Cujo

Libri horror

Stephen King

pubblicato nel 1981

Voto: 8/10

Camilleri… no, l’ho letto non molto tempo fa… De Carlo anche… mmmm… “Undici minuti” di Coelho non mi ha entusiasmato, a dire il vero, e quindi perché rileggerlo? Una lettura semplice… Forse Bambarén con il suo “L’onda perfetta”… no, non mi convince…

E me ne sto lì, davanti ai miei scaffali in contemplazione…

Questo accade quando – tempo tiranno! – non ho trovato modo, nei giorni passati, di andare a fare la mia solita scorribanda in libreria a “racimolare” il “sano cibo per la mente”, ossia dei buoni libri da leggere.

E sono ancora qui, che credete? Che abbia deciso?

Ritorno indietro a scorrere le coste dei libri… “Vita di Mozart” di Stendhal… Alla faccia della lettura semplice… Passo oltre e vedo ” Prima o poi l’amore arriva” di Stefano Benni che come poeta ha scritto questo testo di poesie alquanto strampalate (anche se molto divertenti)… Ma non mi attira…

Insomma Mario, ti decidi a scegliere cosa vuoi ri-leggere o facciamo notte? Altrimenti prendi il Dylan Dog di tuo fratello e facciamo prima!

Aspetta, aspetta, risponde Mario a sé stesso… Forse ho trovato…

Che non è il solito libro di Stephen King, il re dell’orrore, lo si capisce subito quando non ci si trova a leggere di macchine infernali, di pagliacci con i palloncini ed i denti aguzzi o di mostri di varia natura. E non per questo, però, “Cujo” è meno avvincente e prepotentemente inquietante.

Il protagonista di questo libro è un cane il cui nome è Cujo, appunto.

E questa volta il famoso scrittore di “The Shining”, riesce ad attanagliarci nella suspense con un protagonista animale, uno di quelli che tutti quanti vorremmo avere – chi può – nel nostro giardino per trascorrere con lui il nostro tempo libero.

Un gran bell’esemplare di San Bernardo.

Un docile cane si, è vero, ma che è di stazza notevole – addirittura si legge nel libro è paragonabile ad un “brutto esemplare di pony” – e che però tutti in paese hanno imparato a conoscere ed a non averne paura. Anche perché Cujo è docile con i bambini, come assicura il suo padrone, figlio di un meccanico che ha la sua officina in periferia.

Il paese in questione è Castle Rock, nel Maine, che in tempi passati è stato già teatro di strani episodi di violenza come quelli narrati all’inizio del libro e che riguardano uno psicopatico, agente di polizia, che aveva disturbi mentali e sessuali e che si divertiva ad uccidere donne, finché non decise di uccidere sé stesso.

E dopo quegli efferati omicidi, il terrore ritorna a Castle Rock nell’estate del 1980.

Tutto ha inizio quando il pacioso cane in questione si intestardisce ad inseguire un coniglio selvatico che, nonostante sia di gran lunga più piccolo di lui, dopo una lunga serie scatti a zig-zag, riesce a sfuggirgli trovando riparo in un buco che si trova in un leggero pendio. Il cane vuole provare ad entrare anche lui in quella stretta apertura ma, per la sua grossa mole, finisce per rimanere imprigionato come un “turacciolo in un collo di bottiglia” cominciando, così, a latrare furiosamente. Vuole il caso che quell’antro sia anche rifugio per dei pipistrelli insettivori che hanno contratto un tipo di rabbia particolarmente infettiva e che, svegliati dal troppo abbaiare di Cujo, cominciano a svolazzare per cercare di guadagnare l’uscita che, però, è occupata dal grosso animale. Attratto da questa nuova possibilità, il cane cerca di afferrarne uno e ci riesce addentando un pipistrello ad un’ala. Il volatile, però, nel tentativo di liberarsi, infilza i suoi denti aguzzi nel muso di Cujo: il guaio è bello che combinato.

Il docile, pacioccone San Bernardo, a causa di quella malattia infettiva contratta dai pipistrelli, a causa del morso che ha subito, finisce per diventare rabbioso e “CANECATTIVO”. Proprio quel tipo di mostro che, da lì in poi, comincerà a terrorizzare l’intera comunità di Casle Rock.

Volutamente mi fermo nell’andare avanti con la trama, altrimenti che lo leggete a fare il libro? Mi preme dire, soltanto, che trovo molto avvincente il modo in cui l’autore racconta l’epilogo della storia con quel serrato assedio – psicologicamente duro a sostenersi – ad una donna con il suo bambino…

Credo che in questo libro lo scrittore, relativamente all’impatto emotivo che vuole provocare sul lettore, abbia contato molto sull’orrore che può scaturire da una plausibilissima storia del terrore che si manifesta attraverso uno delle creature che, per eccellenza, è definita come migliore amico dell’uomo. E in un certo senso è stato anche un anticipare temi che, purtroppo, in modo prepotente sono balzati all’attenzione dell’opinione pubblica per quei tanti episodi di violenza che un certo numero di cani hanno manifestato contro la razza umana: quasi una rivolta delle “bestie” contro la razza “superiore”.

E qui sta il terrore… Il mostro potrebbe essere il cane del vicino o, magari, addirittura il proprio… È di una realisticità che, come ho detto in apertura, non è sempre riscontrabile nei libri di King, se non raramente come, ad esempio, proprio in “The Shining” o ne “La zona morta”.

Non è forse il migliore dei suoi libri, non è “Il miglio verde”, per intenderci che, almeno a mio avviso, rappresenta un ottimo mix di racconto horror e storia guarnita da venature romantiche che prendono il lettore tanto quanto gli atti di crudeltà che vi si leggono.

È la plausibilità della storia che fa di “Cujo”, secondo me, un continuo raffronto con la realtà, con quello che potrebbe accadere ad ognuno di noi che, nell’avvicinarsi ad un cane, potrebbe essere seriamente costretto a doversi difendere… Immaginate come, contro un cane che sembra un piccolo cavallo!…

E vi confesso che dopo aver letto il libro, per un paio di sere, ho guardato con diffidenza il mio grandissimo e bianchissimo maremmano…

Robert Strange (ciao.it) 10.07.2005

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