne un’idea. Anzi L’IDEA. Non aveva da poco conosciuto quella maga che abitava in fondo al paese? Come si chiamava? Madame… madame! Oh diamine il fottuto nome della maga. Il suo ragazzo prima di presentargliela le aveva accennato qualcosa sul non mettersi contro di lei. Le aveva assicurato che sua zia era inspiegabilmente svanita dopo un’accesa lite con quella strega. Madame Berenice. Ecco come si chiamava. Si, in effetti le sembrava un metodo alquanto insolito e non si fidava della riuscita della cosa… però tentare non le avrebbe arrecato nessun danno. Se non quello economico. Avrebbe rimediato rubando in casa. Era il minimo che poteva fare addebitare al padre la spesa per quel servizio. In fondo ne avrebbe usufruito lui e la sua nuova famiglia. Tra pensieri di maghe e risolini soddisfatti crollò in un sonno profondo ai piedi del pioppo.

Il sonno porta consiglio. Eppure a volte inverosimilmente sono proprio i consigli che portano il sonno. E nel sonno vide la sua casa. Sua madre accasciata sulla vecchia poltrona. Il viso di suo padre solcato da tracce profonde. Vicini al camino in silenzio. Un leggero barlume rosso a colorare i loro visi cinerei. Sulla mensola del camino un rosario e una foto. La sua. Poi sentì lo squillo del telefono. Suo padre parve ridestarsi improvvisamente, si alzò risoluto e si recò nella stanza attigua per rispondere.
Poi riapparve e disse: è morta.

Era stata in coma. Per tre anni aveva solo sognato. Tre lunghi anni.

Adele Patrizia D’Atri 26.10.2005

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