Misery

Libri horror

Stephen King

pubblicato nel 1991

Voto: 9/10

Leggevo.. ero sdraiata sul mio letto con un bel po’ di cuscini sotto la testa, il ventilatore acceso, la finestra aperta e le persiane socchiuse, col venticello piacevole dei pomeriggi d’estate che insieme al ventilatore mi aiutava a sopportare l’afa di luglio… questo era il contesto in cui si trovava il mio corpo…
Ma la mia mente era tutta in un altro luogo.. per la precisione in una squallida camera di una squallida casa immersa nelle nevi del Colorado, costretta da una gamba massacrata a rimanere confinata a letto senza potermi muovere.
Non mi è mai capitato di immedesimarmi così tanto in un personaggio di un libro prima di leggere Misery.
Ogni volta che aprivo il libro e mi mettevo a leggere diventavo Paul Sheldon, e provavo la sua angoscia, il suo disagio, la sua paura.

La trama: uno scrittore di romanzi di sentimental-avventurosi decide di dare una svolta alla propria carriera facendo morire l’eroina dei suoi best sellers, Misery Chastain, e chiudere così la saga, per dedicarsi ora alla letteratura sicuramente meno remunerativa ma più gratificante.
Ultimato quindi l’ultimo romanzo della serie di Misery si mette in viaggio con la sua macchina, ma a causa della neve ha un grave incidente.
Ed ecco che Paul riprende conoscenza in preda a dolori lancinanti soprattutto alle gambe (plurifratturate) in una camera da letto che non somiglia affatto ad una camera di ospedale… non sa come è riuscito a sopravvivere all’incidente, né come sia finito lì, né chi sia stato a salvarlo..
Tutte le risposte alle sue domande si incarnano nella persona di Annie Wilkes, un donnone imponente che si presenta come la sua fan numero uno. Inizialmente Annie, ex-infermiera (ma perché ex?) si prodiga con tutte le sue forze per rimettere in sesto il suo scrittore preferito, seppur cedendo spesso a repentini sbalzi d’umore e scatti d’ira.
Fino a quando non scopre che Misery è morta..
Si infuria e, dopo aver acquistato una macchina da scrivere e una risma di fogli, intima a Paul di resuscitarla, di riportare in vita Misery per lei e come lei ha fatto con lo stesso Paul, ma lo scrittore si rifiuta di farlo. Annie, però, sa essere molto convincente: come una mamma che punisce il bimbo disobbediente, decide di punire Paul ma non certo con una sculacciata… lo priva degli antidolorifici (diventati ormai una droga per Paul, anche a causa del loro effetto collaterale, l’assuefazione) e ottiene così ciò che vuole.
Paul inizia così a scrivere Il ritorno di Misery, ovviamente sotto la supervisione di Annie, che oltre a riempire i fogli delle “n” mancanti alla macchina da scrivere, controlla che non vi siano parolacce e che la storia proceda come lei vuole che vada. Prosegue così la prigionia di Paul, non senza tentativi di fuga, ma invano, anzi peggiorando la situazione, perché Annie per impedirgli altri colpi di testa gli spezza nuovamente le gambe (che erano in via di guarigione).
E’ ormai evidente, per Paul, che ad Annie mancano diverse rotelle, e che abbia sicuramente un’idea molto personale del bene-male, del giusto-sbagliato… ciò che Annie fa, per Annie è bene. Spezzare le gambe a Paul, o tagliargli di netto il pollice di una mano è bene, se questo viene fatto per punire il bimbo cattivo.

E qui mi fermo, perché non voglio rivelarvi di più.

Quello che mi ha stupito enormemente di questo romanzo è la sua capacità di proiettare il lettore nella camera degli ospiti di Annie insieme a Paul Sheldon, anzi, a volte proprio nei panni di Paul Sheldon.
Più volte mi sono sentita veramente a disagio mentre ero immersa nella lettura. Durante i tentativi di fuga stavo attenta che Annie non tornasse a casa, o che i soprammobili restassero lì al loro posto, oppure speravo che qualche riga più sotto Annie concedesse finalmente gli antidolorifici negati, o che rinunciasse a tagliar(mi)gli il dito o a spezzar(mi)gli le gambe. Sentivo persino il suo odore di biscotti alla vaniglia e quella sensazione di appiccicosa “malattia” e debolezza che Paul doveva provare, costretto su quel letto ridotto in quelle condizioni..
E ovviamente più volte l’ho sognato.. non lo auguro a nessuno.
Al di là di quelle che possono essere state le mie reazioni “empatiche”, c’è da dire che i romanzi sono scorrevolissimi… perché ho usato il plurale? Perché “Misery” è un metaromanzo: parallelamente alla storia di Paul ed Annie noi lettori seguiamo anche la nuova avventurosa storia di Misery, in un alternarsi di staticità e dinamismo, di follia e fredda lucidità, di incubo e favola.
Nella nuova avventura di Misery non è solo Annie che trova una via di fuga dalla realtà (come ha sempre fatto) ma anche lo stesso Paul il quale, tra l’altro, si appassiona veramente alla stesura del Ritorno di Misery. Ed è così che Paul è schiavo sia di Annie che di Misery, di cui non riesce a liberarsi, che di se stesso.
Un discorso particolare vorrei dedicare all’incipit del libro: “Umber whunnnn/ yerrnnn umber whunnn/ fayunnnn/ Questi suoni: nonostante la nebbia” il suono distorto che Paul sente durante la sua semi-incoscienza seguita all’incidente, il suono distorto della confusione che può seguire al trovarsi legato ad un letto in una stanza chiusa a chiave, il suono distorto dell’atmosfera surreale in cui è costretto, il suono distorto della sua interiorità… vedo una certa somiglianza con L’Urlo di Munch, con il paesaggio al di là del ponte, distorto, confuso, sfocato e molto, molto inquietante.

Non sono una fan di King, ho letto solo questo libro e Shining, quindi eviterò di collegare la storia di Paul a quella di King stesso (il collegamento indubbiamente c’è, ma probabilmente c’è chi ne saprà ben più di me!). Mi limiterò a consigliare caldamente la lettura di questo libro anche ai profani (quale io sono) di King.
Per chi ha già visto il film: non c’è assolutamente paragone! Il libro è insuperabile!

Polipetta (ciao.it) 03-11-2005

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