Luigi Chiatti

Biografie

Soprannome: Il Mostro di Foligno
Luogo omicidi: Italia
Periodo omicidi: 1992 – 1993
Numero vittime: 2
Modus operandi: pedofilo, uccise due bambini
Cattura e Provvidementi: ergastolo

Luigi Chiatti è nato il 27-02-1968.
Trascorse i primi anni della sua esistenza in un brefotrofio di religiose a Narni, dove lo aveva portato il giorno stesso della sua nascita Marisa Rossi, ragazza madre di 24 anni, cameriera in un ristorante che non sapeva come mantenere quel figlio inaspettato. Chiatti non conoscerà mai l’identità di suo padre.
La madre lo andò a trovare per qualche tempo, diminuendo sempre meno la frequenza delle visite, fino a quando acconsentì a porre il figlio in adozione.
Luigi (che all’epoca si chiamava Antonio) rimase nell’orfanotrofio fino all’età di sei anni, nel 1974, quando venne adottato da una coppia di anziani coniugi: i Chiatti.
Il padre, Ermanno Chiatti, faceva il medico, la madre Giacoma Ponti, era una ex insegnante elementare.
La coppia non aveva altri figli oltre al ragazzino adottato; Ermanno Chiatti non era nemmeno convinto di adottare un bambino così grande, ma il pensiero di Giacoma alla fine aveva prevalso sulle indecisioni del marito.
Degli anni passati nel brefotrofio Luigi Chiatti non ne ha mai voluto parlare con nessuno: dice di non ricordare nulla, è come se la sua vita fosse cominciata nel momento dell’adozione.
Pare comunque che il bambino abbia manifestato nell’orfanotrofio un comportamento aggressivo e ribelle, soprattutto nei confronti delle figure femminili. Risentiva negativamente della carenza affettiva e delle frustrazioni vissute in istituto e denotava già  una tendenza ad isolarsi dagli altri. Perciò venne ritenuto urgente il suo inserimento in una nuova famiglia che avrebbe dovuto dargli la massima disponibilità affettiva.
Il 24 Marzo 1974, Luigi venne così affidato ai coniugi Chiatti e, il 13 Giugno 1975, l’adozione viene decretata per legge: Antonio Rossi diventa Luigi Chiatti.

Il rapporto con i genitori adottivi fu difficile ed ambiguo. Chiatti parla di loro in modo critico e senza affetto: “mio padre è stato un padre assente, il suo mondo era solo il lavoro. La cosa che mi faceva più rabbia era che con gli altri scherzava ed era aperto, in casa, invece, il silenzio assoluto da lui stesso imposto; a pranzo TV, poi si chiudeva nello studio, la sera TV e a metà film si addormentava.
Io qualche volta ho provato a parlargli, ma è stato tutto inutile, con lui non si parlava.
Quindi mi salvavo solo con mia madre, con la quale, almeno agli inizi potevo parlare.
Ma poi è finita anche con lei.
Loro erano uniti e concordi, però la mamma rimproverava spesso papà perché non interveniva nei miei confronti. La faccenda non veniva mai approfondita più di tanto, perché lui quando iniziava una litigata si chiudeva nello studio senza parlare.
Da piccolo sono stato un bambino difficile e aggressivo. Mio padre mi rispondeva con il silenzio assoluto, mia madre mi rimproverava e io mi sentivo in colpa verso di lei perché non riuscivo a fare quello che lei mi diceva. Non le manifestavo affetto perché provavo vergogna.
Mio padre mi evitava frequentemente: quando succedeva provavo odio per lui. A causa del cattivo rapporto con i miei genitori mi sono sentito un bambino e poi un ragazzo senza via di uscita: quando provavo a parlare con loro o gli lanciavo dei messaggi, loro mi bloccavano sempre, lo sapevo che soffrivano anche loro…perché io li facevo soffrire; però non mi sono mai ritenuto cattivo.

Chiatti è convinto che il cattivo rapporto con i genitori abbia condizionato non solo l’infanzia e l’adolescenza, ma anche gli anni successivi della sua vita. A tal proposito, ricorda un episodio che a suo parere ha influenzato molto il suo carattere: “Era un giorno di scuola normale…la mia insegnante, nonché la mia vicina di casa, entrò in classe e mi sgridò dicendo che a casa io picchiavo mia nonna; non ho saputo ribattere, sono rimasto in silenzio. A casa piansi, non tolleravo che avessero confessato a lei quel mio comportamento.
Da allora ho incominciato a chiudermi, mi sentivo etichettato come cattivo, provavo repulsione ogni volta che dovevo entrare in casa. Ce l’avevo con l’ambiente in cui mi trovavo, non con i miei“.

Chiatti fu un bambino difficile, sia a casa che a scuola. Quando aveva appena 10 anni, i genitori decisero di mandarlo da una psicologa, Beatrice Li Donnici, che lo seguì per qualche tempo.
Riguardo a questo periodo della sua vita, il “Mostro di Foligno” afferma:
Con lei mi sono sempre aperto in maniera limitata per paura che lo riferisse a i miei genitori; lei conosce solo una parte dei miei problemi, ma non conosce quello vero che è molto più vasto. In me c’era il bisogno di aprirmi, ma non riuscivo a farlo.
Naturalmente la terapia non seppe dare nessun effetto e Luigi rimase chiuso in un mondo tutto suo. Del resto, l’ambiente familiare non lo aiutò ad uscire da questa situazione: Chiatti diventò metodico e preciso fino all’esasperazione, restando infantile nonostante continuasse a crescere: un bambino nel corpo di adulto.

Acquisito il diploma di Geometra nel 1987, svolse il praticantato obbligatorio di 2 anni per potersi iscrivere all’ordine dei Geometri. Rimarrà la sua unica esperienza lavorativa, a proposito della quale Chiatti ricorda: “anche nell’ambiente di lavoro stavo zitto e non mi applicavo molto, sia perché non mi pagavano sia perché mi chiedevo come avrei potuto fare il Geometra con un carattere così chiuso. L’atteggiamento di chiusura e di incomunicabilità ha costituito una costante nella mia vita, è stato uno dei miei problemi perché preferivo stare per conto mio, non parlavo molto, ascoltavo.”
Il 13 Dicembre 1989, partì per il servizio militare, durante il quale ebbe le sue prime esperienze omosessuali.
La vita di Chiatti cambiò completamente il 4 Ottobre 1992, quando incontrò casualmente Simone Allegretti per strada.
In quel momento finì la storia di Luigi Chiatti e cominciò quella del “Mostro di Foligno”.

I FATTI:
Il 4 Ottobre 1992, Simone Allegretti, un bimbo di 4 anni e mezzo di Casale, un paesino vicino a Foligno, scomparve da casa.
Venne cercato per giorni, ma senza risultato. Scartata l’ipotesi di un rapimento ai fini dell’estorsione, a causa delle modeste condizioni economiche della famiglia, si fece strada l’idea che il bimbo fosse rimasto vittima di qualche maniaco.
I giornali ipotizzarono immediatamente l’esistenza di un Mostro.
Pochi giorni dopo la scomparsa del bimbo, un agente immobiliare Stefano Spilotros, si costituì dichiarandosi autore dell’omicidio. Mentre Spilotros era ancora sotto indagine, in una cabina telefonica di Foligno venne rinvenuto il seguente messaggio, anonimo e senza data, scritto con un normografo su un foglio di carta quadrettata:
Aiuto, aiutatemi per favore!!
Il 4 ottobre ho commesso un omicidio.
Sono pentito ora, anche se non mi fermerò qui.
Il corpo di Simone si trova vicino alla strada che collega Casale e Scopoli. E’ nudo e non ha l’orologio con il cinturino nero e il quadrante bianco.
PS: non cercate le impronte sul foglio, non sono stupido fino a questo punto. Ho usato dei guanti.
Saluti al prossimo omicidio,
Il Mostro.

Nel luogo indicato, nascosto in mezzo ai rifiuti, venne ritrovato il corpo del bambino. Morto per strozzamento, il piccolo aveva una ferita da coltello sul collo, molte contusioni, ma non aveva subito nessuna violenza carnale. Gli abiti erano sparsi attorno al corpo.
Le indagini si intensificarono nei giorni seguenti, ma la polizia brancolava ancora nel buio, anche a causa dei numerosi mitomani che si dichiaravano autori dell’omicidio di Simone utilizzando il numero verde istituito per raccogliere qualsiasi informazione.
Qualche giorno dopo l’autodenuncia di Spilotros, venne trovato nella stessa cabina un altro messaggio del Mostro:
Aiuto! Non riesco a fermarmi!
L’omicidio di Simone è stato un omicidio perfetto. Certo, è dura ammettere che sia così da parte delle forze dell’ordine, ma analizziamo i fatti.
1° Io sono ancora libero.
2° Avete in mano un ragazzo che non ha nulla a che fare con l’omicidio.
3° Non avete la mia voce registrata perché non ho effettuato nessuna chiamata. Quindi chi dice che ho telefonato al numero verde sbaglia.
4° Le telecamere non mi hanno inquadrato durante il funerale di Simone perché non ci sono andato. Siete completamente fuori strada.
Vi consiglio di sbrigarvi, evitando altre figuracce. Non poltrite.
Muovetevi. Credete che basti una divisa e una pistola per arrestarmi? Usate il cervello, se ne avete uno ancora buono e non atrofizzato dal mancato uso.
N.B. Perché ho detto che dovete sbrigarvi? Perché ho deciso di colpire di nuovo la prossima settimana. Volete saperne di più? Vi ho già detto troppo, ora tocca a voi evitare che succeda.
Il Mostro.

La promessa di uccidere ancora nell’arco di una settimana non venne mantenuta e le indagini, durate mesi, non approdarono a nulla.
Si giunse così al 7 agosto 1993, quando scomparve da casa Lorenzo Paolucci, un ragazzo di 13 anni. La nonna dichiarò che il giovane mancava da casa da circa 3 ore.
La polizia si mise subito in movimento, vennero organizzate squadre di volontari per esplorare i dintorni. Tra i volontari figurava anche Luigi Chiatti, un giovane Geometra di 23 anni, al momento disoccupato, che aiutò il nonno della vittima nelle ricerche.
Durante il tragitto, il serial killer ne approfittò per sbarazzarsi di alcune buste di plastica, all’interno delle quali, in seguito, verranno rinvenuti dei vestiti sporchi di sangue e la foto del piccolo Simone Allegretti, trafugata quattro mesi prima dal cimitero.
Il cadavere di Lorenzo venne in breve ritrovato, proprio dal nonno, vicino al ciglio di una strada. Evidenti scie di sangue fresco e tracce di trascinamento del corpo conducevano proprio ad una finestra dell’abitazione di Luigi Chiatti.
La polizia fece irruzione in casa: il pavimento del salone sembrava esser stato lavato in maniera grossolana, si intravedevano macchie di sangue; tracce ematiche erano presenti sul muro, su di un davanzale e sul prato davanti l’abitazione. Nella cucina venne trovato un secchio di plastica contenente uno strofinaccio ancora umido e uno spazzolone con il manico di legno. Il tutto venne sequestrato, insieme ad un orologio al quarzo rinvenuto lungo il percorso esterno della casa segnato dalle tracce.
Chiatti venne invitato a seguire gli agenti.
Quando giunse in caserma, indossava dei jeans che presentavano macchie ed aloni (probabilmente causati da sangue). Tutti i suoi indumenti vennero sequestrati, sulla cute si notavano alcuni segni, in particolare sulla schiena vi erano cinque ferite lineari e parallele.
I genitori del piccolo Lorenzo confermarono che l’orologio ritrovato era quello del figlio.
Luigi Chiatti venne arrestato con l’accusa di omicidio a danno di Lorenzo Paolucci e Simone Allegretti.
L’8 agosto 1993, il giorno dopo il ritrovamento il corpo di Lorenzo, Chiatti confermò al magistrato che lo interrogava di essere l’omicida.
Nei corridoi del commissariato, appena catturato, Chiatti ripeteva una specie di filastrocca ossessiva: “non sono stato io, io sono un bravo boy scout“.

La psichiatra che lo ebbe in analisi durante il processo formulò una diagnosi di marginalità e di iposocializzazione.
Secondo la dottoressa, Chiatti denotava un “io” debole, e una certa anaffettività, uno scarso controllo degli impulsi e dispersione dell’identità, tuttavia si orientò verso un disturbo della personalità borderline, suscitando nei periti processuali una serie di dissensi.
Alla fine, la Corte d’Assise d’Appello di Perugia condannò Luigi Chiatti a trenta anni di reclusione, riconoscendogli la seminfermità mentale.
Nel 2004 e nel 2006, il 38enne Luigi Chiatti, senza assistenza legale, ha presentato personalmente una domanda per ottenere un permesso premio. Domanda che è stata puntualmente respinta dal Tribunale di Firenze.

SARA DI MARZIO 30.04.2006

Visita la galleria fotografica dedicata al killer

E-mail : [email protected]

Torna al menù dei Serial killer

(Copyright© occhirossi.it 2004-2009)