Psycho

Hitchcock

locandina REGIA: Alfred Hitchcock
SCENEGGIATURA: Joseph Stefano
MUSICA: Bernard Herrmann
CAST: Anthony Perkins, Janet Leigh, Vera Miles, John Gavin, Martin Balsam, John McIntire, Simon Oakland, Vaughn Taylor, Frank Albertson, Patricia Hitchcock
DURATA: 105 min. (USA, 1960)

Psycho è uno dei capolavori della storia del cinema, senza dubbio “il” capolavoro universalmente noto di Alfred Hitchcock.
Diretto dal maestro nel 1960, e girato in bianco e nero quando ormai da tempo si girava a colori (Hitchcock stesso aveva già utilizzato il colore), è un film inquietante e mozzafiato.
La trama.
Siamo in Arizona (il film fornisce una precisa indicazione temporale: 11 Dicembre, ore 14:43). Una giovane donna, Marion Crane (Janet Leigh), è in una camera d’albergo con l’amante Sam (John Gavin). I due si sono incontrati furtivamente e hanno appena finito di fare l’amore. Sam è divorziato. Ha alcuni vecchi debiti da pagare (tra cui gli alimenti alla ex moglie). Marion spinge per un matrimonio che regolarizzerebbe la loro unione, perché di fugaci incontri in squallidi motel ne ha le tasche piene (non presagendo però che quella sarà l’ultima volta che vedrà l’amato), ma Sam, senza un soldo, non può accontentarla.
Marion, successivamente, riceve, dal suo datore di lavoro, l’incarico di versare in banca 40.000 dollari, frutto di un pagamento in contanti fatto da un anziano signore per l’acquisto di una casa nell’agenzia immobiliare in cui lavora. Si sa, le tentazioni sono forti, e la donna decide di tenere per sé i soldi e scappare in California. Non sentiamo i pensieri di Marion, ma con un semplice, quanto abile, gioco di inquadrature vediamo la donna, il letto sul quale sono posati i soldi, e la valigia. Nei suoi occhi brilla la tentazione e intuiamo che intende fuggire con la somma.
La sera successiva, sulla strada, scoppia un tremendo temporale e la donna decide di fermarsi in un hotel.
Il motel, reso ancora più lugubre dal temporale, è gestito da Norman Bates (Antony Perkins), un giovane apparentemente normale, piuttosto timido ed introverso, che vive solo con l’anziana madre.
Quella notte, Marion sente inveire la madre di Norman dalla casa adiacente. È adirata con il figlio  perché ha invitato la donna a cena. La vecchia signora malata, ma molto autoritaria esercita una notevole influenza su Norman, “castrandone” la libertà.
Marion sarà uccisa poco dopo, sotto la doccia da una mano assassina, nei 30 secondi più famosi (e traumatici!) della storia del cinema!
Da questo preciso momento generazioni di spettatori avranno il terrore di fare la doccia quando sono da soli in casa.
Norman si precipita nella stanza e trova Marion morta. Dopo aver pulito ogni cosa con cura, carica il corpo sulla sua automobile e lo getta in uno stagno poco distante. La povera donna, che si era resa conto dello stupido gesto che aveva fatto e stava tornando indietro a restituire i 40mila dollari (in fondo Marion è una donna onesta e giudiziosa), scompare con la sua auto nell’acqua, assieme al denaro.
Nei giorni seguenti, Sam e la sorella di Marion, Lila (Vera Miles), giungono al motel di Bates, dopo la misteriosa scomparsa del detective privato Arbogast (Martin Balsam),  che si era recato lì il giorno prima. Quest’ultimo, scoperta la firma di Marion sul registro dei visitatori, aveva incalzato Norman. Poco dopo era  stato anche egli  pugnalato a morte, in un’altra memorabile scena (sarà colpito infatti sulla scala di casa, da una figura femminile).
Che sia stata la madre di Norman? La donna non si è ancora vista, ma solo sentita…
Degna di nota l’inquadratura subito dopo il delitto: la telecamera indugia sulla soglia della porta della camera dell’anziana donna, poi si alza e si posiziona a 3-4 metri d’altezza, per inquadrare Norman che trasporta la madre in cantina.
La scena della doccia vale sicuramente il prezzo del biglietto, come si suole dire. Tra l’altro la realizzazione di quei 45 secondi richiese alcune settimane e, in alcune scene di nudo, la pudica Leigh pretese una controfigura.
Lo spettatore è colpito e spiazzato dalla morte di Marion, che avviene a metà film, quando ormai si era affezionato alla donna, ladra ma pentita, in un modo così tragico.
Del resto per esplicita imposizione di Hitchcock, gli spettatori non potevano entrare in sala a film già iniziato.
Un film che è passato alla storia ed ha consacrato Anthony Perkins nel ruolo dello psicopatico. Furono girati un paio di sequel, con lo stesso Perkins, ma naturalmente furono veri e propri flop.
Bates è un omosessuale, con una sindrome da personalità multipla. Un tema, quello dell’omosessualità, che era già stato trattato diverse volte da Hitchcock, ad esempio in “Delitto Per Delitto” e “Nodo Alla Gola“.
In Psycho compare anche, in un breve ruolo, la figlia del regista, Patricia, che tanto per usare un eufemismo non brillava certo per bellezza. Il padre qui non è stato molto tenero, perché le ha fatto pronunciare una battuta infelice: “Stava flirtando con te” – dice a Marion parlando del ricco cliente – “Deve aver notato che io ho la fede”.
I dialoghi hanno un significato sinistro ed inquietante in tutto il film, da quelli fatti a Marion da Bates sulle “trappole” della vita, poco prima che la donna venga assassinata, a quelli di una cliente del negozio di vernici in cui Sam lavora: “io sostengo che insetto o uomo la morte dovrebbe essere sempre indolore”.
Il film dura circa 105 minuti. Tratto dall’omonimo romanzo di Robert Bloch, la celeberrima colonna sonora è di Bernard Herrmann.

CAMEO: come è noto, Hitchcock amava “firmare” i suoi film apparendo in una breve sequenza. In Psycho è un uomo con un cappello da texano, che compare di fronte all’agenzia dove Marion lavora.

GABRIELE FORTINO

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