Fate i buoni bambini!

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La cucina era avvolta da miasmi pestiferi che fuoriuscivano dal pentolone che ribolliva insistentemente sul forno. Sulle mensole in legno, troneggiavano cioccolate dall’aspetto strano ma che ad un’analisi più attenta assumevano realistiche forme di parti umane. Il sommo tavolo era cosparso di un liquido gelatinoso che imbrattava alcuni arnesi domestici. In un angolo, ammucchiate una sopra all’altra, c’erano una quantità incredibile di ciocche di capelli castani e biondi. Di fianco al pentolone, appoggiati in rigoroso ordine su un tagliere, vi erano degli appetitosi dolcetti alla crema. Uno dei mobiletti fissati alla parete era aperto: si intravedevano vasetti di varie dimensioni pieni di liquido trasparente al cui interno galleggiavano, come pesciolini, oggetti filamentosi non ben definiti. Tutti i vasetti erano contrassegnati da targhette recanti date e nomi propri.
Nella sala confinante, il piccolo sorrise teneramente. Era immerso fino al suo esile collo in un’enorme coperta multicolore. La testolina rapata a zero spuntava da quell’arcobaleno. Seduto sul lettone accanto a lui, un omone gli leggeva una stupenda favola tratta da un grosso libro. Una folta barba bianca sul faccione e gote rosse conferivano all’uomo un’aria docile e affettuosa. La sua voce armoniosa stregava il piccolo. Sulle pareti della sala erano attaccate decine e decine di ritratti raffiguranti bambini sorridenti; sul tappeto erano sparsi disordinatamente giocattoli di vario genere.
Un tintinnio continuo giungeva dalla cucina. L’ omone si alzò, strizzò l’ occhio al piccolo e si recò in cucina per assicurare il coperchio del pentolone che sbottava con insistenza. Prese un forchettone ed estrasse una sorta di piccolo zampone dalla forma curiosa. Lo osservò soddisfatto e ne saggiò la consistenza premendolo con i suoi ditoni. Dopodiché lo rinfilò nel pentolone. Aprì, poi, un cassetto pieno di lecca-lecca e ne scelse uno che ciucciò con estremo gusto dirigendosi verso una porta blindata da cui usciva aria fredda. Sbloccò la maniglia ed entrò nella cella frigorifera, scostando quarti di bue appesi a ganci arrugginiti e stando attento a non sporcarsi le pantofole a forma di cagnolino nelle pozze di sangue formatesi a terra. Colpendo una carcassa la chiamò per nome (un nome femminile) e sorrise. Scomparendo nella nebbia gelida esclamò: “Fa un po’ freddo, eh ragazzi?”
Intanto il piccolo continuava a sorridere intonando una cantilena e fissando il soffitto.
Tornato nella stanza, l’omone gli scostò la coperta. Il piccolo era avvolto in un pigiamino azzurro. La parte finale dei quattro arti era stata mutilata con precisione. Le maniche del pigiama erano arrotolate su se stesse e fissate da grossi spilloni luccicanti. L’omone lo afferrò per i fianchi e lo sollevò come un bambolotto gonfiabile. Poi, con molta cura, lo trasportò in cucina dicendogli :
“Adesso andiamo a fare il bagnetto… Sarà un po’ calda l’acqua, sai?”

Due ombre si avvicinano titubanti alla casetta di marzapane dell’omone. Una donna e un bambino. I due si fermano, la donna s’inginocchia per sistemargli il cappellino, gli poggia la mano sulla schiena e lo invita ad avvicinarsi alla casetta. Lei resta immobile ad osservare, portandosi una mano al viso. Il bambino si volta verso di lei un’ultima volta. La donna si irrigidisce.
L’omone, in cucina, sta tagliuzzando della carne rossa. Il suono del campanello lo manda in febbrile agitazione. Si asciuga le mani sul grembiule, tira fuori da un cassetto un grosso sacco nero e va nella sala accanto. Il letto dove stava il piccolo è ancora disfatto.
Si pone dinanzi lo specchio, getta a terra il sontuoso parrucchino bianco e la barba finta e dal sacco estrae una capigliatura rosso fuoco che indossa sul lucido capo. PERFETTO!!! Sistemata frettolosamente la sala, aggiunge alla sua collezione di ritratti anche quello del piccolo che appare con una chioma rossa e riccioluta.
La porta della casetta di marzapane si apre e l’omone accoglie a braccia aperte il “nuovo” piccolo. La luce che emana la casa illumina il suo visetto sorridente.
Anche l’omone sorride.

Christian Marchi 11.08. 2005

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