Il Guerriero di Luce

Libri horror

Marco Milani

pubblicato nel 2006

Voto: 7/10

Può un’esperienza «interiore», che ha come scopo l’annullamento dell’«Io», diventare materia narrativa, romanzo d’avventure picaresche?
Il nuovo libro di Marco Milani è proprio questo.
A metà strada fra un originale esperimento letterario e un saggio introduttivo ai principi base della meditazione, Il Guerriero di Luce condurrà il lettore verso la conoscenza di una affascinante dottrina orientale, senza mai prendersi troppo sul serio, con un piglio ironico che ha tutto il sapore della vera saggezza.
Come stanno le antiche discipline orientali?
Bene! Almeno a giudicare da questo libro.
Che può considerarsi, a mio avviso, come un ibrido fra «diario dell’anima» e «manuale di meditazione per neofiti» e che sembrerebbe dirci, anzitutto, che anche nell’Occidente del Terzo Millennio le antiche pratiche ascetiche sono vive, presenti e attuali. Forse più che mai attuali se, come accade in alcuni capitoli de Il Guerriero di Luce perfino il linguaggio informatico può trasformarsi in una via d’accesso alla trascendenza. Tutto ciò che riesce a generare una forma espressiva nuova può giustamente essere definito «vivo».
Mi spingerei oltre: forse fra i fini della meditazione e quelli di Internet non c’è quella distanza abissale che usualmente siamo inclini a vedere: entrambi auspicano l’abbattimento dei confini dell’Io individuale.
Mi muovo per libera associazione, naturalmente, seguendo gli spunti solo suggeriti dal libro di Milani – «romanzo» lo definisce l’editore Larcher, ma si tratta di un testo che della struttura romanzesca non conserva praticamente nulla: i capitoli de Il Guerriero di Luce rappresentano più i gradini di un apprendistato che non i tasselli di uno sviluppo narrativo. Così (apparentemente alla rinfusa) si mescolano descrizioni «naturalistiche» e allucinati colloqui con se stessi; normali scampagnate nei parchi ferraresi e grovigli di ciarpame post-moderno e kitsch (Darth Vader, la PFM band, le fiabe in versione «dark», i mostri «plasticosi», monasteri tibetani dal retrogusto hollywoodian-disneyano…).
Tutto è ammesso nel carnevale della mente, in cui si inseguono di immagini virtuali condivise da individui di una stessa cultura; l’Io stesso è una specie di ologramma «totale» (in stile Matrix) di cui va riconosciuta anzitutto l’ illusorietà.
E qui, forse, tocchiamo un nervo scoperto: infatti è impossibile stupirsi se Milani fa coincidere Zen e Internet, visto che questo autore è anche uno dei firmatari del Manifesto Connettivista. Il che spiega molto. Ma non tutto.
Il Guerriero di Luce rappresenta in fine (e comunque) una lettura interessante.
A volte distonica.

Cesare Blanc

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