Dracula

Libri horror

Bram Stoker

pubblicato nel 1897

Voto: /10

DIARI D’UN INCUBO, IN LETTURA SEMISERIA.

Imprigionati, come il giovane Harker, e lontani centinaia e centinaia di chilometri dalla propria casa e dalla propria sposa promessa, nel castello d’un misterioso aristocratico transilvano. Castello tetro e diroccato, cristallizzato in un’epoca lontana, abbandonato a se stesso. Imprigionati, e custoditi e sedotti da tre splendide concubine del conte. Un personaggio contemporaneo avrebbe la tentazione di rimanere vittima dell’incantesimo, accettare le profferte delle tre vampire e godere un’esistenza immortale, lussuriosa e lasciva, al fianco dell’altezzoso nobiluomo dall’esotico cognome, vivendo tra le lenzuola delle sue insaziabili amiche.
Jonathan Harker si ribella, invece, alle troppe fortune che la sorte gli ha riservato e, spaventato e stizzito, riesce a fuggire e a tornare nell’amata Londra, avido di comodità e di noie piccolo borghesi. Lo sfortunato conte, in cerca da secoli di nuovi compagni e nuove concubine, decide nel frattempo di esplorare la Gran Bretagna, viene inspiegabilmente perseguitato da un parruccone olandese, l’erudito Van Helsing, e dal suo gruppo di instancabili anglicani, moralisti sino al parossismo.
L’esito della vicenda, nonostante il promettente incipit, è prevedibile: la troppo grande sensibilità estetica e l’eccessiva intraprendenza erotica del diabolico e adorabile aristocratico transilvano viene spenta dagli spietati suoi oppositori.

Vorrei poter raccontare così, in brevi e allegre righe, questa vicenda, altrimenti arcinota, e dedicarmi con disinvoltura all’analisi di altri aspetti, legati al romanzo e al ruolo del lettore.

La recente, omonima traduzione cinematografica di Coppola (giudicata, da più parti,  come la più fedele trasposizione del manoscritto dello scrittore irlandese), esaminata nuovamente dopo la lettura del romanzo, si è rivelata ancor più interessante rispetto alla prima visione; se, dapprima, è parso evidente che fosse fortemente ellittica (numerosi episodi, ad esempio quello delle prime vittime della neo-vampira Lucy, o della fuga del lupo dal parco zoologico, sono sintetizzati in una scena, più evocativa che didascalica, di norma), in seguito è parso notevole il taglio originale offerto dal regista. Il film di Coppola si fonda su una storia d’amore altrimenti inesistente in Stoker; eppure, risulta interpretazione convincente e tutto sommato credibile. Da evidenziare, soprattutto, la pregevolissima colonna sonora, curata da Wojciech Kilar: colonna sonora che si è rivelata ottimo sottofondo durante le notti di lettura dell’opera. Inquietante e perfino perturbante; onirica e malinconica.

Da un punto di vista architettonico, il romanzo è strutturato in ventisette capitoli più una nota di Jonathan Harker. Interessante il tentativo di non riportare, come scrive l’autore in una breve nota, avvenimenti riferiti al passato: “Tutti i documenti scelti sono assolutamente contemporanei, e presentati dal punto di vista di coloro che li hanno scritti, e nell’ambito delle loro conoscenze”. Così, il romanzo si sviluppa attraverso il racconto – spesso la contorsione, spesso l’acrobazia prospettica, talvolta il manierismo più spudorato – dei protagonisti, vincolato dunque al tempo presente,  alla loro visione della storia, della vicenda e del resto dei personaggi, e alle loro attitudini; John Seward registra la sua voce (e Stoker, ingenuamente, non registra le ripetizioni lessicali, le incertezze, i borbottii o i colpi di tosse: sembra quasi che una registrazione audio sia una pagina scritta di diario, ed onestamente è poco credibile), Mina scrive lettere all’amica Lucy e, apparentemente per se stessa, pagine di diario, più avanti: dapprima è frivola e leggera, quindi diventa fredda e puntuale, mano a mano che la narrazione entra nel vivo; Jonathan Harker è risoluto e obiettivo come un personaggio di Poe, e pur sconvolto dall’incontro con l’incarnazione del male, sa rivalersi e affrontare il nemico con coraggio; Van Helsing, nel suo diario e nei suoi appunti, è l’intellettuale dalla mente aperta e dalla sfiorata onniscienza, eccitato dall’incontro-scontro con una creatura temibile, diabolica e potente; e così via. 
L’unico appunto che potremmo muovere all’autore è questo: con un espediente narrativo del genere, i personaggi sembrano tutti curiosamente grafomani. Perfino pochi istanti prima di addormentarsi, pur paventando una visita del terribile vampiro, qualcuno di loro ha la prontezza e la volontà di trascrivere i propri sentimenti e le proprie sensazioni. Strana forma di logica; oppure, grafomania conclamata, e cronica.

Come lettori di Dracula, noi contemporanei siamo particolarmente sfortunati: nessuno potrà mai testimoniare, a meno che non sia un fortunoso aborigeno all’oscuro di qualsiasi elemento della cultura occidentale, l’emozione vissuta per la prima volta scorrendo le pagine del romanzo del conte, del vampiro per antonomasia. Il lettore si accosta alle pagine di Stoker non dovendo scoprire, sostanzialmente, più nulla della trama; neppure dei risvolti segreti del vissuto del personaggio storico che ispirò lo scrittore irlandese, giacché fin dall’infanzia siamo nutriti dal mito del vampiro e dalle varie riduzioni e traduzioni dell’opera di Stoker.
Invidio, allora, il londinese di fine Ottocento, che sfogliò, in prima edizione, le pagine di questo romanzo; lo invidio ancor più, se costui era all’oscuro del romanzo del Polidori, “Il vampiro”, del quale questo libro di Stoker è ampiamente debitore. Avrà conosciuto una sensazione di paura e di sgomento assolutamente pura; avrà esultato per la novità dell’argomento, e per lo spirito perfettamente gotico della narrazione. Il lettore contemporaneo è certamente più disilluso e odiosamente più informato. Forse, ciò può rappresentare una fortuna: il lettore và ad accostarsi ad un romanzo come questo per il puro piacere dello studio, della scoperta d’un capolavoro del passato – peraltro, dell’unico lavoro degno di memoria dell’altrimenti sterile o arido Stoker – o, se preferite, per la curiosità irresistibile che l’ennesimo nero seduttore della storia dell’utopia letteraria ha saputo ingenerare. In questo caso, sarà un lettore deliziosamente corrotto: macchiato dal sinistro piacere d’essere lettore onnisciente, padrone d’una storia che si conosce e si riconosce con crescente contentezza.
Colpevole domandare a Bram Stoker dimostrazione di raffinatezza o di eleganza stilistica; spesso è grossolano, bozzettistico, pleonastico e – in qualche fastidiosa circostanza – piuttosto soporifero nelle descrizioni.  Da Bram Stoker va preteso, all’opposto, l’antico e mai abbastanza rimpianto piacere della narrazione. È un cantastorie gotico; seduto di fronte a noi tutti, nel centro del nostro circolo, lo sguardo spiritato, un sorriso segreto – il sorriso di chi sa d’aver conquistato l’ascolto di un pubblico, e già pregusta l’improvvisazione o il colpo di scena per divertire, rallegrare, spaventare, sedurre, conquistare – per amare, ed essere amato.
Bram narra un incubo: generazioni intere si nutriranno delle sue creazioni. Come vampiri; nei libri scorre il sangue che cerchiamo. 

Bram Stoker, “Dracula”, 1897, Londra.

Gianfranco Franchi Dicembre del 2002 (Lankelot.com)

Recensione revisionata nel luglio del 2003. Originariamente apparsa su ciao.com.

SCRIVI PER OCCHIROSSI.IT