John George Haig

Biografie

Foto del serial killer John George Haig Soprannome: L’assassino del bagno acido
Luogo omicidi: Inghilterra
Periodo omicidi: 1944 – 1948
Numero vittime: 7 +
Modus operandi: smembrava le vittime e beveva il loro sangue, i resti sciolti nell’acido
Cattura e Provvidementi: condanato all’impiccagione il 6 agosto 1949

Nei primi anni ’50, nella stanza degli orrori del Museo delle Cere di Madame Tussaud è stata eretta la statua di John George Haigh, un serial killer inglese. Il manichino indossa i vestiti che sono veramente appartenuti all’assassino e, secondo le istruzioni testamentari di Haigh, deve essere tenuto sempre curato, con i capelli a posto e i pantaloni stirati. Ma chi era John George Haigh?

John George Haigh viene dallo Yorkshire, in Inghilterra. Non sappiamo niente sulla sua famiglia, soprattutto sulla presenza di malattie mentali. Si sa soltanto che sua madre, Emily, soffrì di ansia acuta durante gli ultimi tre mesi di gravidanza, ma non è una prova sufficiente. Il marito si chiama John Robert Haigh, sono sposati da 11 anni e lui è stato licenziato dal lavoro (era un caposquadra di una compagnia elettrica).
Perciò, quando John George Haigh viene alla luce, il 24 luglio 1909, la sua famiglia è in gravi condizioni economiche.
Dopo un paio di anni, grazie a dei prestiti, che i genitori di Haigh considerano una vera vergogna, e grazie al nuovo lavoro di Haigh Sr., la famiglia si riprende un po’ e si trasferisce a Outwood, dove John George passerà i primi 24 anni di vita, a suo dire quieti, quasi monastici, senza le gioie tipiche dell’infanzia.

I suoi genitori appartengono infatti ad una setta religiosa, nota come “Peculiar People” o “The Plymouth Brethren”. Una setta purista ed anticlericale.
Il giovane viene cresciuto con racconti tratti dalla Bibbia, gli è vietato praticare qualsiasi sport o divertimento. Viene anche ammonito di riflettere molto prima di compiere una qualsiasi azione, riducendo così il rischio di addolorare Dio.
Ad Haigh viene inculcata l’idea che il mondo è cattivo e che bisogna tenersene lontani, suo padre costruisce addirittura un recinto altissimo tra la loro casa e il giardino dei vicini.

John Haigh, Sr. ha una voglia violacea sulla fronte. Al figlio racconta che essa è il marchio del Diavolo, che gli vuole ricordare i suoi peccati. La madre non ne ha di voglie, lei è sempre stata un vero e proprio angelo in terra.
Questo fatto, l’essere figlio di un angelo e di un peccatore affascina Haigh, ma gli crea anche degli incubi. Esamina la pelle delle persone, cercando di individuare se essi siano o no dei peccatori, e la notte si sveglia di soprassalto, scrutandosi velocemente allo specchio, terrorizzato di aver commesso qualche peccato e di ritrovarsi con il marchio del Diavolo sulla faccia.
Per uscirne, Haigh decide di fare una prova: comincia a dire bugie, a fare birichinate e a trasgredire. Il fatto che non compaia la voglia gli apre immediatamente gli occhi.

Da ragazzo dimostra una grande sensibilità per gli altri, soprattutto verso gli animali. Si affeziona molto a un cane, che cresce con lui e che sostituisce gli amici che lui non può avere. Nutre i cani randagi e i cani dei vicini, è chiaro che gli animali per lui valgono più degli umani.
Per evitare di angosciare e fare arrabbiare i suoi genitori, durante l’adolescenza Haigh sviluppa una parlantina convincente e perfetta: diventa un abile bugiardo, che sa sempre dire ciò che gli altri vogliono sentire. Perciò è raro che il ragazzo faccia arrabbiare sua madre, sa bene quanto faccia male la spazzola per capelli che lei gli sbatte sul dorso della mano ogni volta che è contrariata.
I colpi della madre gli provocano delle ferite, John George se le lecca, toglie il sangue e scopre che gli piace. È un particolare molto comune all’infanzia di tutti i serial killer emofagi. Sempre che Haigh sia stato veramente un emofago.

La più grande passione del giovane Haigh è la musica. Impara a suonare il pianoforte e l’organo, si unisce anche al coro della comunità di Wakefield, a tre miglia di distanza da casa sua. Entra così nel mondo religioso, quello strutturato, non quello anti-ecclesiastico dei suoi genitori. Comincia una doppia vita, divisa tra due mondi diversi, con credenze opposte.
Il fatto che faccia, con il benestare dei suoi genitori, ciò che loro stessi gli hanno sempre indicato come peccato, crea nel giovane una sorta di crisi di coscienza, che secondo gli psichiatri sarà la svolta sociopatica di Haigh.

Un’altra passione di Haigh è quella delle macchine. Dopo la scuola si reca a un’officina, dove si è fatto assumere come apprendista. Dura poco questo lavoro, la sua fobia per la sporcizia lo fa scappare dopo appena un anno.
A 20 anni si può già permettere una macchina di lusso, un’Alfa Romeo rossa fiammante, comprata grazie alle sue grandi capacità finanziarie.
All’età di 21 anni cominciano i primi problemi con la legge, soprattutto per pratiche fraudolente. Viene anche sospettato per furto, ma non viene condannato. Perde però il lavoro per questo.

Nel 1934, Haigh smette di frequentare la chiesa dei suoi genitori e si sposa con una giovane appena conosciuta, Beatrice Hammer, una ragazza 21enne, indipendente e energica.
Il giorno prima delle nozze Beatrice confesserà a un’amica di essere confusa, di non sapere veramente se va all’altare per i soldi dell’uomo o per amore, ma il 6 luglio i due vengono comunque dichiarati marito e moglie.
Sia i genitori di lei che quelli di lui si erano opposti al matrimonio, ma la famiglia di Haigh accetta comunque che gli sposini vivano a casa con loro.
Sarà comunque un matrimonio breve, lungo appena 4 mesi, poiché ad ottobre Haigh viene spedito in prigione per frode. Mentre è in carcere, la moglie partorisce una bambina, che viene immediatamente data in adozione. I coniugi si rivedranno soltanto un’altra volta, giusto per dirsi addio.
La detenzione è per Haigh come una sconfitta provvisoria, ma l’uomo non si perde d’animo e organizza una nuova truffa: vendere macchine in affitto.
La frode gli riesce alla perfezione per diversi mesi..fino a quando non viene nuovamente incarcerato, per quindici mesi.
Mentre è in prigione, Haigh viene ostracizzato dalla setta dei genitori per il suo grave peccato. La cosa lo turba alquanto e, uscito dalla galera, decide di lasciare la propria città natale per trasferirsi a Londra.
Il suo primo lavoro londinese è quello di tuttofare in un parco giochi.
È l’inizio di un nuovo capitolo nella vita di John George Haigh, perché il suo datore di lavoro sarà anche la sua prima vittima.
Il proprietario del parco giochi è Mr. William Donald McSwan, “Mac” per gli amici, un giovane intelligente e dalle ottime prospettive future. A “Mac”, Haigh piace, lo trova un impiegato eccellente, anche se non sa niente del suo passato.
I due uomini diventano presto amici, cenano insieme, si divertono e coltivano la stessa passione per le macchine veloci, i vestiti eleganti e i pub.
Grazie a questa amicizia Haig viene promosso come direttore ma, poiché non sopporta lavorare alle dipendenze degli altri, si dimette presto per montare la sua ennesima truffa.
Organizza così un ufficio legale fasullo, usando il nome di una ditta famosa. Sparge la voce di essere in contatto con quella società, di avere in affidamento un pezzo di terreno di loro proprietà e che deve liquidarlo. Non ci metterà molto ad arricchirsi nuovamente alle spalle degli altri…ma la legge lo colpisce nuovamente, quattro anni di carcere lo aspettano.

Durante questi anni passati in prigione, Haigh discute a lungo di cavilli e questioni legali con i suoi compagni di cella, fino ad arrivare alla conclusione che “se non c’è un cadavere, allora non ci può essere nemmeno la condanna”. Discute così tante volte su questo cavillo, che finisce per dargli addirittura un nomignolo: “Ol’ Corpus Delicti”.
Quando viene scarcerato, Haigh è totalmente convinto che la polizia debba avere un corpo fisico per poter perseguire un assassino. In carcere ha sperimentato l’acido sui topi e sul tessuto animale, assicurandosi soprattutto di quanto si dissolvano i corpi nell’acido. Questa volta il suo piano di arricchimento prevede la presenza di vecchie ricche e di molto acido solforico.

Prima che possa cominciare, avviene l’imprevisto. Nel 1944, Haigh ha un grave incidente automobilistico. Mentre la macchina capotta, l’uomo subisce una brutta botta alla testa, che comporta una ferita molto grave, con il sangue che gli spilla direttamente nella bocca.
Ciò rianimerà in lui, almeno a suo dire, la sete di sangue già avuta durante l’infanzia.
Dopo l’incidente, comincia a fare molto spesso un incubo, un sogno malato fatto di vampiri, crocifissi e foreste sanguinolente.
In quello stesso anno, John George Haigh comincia a uccidere, non prima di aver preparato tutto il dovuto: affitta quindi una cantina, al numero 79 di Gloucester Road, e la utilizza come deposito per le sue damigiane di acido. Adesso Haigh è pronto a trasferire i suoi “esperimenti” dal mondo animale a quello umano.

Qualche giorno dopo aver terminato la preparazione della cantina, Haigh incontra nuovamente l’amico “Mac”. I due cominciano nuovamente a frequentarsi, fino a quando, il 6 settembre 1944, McSwan sparisce misteriosamente.
In futuro, sull’agenda di Haigh, verrà trovata una croce rossa, disegnata a matita al 9 settembre. È molto probabile che sia questa la data della morte di McSwan o almeno la data del suo “appuntamento con l’acido”.
Colto da un’improvvisa sete di sangue, Haigh avrebbe colpito in testa “Mac” con uno strumento appuntito. In seguito, gli ha tagliato la gola, ne ha fatto sgorgare fuori il sangue in un boccale e se l’è bevuto.
Quella notte Haigh fa nuovamente il suo incubo ricorrente, e il giorno dopo si reca al laboratorio con il cadavere di quello che era stato un suo grande amico.
McSwan viene infilato con perizia in un vecchio bidone metallico, piegato in due, con i vestiti arrotolati da una parte. Quindi Haigh riempie dei secchi di acido, che riversa nel bidone. A differenza di quanto succedeva con i topi, l’ambiente viene sommerso in poco tempo dai fumi tossici dell’acido e, a causa della cattiva aerazione, Haigh è costretto a scappare all’esterno.
Ripreso coraggio, Haigh torna dentro l’edificio per sigillare il bidone, ormai pieno di acido fumante, e si reca a casa, per schiacciare una pennichella.
Così, mentre Haigh dormicchia, il suo amico “Mac” si trasforma piano piano in una poltiglia fangosa.

John George Haigh torna alla cantina soltanto due giorni dopo. Nel barile è rimasta una brodaglia puzzolente e nerastra, della consistenza di una crema fatta con latte e farina, ma imbrattata di qualche venatura rossa.

Dopo aver mescolato un po’ il composto, assicurandosi che dell’amico non sia rimasta più traccia, Haigh prende il bidone e ne versa il contenuto in un tombino stradale.
Ciò che prova alla fine del lavoro è un senso d’euforia, di felicità. Un po’ per l’omicidio, un po’ perché nessuno potrebbe mai collegarlo alla morte dell’amico. Sarebbe già fin troppo difficile provare l’avvenuta morte di “Mac”, figuriamoci identificare l’assassino!
A questo punto scatta la seconda fase: entrare in possesso degli averi di McSwan.
Non sarà difficile: siamo in tempo di guerra, McSwan non aveva nascosto ai genitori il desiderio di disertare l’esercito, perciò Haigh racconta che l’uomo è partito per una destinazione misteriosa. Prima di andarsene però ha nominato il suo amico come gestore dei suoi beni.
Con una parte dei guadagni, l’assassino si procura una maschera antigas, una speciale pompa che riversa direttamente l’acido dalle damigiane ai barili, una vernice anti-corrosione e una vasca speciale immune all’acido.

Due mesi dopo, Haigh è pronto per uccidere ancora. La vittima dovrebbe essere una signora di mezza età di Hammersmith. Il condizionale è d’obbligo, poiché la donna non è stata mai identificata né si hanno dei resti da poter analizzare.
Poco tempo dopo tocca ai genitori di “Mac”. Haigh li tramortisce con la stessa arma con cui ha ucciso il loro unico figlio, quindi si disseta con il loro sangue e li dissolve nell’acido. È il 2 luglio 1945, Haigh racconterà in giro che sono partiti per l’America.
Entrato in possesso di tutti i loro beni, se ne sbarazza velocemente facendo perdere le proprie tracce e mettendo da parte 6000 sterline.

In futuro, l’assassino confesserà che la signora McSwan non rientrava nei suoi piani, ma il sangue dell’uomo non l’aveva saziato abbastanza. È una storia molto pittoresca, tuttavia ci sembra evidente che le vere intenzioni dell’uomo fossero quelle di mettere le mani sulle proprietà della ricca famiglia McSwan. E per fare ciò era necessario che fossero tutti morti.
La loro scomparsa non sarà comunque denunciata. Le autorità verranno a sapere della loro morte proprio da Haigh, nel 1949, quando il presunto vampiro confesserà i suoi delitti.

Con una parte dei soldi, John George si trasferisce all’Onslow Court Hotel, un albergo frequentato da ricche signore con le quali l’uomo fa presto amicizia. Trova anche il tempo di compiere un altro omicidio. La vittima sarebbe un certo Max. Non sappiamo altro e mai lo sapremo.

Passano due anni dalla scomparsa della famiglia McSwan ed i soldi finiscono.
L’attenzione del mostro viene perciò attirata da un annuncio, nel quale il Dott. Archibald Henderson, 52 anni, e sua moglie, Rose Henderson, 41 anni, cercano un acquirente per la loro casa.
L’acquisto da parte di Haigh va male, l’uomo non ha abbastanza fondi per entrare in possesso dell’abitazione, comincia però a frequentare gli Henderson, ponendo le basi per una solida amicizia, basata soprattutto sulla passione comune per la musica. Gli Henderson non sono proprio i suoi tipi, troppo mondani e dediti all’alcol. Rose addirittura ha avuto un matrimonio precedente, terminato con un divorzio. Il nostro apprendista vampiro è però un uomo molto paziente, attende il momento opportuno per colpire, per cinque lunghi mesi.
Nel frattempo, affitta un magazzino sulla Leopold Road e il 22 dicembre 1947 ordina tre damigiane di acido solforico.

È il febbraio del 1948, quando John George Haigh si reca, come suo solito, in visita agli Henderson e passa diversi giorni nella loro casa. In questo periodo ricomincia il sogno della foresta di sangue, così l’assassino, esausto e provato emotivamente, decide di passare ai fatti. In realtà, molto probabilmente, più che il sogno poterono i debiti.

Il 12 febbraio, mentre è a fare un giro in macchina con il Dott. Henderson, nei dintorni di Crawley, Haigh sfodera una rivoltella rubata e spara un colpo in testa al dottore. “Parcheggiato” momentaneamente il cadavere nel magazzino, corre a prendere Rose con una scusa, la porta al magazzino e spara anche a lei.
La notte successiva i coniugi Henderson la passeranno nei bidoni pieni d’acido.
Haigh dice di aver bevuto anche in questo caso il loro sangue. Ha, infatti, segnato due croci rosse sull’agenda al giorno 12 di febbraio.
Due giorni dopo, come da copione, il killer ritorna al magazzino per sbarazzarsi del “materiale”. Questa volta uno dei piedi del dottore non si è sciolto completamente, ma Haigh decide di rovesciare comunque il contenuto dei barili sull’erba.
Ufficialmente i coniugi Henderson sono emigrati in Sudafrica. C’è anche una lettera, nella quale Rose confessa che sono scappati dalla legge, poiché suo marito ha compiuto diversi aborti illegali per arrotondare lo stipendio. Ovviamente, con le sue ultime parole Rose dà il permesso ad Haigh di gestire i loro beni, nonostante la donna abbia un fratello. I beni vengono venduti nel giro di pochi giorni, soprattutto alle vecchie signore del Court Hotel, procurando ad Haigh la bellezza di 8000 sterline.

Come al solito, dopo l’omicidio per fare soldi, avviene l’omicidio presunto.
Haigh ha raccontato di aver ucciso una certa Mary di Eastbourne. La polizia non riuscirà nemmeno a scoprire se la ragazza sia esistita o meno, prima di essere sciolta nell’acido.
Nemmeno il tempo di “digerire” il sangue della povera Mary che, a causa del gioco d’azzardo, Haigh finisce nuovamente i soldi.
Non avendo nessuna vittima potenziale tra le mani, l’uomo comincia a spulciare i necrologi, fino a che non trova una vedova “abbordabile”. Le scrive una lettera e le chiede di potersi incontrare.
Per sua (s)fortuna la donna morirà di morte naturale proprio pochi giorni prima dell’appuntamento fissato con Haigh.
Rimasto con un pugno di mosche in mano e sommerso dai debiti, l’assassino ripiega su una donna dell’Hotel, tale Mrs. Olive Durand-Deacon, 69enne, che poco tempo prima gli aveva proposto di aprire insieme una ditta per vendere unghie finte.

La donna è una residente dell’Onslow Court Hotel, nel Kensington Meridionale, dove vive da almeno due anni. Il giorno della scomparsa aveva un appuntamento d’affari con John George Haigh, nel Sussex ma, a quanto dice l’uomo, la signora Olive non si è mai presentata.
Il 21 febbraio, a 24 ore dalla sua scomparsa, lo stesso Haigh e Lane Costance, una amica della donna che si è preoccupata non vedendola né a cena né a colazione, si presentano alla stazione di polizia e fanno denuncia.

La polizia dirama alla stampa le fotografie e la descrizione della donna scomparsa.
Il Sergente Lambourne fa interrogare tutto il personale e tutti i clienti dell’albergo. Tra questi c’è il direttore, che indirizza le indagini nella direzione di Haigh.
Per prassi viene consultato l’Archivio Criminale di Scotland Yard, dal quale emerge che l’uomo è stato arrestato molte volte per frode, che è stato condannato tre volte al carcere per falsificazione e furto. Perciò, nonostante sia stato proprio lui a denunciare la donna scomparsa, Haigh viene immediatamente inserito fra i sospetti.

Il nuovo sospettato tenta comunque di rendersi utile agli investigatori. La sua bellezza, gli occhi azzurri e l’aspetto pulito fanno una buona impressione al Sergente che lo interroga e ai reporter che lo intervistano, inoltre l’uomo risponde a qualsiasi domanda, denotando un’evidente (quanto apparente) preoccupazione per la donna scomparsa.

Malgrado tutti i buoni propositi di Haigh, la polizia, guidata dal Detective Pat Heslin, decide di ispezionare l’edificio in cui l’uomo ha detto di lavorare, un negozio dove, su commissione di alcune fabbriche della zona, Haigh scioglie nell’acido diversi tipi di materiale pesante.
Durante il sopraluogo, gli investigatori trovano degli attrezzi da lavoro, dei carrelli, fogli di carta cellophane rossa tagliate a strisce, un batuffolo di cotone. Ci sono anche tre damigiane piene di acido e bottiglie di vetro da 10 galloni, quasi tutte vuote, dei grembiuli, maschere antigas, stivali e guanti di gomma. Il tutto viene confiscato e messo sotto sequestro per ulteriori indagini.
Nel magazzino dell’edificio viene trovata una scatola con le iniziali J.G.H., all’interno della quale vi sono pezzi di carta con i nomi di tali Archibald Henderson, Rose Henderson, e di tre McSwan. Ci sono anche un certificato di matrimonio, dei passaporti, qualche carta d’identità e delle patenti di guida. Una rivoltella Enfield calibro 38 e otto munizioni sono nascosti invece in una tasca segreta della scatola. La pistola ha sparato di recente.

Quando si scopre che Haigh ha venduto una pelliccia e un diamante di Mrs. Durand-Deacon, firmandosi per giunta con un nome falso, l’arresto è inevitabile.
Portato in fermo nella stazione di Chelsea, Haigh ha un comportamento distaccato e tranquillo: fuma, legge un giornale, si addormenta. Durante l’interrogatorio, lungo tre ore e dal quale non emerge nulla di interessante, arriva in centrale la notizia che Rose Henderson, uno dei nomi presenti sui fogli di carta, è un’altra donna scomparsa e che Haigh dovrebbe essere stata l’ultima persona ad averla vista.
Memore dei suoi dibattiti legali in carcere sull’assenza del corpus delicti, e convinto che polizia non possa toccarlo, l’assassino decide finalmente di confessare la vendita dei gioielli e della pelliccia della signora Olive.
Al termine della breve confessione, Haigh posa il giornale sulla tavola, sempre più sicuro di essere intoccabile e immune dalle accuse, e incalza così gli investigatori: “Se io vi raccontassi la verità, voi non mi credereste mai, sembra troppo fantasioso per crederci. Le dirò subito della donna. Mrs. Durand-Deacon non esiste più, è scomparsa e non è possibile trovare alcuna traccia di lei. L’ho sciolta nell’acido, troverà la poltiglia che ne rimane sulla Leopold Street. Nessuna traccia, nessun cadavere, come può provare l’assassinio se non ha un corpo?”

Nonostante il diritto di non parlare, Haigh non resiste alla tentazione e fornisce anche una dettagliata descrizione di ciò che ha fatto alla signora Olive. Un descrizione talmente dettagliata che ci vorranno ben due ore e mezzo per metterla a verbale.

Mentre la signora Durand-Deacon esaminava della carta per realizzare le unghie finte, Haigh le ha sparato un colpo in testa. Quindi è corso all’automobile, dove ha recuperato delle bottiglie di vetro e un taglierino, con il quale spillare e raccogliere tutto il sangue della donna.
Il corpo è stato quindi gettato in un barile di petrolio, riempito con 45 galloni di acido.

Il crimine ha fruttato all’assassino ben 111 sterline e 10 centesimi, ma non è stato l’unico. Haigh confessa di aver ucciso almeno cinque persone, di averli sciolti nell’acido e di aver bevuto il loro sangue.
Tutti gli omicidi sono avvenuti dopo un sogno ricorrente di crocefissi sanguinanti e di vampiri, che fa ininterrottamente da 5 anni, che gli provoca un desiderio irrefrenabile di uccidere e di bere il sangue delle vittime.

L’uomo viene tenuto in custodia cautelare in carcere, poiché mancano davvero le prove per incastrarlo. La confessione da sola non basta, potrebbe essere un pazzo mitomane.

In galera Haigh, inarrestabile ormai, confessa altri tre omicidi, quello di una donna di Hammersmith, di una ragazza di Kensington e quello di un giovane di Eastbourne. Ovviamente l’uomo ha bevuto anche il loro sangue.
Nove vittime in tutto, secondo i suoi calcoli.

Haigh non prova né rimorso né dispiacere per quello che ha fatto, fa anche una dichiarazione scritta e firmata che attesti questo particolare. E’ evidente che punta all’infermità mentale come tutti i serial killer.
Si apre un dibattito a proposito. La stampa gli crede, troppo folle per essere umano, ma i dottori che lo esaminano hanno qualche dubbio a proposito.

Mentre l’apprendista vampiro viene affidato ai patologi per la stesura del profilo psichiatrico, il Capo Ispettore Mahon prende in consegna il caso e si reca con il Dott. Keith Simpson ad esaminare ulteriormente il magazzino dove Haigh faceva i suoi “esperimenti”.
Il loro obbiettivo è trovare anche il minimo indizio, una minuscola traccia, qualsiasi cosa che possa incastrare Haigh. Un compito arduo, l’acido compie sempre il suo dovere.

Nel recinto fuori del magazzino, viene finalmente notata la fanghiglia descritta da Haigh. Una enorme pozza di liquame, larga 3 metri e profonda una ventina di centimetri, mischiata a dell’immondizia e alle erbacce.
L’occhio esperto del medico individua ben presto un sassolino grande come una ciliegia, un calcolo biliare, e, poco lontano, rinviene quelli che sembrano i frammenti delle ossa di un piede.
La squadra raccoglie il liquido nerastro, nei bidoni viene individuata una forcina e, sul muro, una macchia minuscola di sangue fa mostra di sé.
La fanghiglia viene setacciata attentamente per tre lunghi giorni. I tecnici del laboratorio sono costretti a lavorare con diverse paia di guanti addosso e con le braccia ricoperte di vaselina, ma alla fine la ricerca li ripagherà, portando alla luce 12kg di grasso umano, 3 calcoli biliari, parte di un piede sinistro non completamente eroso, frammenti di ossa umane, un’intera arcata superiore, il manico di una borsa di plastica, un portarossetto.
Ciò che Haigh non ha calcolato, è che l’acido solforico ci impiega almeno tre settimane per intaccare la plastica: ha confessato troppo presto.
L’arcata viene data al dentista della signora Olive mentre. Basandosi sulle ossa del piede, viene realizzata una forma di gesso da confrontare con le scarpe della donna.
Dei testimoni oculari sono sicuri di aver visto Haigh con la donna e sulla pelliccia venduta vengono individuate delle minuscole macchie di sangue. A questo punto l’accusa è pronta e ha abbastanza materiale per riuscire a spegnere il sorriso presuntuoso di John George Haigh.

Il 3 marzo 1949, il Daily Mirror di Londra comincia una speciale rubrica, una serie di macabre storie di omicidi da parte di uno spietato assassino. Il titolo della rubrica è “Caccia al Vampiro”. Non vengono fatti nomi, ma è noto a tutti i cittadini che quelle storie si riferiscono a John George Haigh. Con questa rubrica comincia la fortuna mediatica del mostro.

Il 1 aprile 1949 comincia invece il processo. Haigh partecipa quasi divertito, prendendo nota e canzonando tutti i procedimenti, probabilmente non consapevole della grama situazione in cui è venuto a trovarsi. Nonostante sia troppo povero per permettersi degli avvocati difensori, l’imputato può vantare ben tre difensori, tutti famosi e strapagati, ingaggiati dal reporter del Daily Mirror che segue il suo caso. In cambio, il reporter ottiene dal killer la promessa di poter pubblicare l’autobiografia di Haigh.
È uno strano patto che, in un processo parallelo, costerà una sentenza esemplare ai danni del reporter: 3 anni di reclusione e 10.000 sterline di multa.

Mentre l’accusa, d’accordo con il giudice, evita di tirare fuori la storia del vampirismo, Haigh fa di tutto per ottenere l’infermità mentale, soprattutto sperando nei giornali, che di giorno in giorno gonfiano la storia del serial killer. Una notte arriva addirittura a bere la propria urina in carcere, dichiarando di aver ricevuto l’ordine in un sogno.

In aula si succedono 33 testimoni. L’accusa cerca di dimostrare la capacità di intendere e di volere dell’assassino, portando come prova la sua grande capacità di pianificare gli omicidi molto tempo prima di attuarli. Per esempio, l’acido è stato comprato ben tre giorni prima della morte della signora Olive. Inoltre è palese che ogni omicidio coincida con i periodi di indigenza di Haigh, alla faccia del vampiro assetato di sangue. Tutta la difesa è incentrata invece sulla presunta malattia mentale.
Una volta che la difesa e l’accusa hanno terminato i loro interrogatori, la parola passa ai medici esaminatori, quanto mai importanti in processi di questo tipo.

Sono dodici i dottori che esaminano Haigh in prigione. Alcuni lo interrogano direttamente, altri osservano i suoi comportamenti da lontano o assistono al processo. La prima cosa che li colpisce è la totale assenza di perversioni sessuali nell’imputato. Il fenomeno del vampirismo solitamente subentra sempre e solo in casi di perversione sessuale.
L’assassino viene sottoposto a numerosi test ed esami clinici, ma non affiora nulla di strano. I primi medici avanzano l’ipotesi che egli finga di essere pazzo.
Anche i dottori della difesa, che di solito sono abilissimi ad arrampicarsi sugli specchi, non trovano niente e sono costretti ad agire per supposizioni.

Il parere finale viene lasciato al Dott. Yellowlees, 61 enne professore ed esperto in malattie mentali dell’Università di Londra. Dopo cinque interrogatori, il luminare conclude che l’unica malattia riscontrabile in Haigh è la paranoia, probabilmente dovuta alla sua infanzia, passata all’interno di una famiglia affetta da fanatismo religioso, che ha insito nella sua mente alcune credenze superstiziose, soprattutto sul significato dei sogni.
Il momento in cui Haigh, da ragazzo, ha cominciato a vivere una doppia vita tra chiesa e setta, sarebbe stato fondamentale nella formazione della sua personalità paranoica, una paranoia che Yellowlees classifica come “egocentrica, mistica e ambiziosa”.
Ciò spiegherebbe anche il disinteresse dell’assassino nei confronti del sesso, poiché nei paranoici l’istinto sessuale è sublimato dall’adorazione per se stessi.
Yellowlees è però convinto che l’incubo sanguinoso non sia un’invenzione, ma che semplicemente Haigh lo ha utilizzato come pretesto (con se stesso o per ottenere l’infermità?) per uccidere. Probabilmente non ha mai bevuto il sangue, al massimo lo ha assaggiato.
Il luminare si informa anche sulla vita di Haigh e scopre che ha lavorato come impiegato in un ospedale psichiatrico del Sussex. Ciò spiegherebbe come faccia ad essere così bene informato sulle malattie mentali e sui modelli comportamentali.

Raccolte tutte le perizie psichiatriche, il 18 luglio 1949 si apre l’ultima seduta del processo presieduto dal giudice Justice Humphries.
Quattromila persone si presentano presso il tribunale, accalcandosi e cercando di guadagnare un posto da spettatori all’interno dell’aula. Durante tutta la durata della seduta, Haigh non apre bocca e si limita a giocare con dei cruciverba.
Gli avvocati si scontrano a lungo, dibattono sugli omicidi e chiamano a testimoniare il Dott. Yellowlees. La difesa spera di fargli ammettere che Haigh è un alienato mentalmente, l’accusa vuole dimostrare che la paranoia non è una malattia abbastanza grave da incidere sulla capacità di intendere e di volere. Il Dottore barcolla, ritratta, discute a lungo con gli avvocati. A un certo punto, si alza in piedi legge una pagina di un libro universitario sulle malattie mentali, convinto di dimostrare che i sintomi simulati da Haigh sono gli stessi, come se avesse imparato a memoria una parte.

EPILOGO
Alla fine, la battaglia è vinta dall’accusa. La corte si ritira per deliberare e, dopo soli 15 minuti, torna in aula per dichiarare l’imputato John George Haigh come colpevole di omicidio, condannandolo all’impiccagione.
Nei giorni tra la condanna e l’esecuzione, Haigh ha scritto delle lettere di scuse ai genitori, ha compilato una lettera per una ragazza che frequentava, promettendole di tornare sulla terra per finire la propria missione e ha redatto la storia della propria vita, regalandola al reporter che gli aveva pagato gli avvocati come pattuito.
Si è presentato inoltre da Madame Tussaud per farsi fare il calco del viso.
Il 6 agosto 1949, John George Haigh, l’assassino che dissolse le sue vittime nell’acido è stato giustiziato nel carcere di Wandsworth.
Per anni è rimasto in sospeso il dubbio sulla veridicità della malattia mentale di Haigh. Faceva finta o era veramente pazzo? Beveva o no il sangue delle sue vittime?
Diversi psichiatri hanno studiato la storia a posteriori, concludendo chi in un verso chi nell’altro, anche se la maggioranza di loro propende per l’ipotesi della messa in scena.
A pensarci bene, un uomo che nella sua vita è riuscito con successo a farsi passare per assicuratore, ingegnere, avvocato, venditore di auto, proprietario terriero e ricco erede, non avrà avuto molte difficoltà a fingersi anche pazzo.

Di fronte a me è una foresta di crocifissi, che gradualmente si trasformano in alberi. Dagli alberi gocciola copiosamente un liquido. Apparentemente sembra rugiada o pioggia, ma osservato da vicino, si rivela essere sangue. Improvvisamente la foresta comincia a contorcersi, a sussultare, il sangue schizza ovunque. Ci sono degli uomini, che si avvicinano agli alberi e si mettono a bere avidamente..” (John George Haigh racconta il suo incubo ricorrente

DANIELE DEL FRATE 20-01-2005

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