Relic
Preston & Child
pubblicato nel 1992
Voto: 8/10
PREMESSA
Come vi avevo anticipato, notando un inaspettato feeling tra i miei gusti ed il modo di scrivere della coppia Preston & Child, ho comprato anche il loro primo grande successo, quel Relic che è stata l’unica opera del duo finora portata anche sul grande schermo (comunque, con scarso successo).
Ricordo che quando andai al cinema a vedere il film, il sottotitolo scelto dalla casa distributrice italiana fu “L’evoluzione del terrore” e fu soprattutto questo sottotitolo a spingere me ed i miei amici alla visione di un film che alla fine ci deluse un po’. Ad ogni modo, sono qui per parlarvi del libro, non della sua trasposizione cinematografica e cercherò di farlo riassumendo al meglio ciò che viene espresso nel romanzo.
LA TRAMA
Museo di storia naturale di New York, primi anni ’90.
La mostra “Superstizione”, una delle più importanti mai realizzate dal museo è in allestimento. A pochi giorni dall’apertura, i cadaveri di due bambini vengono ritrovati orrendamente mutilati nei sotterranei del museo. Le loro teste sono state strappate dal corpo e dal cervello manca l’ipotalamo.
All’approssimarsi dell’inaugurazione della mostra, l’enorme museo è teatro di inquietanti sparizioni e di nuovi macabri ritrovamenti senza che a nulla valga il presidio di ogni sua sala da parte di polizia ed FBI. Ad indagare sul caso sono il coriaceo tenente D’Agosta e l’enigmatico agente FBI Pendergast coadiuvati dalla ricercatrice Margo Green e dal giornalista Smithback.
TEMATICA, STILE, PERSONAGGI E CONSIDERAZIONI PERSONALI
Come anticipato, il titolo di questa opinione (e sottotitolo del film) riassume con completezza la tematica sulla quale si poggia il romanzo. Margo Green è una biologa; il suo superiore, il professor Frock è un antropologo… E’ dunque evidente che “l’evoluzione della specie” sia il fulcro attorno al quale tutto il racconto ruota. Non vorrei correre il rischio di raccontarvi troppo della trama anche perché, sebbene a tratti possa sembrare prevedibile, essa è costellata di piccoli colpi di scena, in puro stile Preston & Child. Ad aggirarsi per il museo è qualcosa di non umano, qualcosa che però non è neanche completamente animale, qualcosa che ha fame di un particolare ormone prodotto da una rarissima pianta e dal cervello umano: “colui che cammina a quattro zampe”.
Come al solito lo stile del duo americano è estremamente scorrevole; Pendergast (qui alla sua prima apparizione) e D’Agosta sono i “buoni” della situazione e catalizzano con la loro simpatia e la loro personalità l’attenzione del lettore. Il personaggio dell’agente FBI che gira vestito da becchino, che non fa conoscere il suo nome di battesimo, che sembra avere doti sovrannaturali è quanto di più riuscito ci sia nella intera produzione dei due scrittori. Se poi aggiungiamo il consueto pathos che cresce di pagina in pagina e la buona caratterizzazione dei personaggi secondari allora il mix è completo e per i patiti del genere questo libro è un must. Tra le altre cose, garantisce una delle conclusioni più lunghe che abbia mai letto; da circa metà libro, infatti, si viene catapultati nella scena che ci porterà fin quasi all’ultima pagina; una vera e propria “reciproca caccia” tra le sale, i corridoi, i sotterranei ed i magazzini del museo più grande del mondo. Una scena lunga, lunghissima, frenetica, tanto appassionante quanto, a volte, confusa e questa forse è l’unica pecca delle ultime duecento pagine.
IL CONSIGLIO
Indubbiamente questo libro risulta piuttosto forte in alcune scene, non si può negare, ma chi legge Preston & Child sa a cosa va incontro. Va incontro a colpi di scena, a sensazioni forti, a brividi lungo la spina dorsale e ad una corposa dose di violenza; una violenza magari esagerata (ricordiamoci che comunque sono romanzi) ma almeno accompagnata sempre da un’idea originale in questo caso rappresentata dalla teoria degli sbalzi evolutivi delle specie animali; una teoria, io credo da profano, valida soltanto nel racconto ma che, ad ogni modo, rarissime volte aveva costituito la base dei thriller moderni.
Il romanzo ha anche un seguito, Reliquary. La critica dice che non è all’altezza di Relic.
“Colui che cammina a due zampe” (cioè io) si è già messo sulle sue tracce.
Corrado Ingegnere76 (ciao.it) 04-10-2005