Acqua e Sangue

Libri horror

Patrick McGrath

pubblicato nel 2003

Voto: 4.5/10

A volte capita di dover recensire anche una sgradevole lettura.
È il caso del libro che ho appena finito di leggere scritto da Patrick McGrath. Dopo il successo di Follia e Spider, dal quale è stato tratto l’omonimo film, McGrath ha pensato che probabilmente sarebbe riuscito a sorprendere il pubblico anche con quest’ultimo lavoro.
Per molti, però, non è stato così.
Basta navigare su Internet e leggere alcuni commenti inerenti il libro per verificare che McGrath ha deluso non pochi e che in tanti, appunto, ne sconsigliano vivamente la lettura.

Acqua e Sangue non è una raccolta di tredici racconti d’orrore (dell’atmosfera horror non ho colto proprio nulla), ma un insieme di narrazioni contorte e intricate, ambientate in America e Gran Bretagna.
Si parla di strane visioni angeliche (vedasi il racconto L’angelo), casi di vampirismo, ossessioni mentali, delitti crudeli e passionali, notti insonni e senza fine, confusione mentale, famiglie impazzite e chi ne ha più ne metta.
Mi sembra di aver colto nella narrazione qualcosa di ironico, divertente… O forse a provocare questa imperessione sono stati la banalità e l’infantilismo usati dall’autore nel narrare fatti per niente spaventosi?
L’esistenza di una mano tagliata che scorazza qua e là, che masturba il padrone e che palpa il sedere alle ragazze più belle non fa altro che provocarmi una sonora risata, anziché un brivido di terrore e un leggero tremolio delle gambe… (La mano di un maniaco)
L’iniziazione mistico-sessuale di un giovane moscone da parte di una sinuosa libellula in un futuro senza più traccia di esseri umani non esprime terrore alcuno (La patata ero(t)ica).
La paura di una bambina, Emily, nei confronti di un esploratore brutto e trasandato, in fin di vita e che successivamente le appare come visione non mi ha reso per nulla partecipe, sebbene, immedesimandomi nel personaggio della ragazza, ho percepito una sensazione di confusione e destabilizzazione (L’esploratore perduto).
Una mano orribile che spunta, come un fiore dalla terra, dalla testa di uno dei protagonisti di questi racconti non mi ha affatto inquietato. Piuttosto mi ha lasciato perplesso l’atteggiamento di questo povero diavolo nella rassegnata ed impotente attesa di essere preso per mano dalla morte (La mano nera del Raj).
Nel racconto “Victor Bibulus” McGrath delinea le paure, il terrore, le ansie di un pittore che imprime sulla tela le sue orrende visioni. Non è ben chiaro dove l’autore voglia spingersi e cosa voglia trasmetterci. E’ riuscito a procurarmi solo un’inarcata di sopracciglia. Nulla più.

Questi ed altri sette racconti, non citati per clemenza, sono stati letti in poco più di un giorno a ritmo costante. Giuro di non essere riuscito a cogliere qualche tratto narrativo che abbia saputo interessarmi particolarmente o anche solo qualcosa che fosse stato in grado di provocare suspance o pure un minimo sobbalzo. Credo che in questo scritto siano inserite paure “personali” cioè paure di cui solo l’autore ha percezione e che in qualche modo ha voluto trasmettere.
Invano.  
Scarsamente sviluppate e confuse sono le tematiche, in questi tredici racconti; che risultano essere privi di qualsivoglia originalità. L’autore non è riuscito neppure ad imprimere un suo peculiare stile di scrittura. Mani tagliate e apparizione angeliche sono “disseminate” qua e là lungo il narrato. Avrei preferito che l’autore si fosse soffermato con maggiore enfasi e con più costrutto, – per ciascun racconto – su quei particolari che avrebbero potuto trasmettere, se più compiutamente sviluppati, quel sottile brivido che ogni lettore cerca quando si accosta a letture di genere horror.
L’eccesso di dettagli superflui, nell’attimo in cui la suspance dovrebbe raggiungere il culmine, invece, rallenta l’azione, rendendo barboso l’intero volume. Il lettore è assalito da una marea di baggianate anziché essere condotto abilmente alla scoperta del risvolto della trama.
Gli sbadigli sono assicurati e usuali.

Tredici racconti dell’orrore scritti con grande stile e magistrale gusto per la perversione. Il frutto di una visione unica.”, ha detto Clive Barker in proposito.

Questa è stata la frase che mi ha indotto a leggere il libro convinto di trovarvi gusto e piacere. Convinzione – al pari della speranza – davvero mal riposta in tale prodotto letterario del quale, e lo dico con convinzione, avrei sicuramente potuto fare a meno.

Stefano Aiello 30.04.2006

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