Colorado Kid

Libri horror

Stephen King

pubblicato nel 2005

Voto: 5/10

Stephany McCann, giovane giornalista fresca di laurea, svolge uno stage presso un modesto quotidiano di un’isola del Maine. Un pomeriggio i due anziani proprietari del giornale le narrano le vicende di due cocciuti reporter e di un misterioso cadavere, Colorado Kid. Un caso enigmatico. Si è trattato di omicidio? E se si, quale il movente?

Stephen King, il re del brivido, colui che ha fatto dell’horror e dell’ironia una miscela esplosiva, sfida se stesso (e la pazienza dei suoi fans) presentando il suo primo mistery: Colorado Kid.

Mi rendo conto, scrivendo questa recensione di quanto poco mi abbia lasciato Colorado Kid. È estremamente elementare esprimere il proprio giudizio su qualcosa che ci è piaciuto notevolmente o che abbiamo disprezzato, ma risulta ostico elaborare una critica su qualcosa che ci ha lasciati passivi. Un romanzo che non ha nessuna virtù. Se parlassi in termini di colori lo paragonerei al grigio. Le deduzioni  “geniali” della giovane reporter  sono comparabili alla  scoperta dell’acqua calda nel 2006. I vecchi bacucchi, che si logorano cercando di trovare una spiegazione a quanto avvenuto 25 anni prima, sono ridicoli.
Non è la mancanza di un finale che mi disturba, concordo con King quando afferma che è molto più stimolante raccontare le storie, lasciando che sia poi il lettore a trarne le sue personali conclusioni, ma siamo sicuri che qui ci sia una somma da tirare? C’è qualcuno che dopo avere chiuso il libro si sia soffermato a pensare cosa ci facesse Colorado Kid sull’isola? Credo che la moltitudine si sia rassegnata in fretta alla “non soluzione” e abbia afferrato istantaneamente un qualsivoglia romanzo valido. Forse King, preso da manie di grandezze,  sta sperimentando se riesce a vendere anche il letame? È inutile il diniego. È davvero così, riuscirebbe a vendere finanche la sua lista della spesa.
Sembra che il Re, in un contorto gioco, si immedesimi negli anziani reporter e che lasci a noi il ruolo della giovane giornalista tonta.

L’impressione è che un libro di siffatta specie possa scriverlo chiunque, possedendo un’adeguata prosa, ovviamente. La postfazione non lo scagiona affatto. Se avessi cominciato a leggere King da questo romanzo lo avrei abbandonato al volo, bollandolo come autore scontato e banale. È vero pure che non si può dare sempre il meglio. Pur volendo impratichirsi in altri generi, King non avrebbe dovuto abbandonarsi all’ordinario. Mi domando se la postfazione non sia altro che uno sgravio. Non è un’opera degna del genio di Stephen King. È assurdo pensare che sia, in qualche modo, rapportabile ad un giallo alla Aghata Christie. Buona parte dei fans riterrà questo romanzo un fiasco, non certo per il finale (come aveva ipotizzato King), ma per il contenuto. 
Unico pregio del libro è l’ammaliante, quanto esclusivo, metodo di scrittura del re, che riuscirebbe a far leggere con interesse finanche le istruzioni riportate sulle scatole dei detersivi.

Adele Patrizia D’Atri 23.01.2006

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