Anima e Core

Racconti

Occhi Rossi - LibroTitolo: Occhi Rossi
Autrice: Adele Patrizia D’Atri
Editore: Lulu
Pubblicazione: 2007
Prezzo: 10.50€

Compralo e/o leggi la recensione

È fattibile morire vivi?
Nell’ondeggiamento volgare delle folle distorte, negli affanni e smarrimenti di giorni nulli e striminziti, era morta.
Proprio così, morta. Si era sempre chiesta se oltre al corpo ci fosse anche un’anima.
Eh sì. C’era proprio, l’anima. Anche bizzarra, volendo. La sua aveva deciso di lasciare il corpo quando lei era ancora viva.
Che anima paradossale.
Non ricordava il giorno, quasi certamente aveva rimosso la giornata del suo trapasso.
Ed ora, era riapparsa.
Inaspettatamente. Avrebbe potuto benissimo starsene tranquilla per i fatti suoi e lasciarla campare da ameba per la rimanenza dei suoi dì. Al contrario, la bastarda era tornata. Perbacco se il suo rientro le aveva fatto male. Era stato un rinascere, un rianimarsi. Nel vero senso della parola e non inteso come attimo positivo. Anzi. Comprendeva solo ora il perché delle strilla dei nascenti. Altro che per l’impatto dell’ossigeno con i polmoni. Evidentemente l’anima, astuta, aspettava i nascituri al varco e zac entrava nei loro corpicini insolentemente.

Ed ora che fare?
Erano giorni che si affliggeva. Giorni? Mesi. Erano stati mesi intensi, mesi di tattiche. Oserei dire belligeranti. Verso sé stessa, o meglio, verso la sua anima. Se apparteneva a lei, come si era permessa di sgattaiolare senza avvertirla e, soprattutto, perché?

Era giunta ad una conclusione: doveva parlarle. Bisognava che le spiegasse ogni cosa. Sparire così nel fiore dei suoi anni. Magari le sarebbe servita in alcune contingenze. Quali, poi, erano un mistero. Ma senza altro c’erano stati episodi, che importanza aveva scervellarsi adesso per ricordarli?

Era tornata. Questa era la cosa importante, che si decidesse una volta per tutte ad aiutarla. Oltre al fottuto dolore doveva darle delle indicazioni per filare via dalla esistenza problematica che si era creata in sua assenza. Quindi doveva trovare quella mollica di coraggio, che era certa di possedere da qualche parte, ed affrontarla. In effetti, aveva continuato a far finta di niente per un po’. Be’ che c’è? Non aveva voluto darle importanza. La vile l’aveva abbandonata. Avrebbe dovuto far l’inchino al suo ritorno? Dopo la sofferenza iniziale l’aveva semplicemente ignorata, fingendo che non ci fosse. L’anima non si era certo lamentata, affatto. La bastarda continuava le sue vacanze, e diciamolo, per niente meritate.

Aveva trascorso 5 anni vuoti. Ma la cosa che più la indispettiva era che la signora anima stava ad osservarla commettere errori su errori senza muovere un dito.
Era ora di finirla. Era come la faccenda dello Stato.

Quindi si accomodò dinanzi al suo specchio più grande e sperò che, come nella favola di Biancaneve, questi le parlasse.
Ma l’anima, che a dirla tutta era più scaltra di quello che avesse creduto, non si faceva vedere. In effetti c’era da capirla, l’aspettava una bella scudisciata. Verbale, intendiamoci. Si può altrimenti scudisciare un’anima? Incorporea, magari un tantino indaco, (in televisione la presentavano così), era irrazionale pensare di sferzarla fisicamente. Non era affatto scimunita, lei. No, signori miei. Aveva fatto anche le scuole superiori. Si era diplomata con voti più che buoni.

Alla fine, stremata, se ne era andata a letto. Aveva trascorso ben quattro ore a spronarla in tutti i modi a mostrarsi, dannazione! Ma lei niente.
“E sia” pensò “prima o poi scoprirà le sue carte, la mascalzona”.

Fu davvero così, checché ne possiate pensare.

Dopo una settimana d’insistenze si decise a farsi viva.
Non le comparve nello specchio come alla strega di Biancaneve, ma nella tazza del bagno. Mentre tirava lo sciacquone.
Se ne stava acquattata alla base del water e non era affatto come la fanno vedere in tv. Non era ciò che si suole definire un’anima elegante. Ma era la sua. Di questo era sicura. Nera si, ma in fondo sempre sua. E poi quelle zampine..non se l’era immaginata mica in quel modo! Che millantatori quelli della televisione, truffare così onesti cittadini, che per giunta pagano anche il canone! E poi agitava la coda. Un’anima con la coda? Era possibile? Probabile, in fondo chi mai aveva detto che le anime sono identiche? La sua aveva la coda. E con ciò? Non può l’anima avere la coda? Mi pare assurdo che ci sia gente che possa pensare che tutte le anime siano uguali: belle, eleganti e color indaco. Anche l’anima di Maurizio Costazo, dunque, è così? Magari anche longilinea ed elegante? Sicuramente quella era tozza e con il collo corto.

Finalmente qualcosa successe, l’anima spalancò le fauci e le parlò.
Lei, che tanto aveva bramato quel momento, rimase sbigottita. Non una domanda le venne in mente. Una strana sensazione di gratitudine la invase, invece. Non ira, bensì riconoscenza per il suo manifestarsi.
Così l’anima parlò e nessuno obiettò.
Le diede istruzioni precise. Era un’anima decisa la sua, sentì l’orgoglio impadronirsi di lei. Fu chiara e concisa: “vai e uccidi quell’ abominevole vicino che ti strazia con le sue nenie napoletane”.

Mai aveva creduto che l’anima sua potesse illuminarla così. Rappresentava senza alcun dubbio una soluzione ottimale per risollevare lo stato in cui vivacchiava. E dopo quello avrebbe ucciso tutti quelli che rendevano la sua esistenza fastidiosa e ripugnante. L’uomo delle canzoni napoletane era solo il primo. C’erano poi quelle moleste vecchiarde dall’altra parte della via che non facevano che spiarle dentro casa. Non poteva affacciarsi alla finestra in vestaglia e con i bigodini che subito erano pronte a canzonarla.

Così andò in soffitta e tra i vecchi ricordi scovò alcuni utensili che potevano prestarsi all’uso. Una rastrelliera per fare giardinaggio, delle forbici della sua bisnonna un po’ arrugginite, ma in fondo dovevano morire mica tagliarsi le unghie.

Preparò una torta al limone ed indossò il suo abito migliore. Era a conoscenza dei gusti del vicino napoletano. Spesso le aveva decantato il sapore dei limoni della bella Amalfi. Molto spesso, anzi troppo. Avrebbe ascoltato un’ultima volta la storia di quei fottuti limoni e poi…..

E poi bussò.
Il vicino non tardò ad aprire. Sapeva di trovarlo in casa, l’anima caudata era stata chiara a riguardo, le aveva svelato tutti gli orari in cui l’uomo era solito rintanarsi nel suo appartamento.
La fece entrare e le preparò un caffè. Con la sua moka, dei del cielo, non certo con la macchina per espressi! Gli sorrise e gli porse la torta.
L’uomo, grato per il bel gesto, che mai e poi mai si sarebbe aspettato da quella strega mezza pazza, ne preparò immediatamente due porzioni. Mentre stava per porgergliela lei lo bloccò e gli chiese di intonare una delle tante cantilene napoletane. L’uomo si gonfiò di fierezza e cominciò il suo show.

Da dietro la schiena dell’uomo lei si mosse felina. Prese la piccola rastrelliera e gliela infilò in bocca, come si fa per estirpare le erbacce. La conficcò nel palato e cominciò a strattonare per inserirla bene, mentre l’uomo urlava. La usò a mo’ di divaricatore, per tenergli aperta quella dannata bocca. Prese le forbici, tanto care alla sua bisnonna che le aveva adoprate per confezionare gli abiti dei suoi bimbi, e gli recise la lingua. Ahimè non riuscì a compiere un taglio netto, così quella fastidiosa robaccia molle rosa rimase penzoloni nella bocca. Nel frattempo l’uomo si dimenava e tentava di sganciarsi dalla presa. Ma lo spavento e la sorpresa lo avevano come paralizzato. Così lei ebbe tempo di vedere un truce dettaglio. Denti cariati. Non meritava, dunque, la morte? Chi più di lui poteva esserne all’altezza? Di sicuro non sapeva neppure il significato di spazzolino, figuriamoci di filo interdentale. Accecata dallo schifo e dalla disapprovazione, gli infilzò le forbici nello stomaco e poi, con forza che non aveva mai sospettato di possedere, le ricacciò e gliele infilò nel petto non una, non due, bensì cinque volte.

Alla fine, quando il corpo esamine dell’uomo si accasciò sul pavimento, si sedette esausta.

Ora la sua vita aveva un senso, colori. Uno scopo. Queste sì che erano cose che nella sua vecchiaia avrebbe potuto raccontare ai nipotini attorno al fuoco!
Ora sapeva cosa rispondere alla domanda “nonna che hai fatto nella tua vita?”
La paladina, ovvia risposta. La paladina della giustizia.
Per fortuna che l’anima era tornata ad indicarle la retta via.
Per fortuna.

Adele Patrizia D’Atri 27.01.2005

Indice dei Racconti di Adele Patrizia D’Atri

Email: [email protected]

indice racconti

INVIA IL TUO RACCONTO