Nodo Alla Gola
Regia: Alfred Hitchcock
Scritto da: Patrick Hamilton, Hume Cronyn (adattamento)
Musica: David Buttolph, Leo F. Forbstein
Cast: James Stewart, John Dall, Farley Granger, Cedric Hardwicke, Constance Collier, Douglas Dick, Edith Evanson, Dick Hogan, Joan Chandler
Durata: 80 min. (U.S.A., 1948)
È sul sottile filo del macabro che si snoda la trama di “Nodo Alla Gola (Rope)”, film diretto da Alfred Hitchcock nel 1948.
Sebbene il titolo originale sia semplicemente “Rope” (letteralmente “Corda”), il film è conosciuto in Italia anche come “Cocktail per un Cadavere”.
Si tratta di uno dei film più famosi del maestro, interpretato da un grandissimo James Stewart, questa volta nei panni di un professore rompiscatole, che indaga su ciò che i due protagonisti stanno maldestramente nascondendo, un delitto appunto.
Il film si apre un secondo dopo il delitto, quando Brandon (John Dall) ha ancora tra le mani la corda con la quale ha appena assassinato David (Dick Hogan). Oltre che dal carnefice, sulla sinistra, e dalla vittima, al centro, la scena è completata da Philip (Farley Granger), il complice.
Philip è quello che si dice l’anello debole della catena, lo vediamo infatti dubbioso ed intimorito sin dall’inizio. Tra l’altro è interpretato da quel Farley Granger, che poi sarebbe il tennista Guy Haines di “Delitto Per Delitto”, di tre anni più tardi.
Brandon invece è sicuro di sé, convinto che il delitto non verrà scoperto perché semplicemente manca il movente.
In effetti David è stato assassinato per futili motivi, molto probabilmente per una semplice e banale lite, per il puro gusto di assassinare un uomo. Sembra che il film stesso (o meglio, l’opera da cui è tratto) sia stato ispirato da un fatto di cronaca dell’epoca.
E allora, se un delitto è privo di movente, l’assassino potrà mai essere individuato? E ancora, la classica domanda: esiste il delitto perfetto?
Pur se non viene mai detto, Philip e Brandon sono una coppia omosessuale, che convive nello stesso appartamento, e Philip è l’elemento passivo. Curioso notare che anche “Delitto Per Delitto” sarà legato alla tematica dell’omosessualità, ed anche in quel caso Granger subirà le attenzioni dell’assassino. Ma non divaghiamo.
David viene nascosto in un baule, sul quale poi viene apparecchiato un tavolo. Di lì a poco arrivano gli invitati per una cena di commiato: Philip sta per trasferirsi per andare a studiare in un’importante accademia musicale. Adagiato il cadavere in una cassapanca, sulla quale viene poi servita la cena, la serata si svolge però in modo tutt’altro che sereno.
Serpeggiano infatti nervosismo ed ansia. Di Philip, che ha paura di essere scoperto. Del padre di David (Cedric Hardwicke), preoccupato del ritardo del figlio. Di Janet (Joan Chandler), preoccupata non solo del mancato arrivo della vittima (che invece è presente nella cassapanca, a pochissima distanza), ma anche imbarazzata per la presenza di Kenneth (Douglas Dick), suo ex-fidanzato.
Non solo. Alla festa è presente tra gli altri anche Rupert Cadell (James Stewart), ex professore dei ragazzi, che ben presto capirà che c’è sotto qualcosa di strano, e metterà abilmente sotto torchio i due fino alla confessione.
Il film è basato sulla tematica del delitto perfetto. Memorabili i discorsi con Rupert, che sostiene che l’omicidio sia un’arte che solo a certi individui dovrebbe essere ammesso praticare.
Questi discorsi si sovrappongono alla tensione sempre più crescente nella stanza, alle domande incalzanti di Rupert e a certe inquadrature di sicuro effetto.
Ad esempio mentre il discorso sul delitto perfetto continua quasi in sottofondo, la telecamera è puntata fissa sulla governante che lentamente sparecchia la tavola, andando in cucina e ritornando, decisa a riporre alcuni libri nella cassapanca appena avrà terminato di sparecchiare. Lo spettatore sa bene quale sia il macabro contenuto della cassapanca, e rimane in apprensione per tutta la durata della scena.
Un film che rappresenta una scommessa (vinta) del regista: girare un film in un’unica sequenza, che cominci un istante dopo il delitto e si concluda un istante prima dell’arrivo della polizia. Un’opera teatrale, insomma (infatti la trama riprende un’opera di Patrick Hamilton), girato con un unico piano sequenza. In realtà si tratta di diverse scene da 10 minuti l’una (durata di una bobina dell’epoca), e lo stacco per esigenze meccaniche tra una e l’altra è assicurato con l’espediente di inquadrare per un istante il nero della cassapanca, o di una giacca, per poi riprendere con la bobina successiva.
Un’opera che rispecchia le classiche unità aristoteliche di luogo, tempo ed azione.
Lo stesso sistema già utilizzato ne “I Prigionieri Dell’Oceano” del 1944.
Un film che è diventato un cult, ed è passato alla storia.
Da notare che è il primo film a colori di Hitchcock, anche se il Regista ritornerà altre volte al bianco e nero, fino a “Psycho” di 12 anni dopo.
Ma si tratta soprattutto di un esercizio di stile. Forse non esiste il delitto perfetto, ma il film perfetto sì, e questa pellicola ne è la prova.
CAMEO: come è noto, Hitchcock amava “firmare” i suoi film apparendo in una breve sequenza. In “Nodo Alla Gola” appare immediatamente dopo i titoli di testa, camminando sul marciapiede prospiciente alla casa.
GABRIELE FORTINO
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