Coloro Che Odiavano La Croce
In un tempo a me sconosciuto, per un misterioso prodigio, le tenebre donarono alla mia razza poteri non indifferenti.
Oggi, perso nel più profondo rammarico, posso affermare che la donazione di tali poteri rappresentò l’inizio della fine dei vampiri! Questa è la mia storia.
Un tempo il mio villaggio era tra i più pacifici che i giramondo potevano vedere. Vampiri e umani vivevano in perfetta armonia dal momento che la solidarietà alloggiava nei cuori di tutti e l’amore affiorava tra le due razze. Sono cresciuto in questo villaggio. Da bambino giocavo non solo con i miei simili, bensì anche con gli umani, nonostante la luce del sole diminuisse le mie forze. Diventato un po’ più grande decisi di costruirmi una capanna tutta per me, nel desiderio di metter su famiglia. Una volta costruita, con il generoso aiuto di mio padre, iniziai a lavorare la terra e a crearmi una vita tutta mia.
In quel tempo venne la festa del villaggio, ovvero l’anniversario della fondazione: alla sera mi recai al centro dove tutti gli abitanti avevano acceso degli enormi focolari sui quali arrostivano cinghiali, maiali, galline, per il gran cenone. Era accorsa gente da altri villaggi e giocolieri che animavano la serata: fu proprio allora che rividi Yneps. Come era cresciuta… Yneps era un’umana con cui avevo trascorso gran parte della mia infanzia, ma un giorno, per chissà quali motivi, la sua famiglia era stata costretta a trasferirsi in un altro villaggio; da allora non l’avevo più rivista.
Era cresciuta: si era fatta bellissima.
– Sbaglio o la luna è triste per la sua bellezza sconfitta? – le sussurrai all’orecchio nel momento in cui, sola, con lo sguardo era persa nel rogo in cui la carcassa dell’animale ardeva. Si voltò e dopo avermi fissato negli occhi per qualche attimo, mi abbracciò urlando il mio nome. L’odore della pelle era rimasto quello: ero felice.
Fu sbalordita nell’incontrarmi. Parlammo delle nostre vite, di cosa avevamo fatto in tutto quel tempo, ripetendo più volte la nostra soddisfazione nell’esserci ritrovati. Durante il cenone tutti gli abitanti del villaggio, assieme agli ospiti, erano raccolti attorno ad un lungo tavolo dove io sedevo di fronte a Yneps: mentre mangiavamo ci guardavamo e ridevamo, già… come facevamo da bambini! Venne il momento della musica e dei balli: ci divertimmo tantissimo ballando come matti, abbracciandoci e muovendoci sotto le dolci e festose note musicali dei tamburi e dei flauti. Una volta esausti decidemmo di allontanarci per appartarci al buio: giungemmo sotto una quercia dove, seduti con la schiena poggiata al tronco dell’albero, parlammo ancora di noi, dei nostri desideri, guardando il cielo stellato. Non vi era secondo in cui i nostri sguardi non dicevano nulla; in un solo momento ci scambiavamo così tante parole che nessun libro potrà mai riportare. In noi riemerse qualcosa, ma adesso, più lucente che mai, avvicinammo le nostre labbra e…
– No! – una voce maschile irruppe nel nostro dolce silenzio. Notai una sagoma giungere dalla foresta: era un uomo pelato, vestito di una tunica marrone.
– Lui non vuole! – disse lo sconosciuto una volta avvicinatosi. Con aria incuriosita chiesi chi osava opporsi al nostro amore.
– Lui sarà felice della vostra unione, ma solo dopo il matrimonio! –
– Ma chi è costui?! – replicai un po’ infastidito.
– Dio, ovvero chi ti ha fatto venire al mondo, chi ti aiuta nel tuo cammino, chi ti aiuta nell’amore e ti allontana dal male! – rispose l’uomo sorridendo. Dopo una carezza a Yneps l’uomo si congedò da noi recandosi verso il centro del villaggio; rimanemmo lì in silenzio per poco tempo ancora, chiedendoci chi fosse quello strano tipo fino a quando decidemmo di tornare tra gli altri come buoni amici.
Nel momento in cui giungemmo al centro del villaggio non sentimmo musica, né le urla di gioia delle dame né quelle degli uomini ubriachi, sembrava che la festa si fosse tutto d’un tratto placata: in realtà lo straniero era salito su un tavolo per parlare del suo Dio e delle leggi che la sua religione imponeva, mentre gli abitanti e gli ospiti erano lì, fermi nel prestare attenzione a quelle parole, compiaciuti da ciò che probabilmente volevano sentirsi dire… sembravano ipnotizzati! – … tutti saremo sottoposti al grande giudizio, le nostre azioni saranno valutate e Dio non avrà pietà di coloro che non avranno saputo coniugare il suo verbo… – diceva con tanta determinatezza. Al termine del discorso l’uomo fu invitato a restare nel villaggio per tutto il tempo che voleva: non fui d’accordo con quella decisione ma come potevo controbattere se al minimo accenno mi sarei ritrovato contro tutto il villaggio? In compenso però, alla fine della festa ebbi una rallegrante notizia: Yneps aveva deciso di restare qualche giorno in casa mia; da un momento all’altro il turbamento sollevato dalla venuta dello straniero scomparve per far posto alla felicità. Durante la sua permanenza non accadde nulla, nonostante quel qualcosa che affiorava dai nostri sguardi e tendeva ad unirci: ci comportammo come veri amici! Quando dovette tornare al suo villaggio io rivissi il momento della mia infanzia in cui l’avevo vista partire: chiuso nella mia camera piansi e per i primi venti giorni non sorrisi a nessuno. Quasi due mesi dopo, quando ero riuscito a tornare nella quotidianità, la rividi tornare: questa volta però il suo viso era ottenebrato dalla tristezza. Mi abbracciò e preoccupato la portai in casa dove mi rivelò l’improvvisa morte di suo padre: mi chiese di restare un po’ di tempo, fino a quando si sarebbe ripresa dallo shock. In realtà non andò più via perché la notte successiva facemmo l’amore…
Nel frattempo lo straniero aveva acquisito più prestigio poiché gli avevano riconosciuto il titolo di capo del villaggio; fu una cosa che non potetti tollerare, volevo agire, volevo riportare il villaggio sulla retta via ma adesso, la mia vita stava decollando… non potevo! Il pastore capo, così osavano chiamarlo, ordinò la costruzione di un grosso tempio, un tempio dedicato al suo Dio: invitò persino gli abitanti degli altri villaggi a dare un contributo nella costruzione della chiesa, solo io, Yneps e pochi altri vampiri ci astenemmo, ma questa scelta ci pose sotto una cattiva luce. Da quel momento anche i miei genitori iniziarono a guardarmi con diffida. La chiesa fu terminata e alla prima messa venne fuori la grande verità: i vampiri che erano accorsi furono vittima di profondi dolori dovuti alla vista della croce. Questo episodio creò un certo rancore nei confronti di noi vampiri, da parte degli umani; la situazione però si aggravò quando Yneps diede alla luce Alexander, nostro figlio, senza un precedente matrimonio ecclesiastico. Il pastore capo discusse di tutto questo nella messa domenicale accusando noi tutti di essere nemici del suo Dio: dunque, per gli umani divenimmo nemici da eliminare! Accadde tutto in una sera: la gente del villaggio munita di forconi, coltelli e armi varie si recò nelle case dei vampiri uccidendo intere famiglie sorprendendole nel sonno. Svegliati dal frastuono capimmo subito la gravità della situazione, così prendemmo Alexander, anche lui vampiro, e fuggimmo verso il bosco ma prima di perderci tra gli alberi, Yneps fu raggiunta alla schiena da una freccia: cadde per terra, ebbe solo la forza di dirmi “Salvalo!” Era un’umana come loro! Con le lacrime agli occhi la baciai per l’ultima volta e fuggì nel bosco con il bambino. Qui trovai altri quattro miei simili, anche loro sfuggiti all’eccidio. Dopo cinque giorni, in una notte di plenilunio, affidai Alexander alle due vampire rifugiate ed accecato dall’illusione di rivedere mia moglie salva, e di salvarla nel caso fosse stata in pericolo, mi addentrai nel villaggio… mi mossi tra le pareti delle case e i cespugli in modo che nessuno mi vedesse e così facendo, giunsi vicino alla chiesa dove scoprì l’orrore in tutta la sua efferatezza: qui era stato allestito un cimitero in cui i cadaveri dei vampiri erano inchiodati a delle travi di legno, con le rispettive teste sgozzate, e posti in posizione verticale, in modo che tutti vedessero e disprezzassero la nostra razza! La luce lunare illuminava timidamente i volti straziati dei miei simili, i loro corpi unti di sangue, trafitti da armi da taglio che avevano lasciato ferite talmente profonde da lasciar intravedere le ossa. L’unico cadavere intatto fu quello di mia moglie: i suoi capelli biondi erano accarezzati dalla brezza notturna… neanche la morte era stata capace di strapparle la sua bellezza… si, era la sublime bellezza del mondo, ma era morta! L’amore scatenò l’oscuro ardore, l’odio abitò nel mio cuore… ero a pochi passi dalla tana dell’assassino, la voglia di vendetta accecava la mia ragione. Uscì allo scoperto, mi lasciai alle spalle i figli di morte imperatrice e mi scagliai contro le due guardie che giacevano dinanzi al portale del tempio: le uccisi immediatamente rompendoli il cranio con un sasso… la mia furia fu tale tanto da non concederli il tempo di capire cosa stesse accadendo! Bevvi il loro sangue e subito dopo la mia pelle mutò: accusai terribili dolori su tutto il corpo, le mie membra stavano cambiando! In breve tempo i miei occhi sii fecero gialli, le pupille rosse, il corpo colmo di vene gonfie… la mia ira non conosceva limiti, il mio arcano potere era risvegliato! Irruppi nella chiesa, schivai con lo sguardo le croci e giunsi nell’abitazione del pastore-capo: spalancai la porta della sua abitazione… lo sorpresi a succhiare sangue dal corpo di una povera fanciulla… era un vampiro che in breve tempo mostrò la sua vera natura. Vedendomi sorpreso mi rivelò la sua identità: un vampiro, in fuga da religiosi impazziti che volevano ucciderlo, aveva trovato in quel villaggio le giuste caratteristiche su cui fondare un regno, un regno dove proteggersi. Già, un prete vampiro che nelle sue messe non guardava mai la croce! Volevo assalirlo e infliggere al suo cuore tutto il mio dolore, ma in breve tempo numerosa gente accorse attirata dai cadaveri delle guardie; il pastore capo riprese le sembianze umane. Evitando di ritrovarmi accerchiato e nell’impossibilità di uscire vivo dalla chiesa, fuggì nel bosco dopo aver rubato all’oscuro cimitero, il cadavere di Yneps.
Nel bosco, vicino al mio nascondiglio, ho dato degna sepoltura a mia moglie: ogni giorno mi reco presso la sua tomba, contrassegnata con un sasso inciso col suo nome, per raccontarle di Alexander, di come cresce forte e vigoroso, delle sue scoperte, di come le assomiglia non solo fisicamente ma persino nel modo di fare.
A distanza di tempo ho saputo che giù al villaggio, sono divenuto una leggenda che incute terrore: già, dicono che sono figlio del demonio poiché dalla mia scomparsa, la malaria sta’ trasformando gli umani in vampiri! Dicono che sia una mia maledizione, ma in realtà credo che quest’epidemia sia dovuta ai cadaveri dei vampiri, lasciati a marcire all’aria aperta, in posizione verticale, permettendo involontariamente al vento di trasportare i germi infetti… che idioti!
Adesso, insieme ai quattro rifugiati, andremo verso est: abbiamo saputo che un esercito di cristiani ammazzavampiri proviene da ovest e a quanto pare, è indirizzato proprio al villaggio…
Gianpaolo Rosselli
RACCONTI DELLO STESSO AUTORE: Odi dell’Aldiquà
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