Herbert Mullin

Biografie

Foto del serial killer Herbert Mullin Soprannome: Il pazzo di Santa Cruz
Luogo omicidi: U.S.A.
Periodo omicidi: 1972 – 1973
Numero vittime: 13
Modus operandi: pugnalava e sparava alle sue vittime
Cattura e Provvidementi: internato in un ospedale psichiatrico

Santa Cruz, California. Sono gli anni ’70 e la cittadina è tristemente nota al mondo come Murderville, la Capitale Mondiale dei Serial Killer. Nella stessa città sono infatti all’opera ben tre predatori.
La polizia fatica non poco a condurre le indagini, dovendo associare ogni vittima al giusto killer.
Il primo dei tre assassini è Big Ed, Edmund Kemper, il gigante (apparentemente) buono che uccide le autostoppiste. Il secondo è John Linley Frazier, il Prophet Killer, una specie di Charles Manson solitario. Il terzo è Herbert Mullin, il protagonista di questa biografia. Tredici vittime, massacrate con delle motivazioni assurde.
Se domandate alla polizia chi è Herbert Mullin, loro vi risponderanno che è un drogato, un pazzo completamente fatto di acidi. Se chiedete ai suoi avvocati difensori, vi risponderanno invece che Herbie è un paranoico schizofrenico incapace di intendere e di volere. Se vi rivolgete invece a Edmund Kemper, egli vi risponderà che “Herb era un semplice assassino a sangue freddo, che uccideva chiunque gli capitasse sotto tiro, senza una buona ragione“.
Lui invece, Herb Mullin, è convinto di essere un eroe che ha salvato la California da un terremoto catastrofico. Il tutto con il sacrificio di tredici persone “consenzienti”. Non è però tutto merito suo, lo avrebbe diretto telepaticamente suo padre, William Mullin, veterano di guerra.

Tra i complici inconsapevoli di Mullin spicca il futuro presidente degli U.S.A., Ronald Reagan, all’epoca Governatore della California, che nei primi anni ’70, con una legislazione apposita, ha fatto chiudere i manicomi dello Stato. In uno di questi era ricoverato proprio Mullin.

Ma procediamo per gradi.

Herbert Mullin nasce il 18 aprile 1947, lo stesso giorno in cui, nel 1906, un terribile terremoto colpì San Francisco. Quel giorno inoltre è morto Albert Einstein.
Queste due coincidenze sono molto importanti, perché avranno un ruolo fondamentale nel disegno cosmico che si andrà formando nella mente dell’Herbert Mullin serial killer.
Herbert Mullin è un bambino brillante e gentile. A cinque anni si trasferisce con i suoi genitori in una piccola comunità agricola vicino a San Francisco dove suo padre, William Mullin, lavora come negoziante. Herb e la sorella frequentano invece la scuola parrocchiale.

Il padre è un uomo austero ma mai cattivo, orgoglioso delle avventure che ha vissuto durante la Seconda Guerra Mondiale. Oltre a raccontare questi episodi ai propri figli, insegna loro ad usare le armi da fuoco. Spesso li sfida scherzosamente a finti incontri di box.
Herb però fraintende, per lui quegli incontri scherzosi sono delle sfide mortali lanciategli dal sadico padre. Da adulto, Herbert rimarrà inoltre convinto che la sua infanzia sia stata ostacolata dai suoi genitori. Certo che suo padre minacciasse chi volesse giocare con lui, sicuro che un giorno William Mullin abbia fatto il porta a porta per obbligare i cittadini a ignorare il proprio figlio.
Herb avrà anche dei risentimenti contro la comunità cattolica che frequenta perché, a suo parere, le storie su Cristo servono per assumere il controllo dei bambini, trasformandoli in degli adulti creduloni e suscettibili a ricevere ordini telepatici di omicidio/suicidio.

Verso la metà degli anni di Liceo di Herbert, i Mullin si trasferiscono a Felton, una piccola città fra i boschi di sequoie giganti, nella Contea di Santa Cruz.
Nonostante il cambio improvviso di residenza, Herb non tarda a rifarsi delle amicizie, diventando anche tra i più popolari della scuola. Gioca a Football con la squadra del Liceo e vince l’elezioni per lo “Studente più Promettente”.
Dopo il Diploma, nel 1965, Herb si iscrive a ingegneria all’Università di Cabrillo. Tiene in considerazione anche l’arruolamento in esercito. Tutto procede alla grande per Herb… ma la schizofrenia paranoide è dietro l’angolo.

L’avvenimento che probabilmente ha fatto da “grilletto” dell’insanità mentale di Mullin è la tragica morte del suo migliore amico, Dean Richardson, rimasto vittima di un incidente stradale l’estate del 1965. In seguito a questa perdita Herb rimane sconvolto. Precipita nella disperazione più macabra, arrivando a costruire nella propria stanza degli altari in memoria di Dean.
Nella mente di Mullin cominciano ad affiorare strane ipotesi sui sacrifici cosmici e sulla reincarnazione. Comincia così a studiare religioni orientali, sperando di approfondire le proprie teorie, sicuro di trovare risposte alla morte del proprio amico.
Lascia anche ingegneria per filosofia… ma dopo qualche mese lascia definitivamente l’Università.

Nella primavera del 1966, Herbert incontra un amico di Dean, Jim Gianera.
Gianera gli consegna della droga leggera e gli fa un sacco di discorsi sul movimento pacifista. Dopo questo incontro, Mullin comincia ad avvicinarsi agli allucinogeni e agli acidi, che non abbandonerà più per molti anni.
Diventa violento ed è ossessionato da un imminente terremoto che sconvolgerà la California. Per questo vuole scappare in Canada. Mullin inizia anche ad avere dei dubbi sulla propria identità sessuale.
Tutti questi cambiamenti improvvisi fanno si che, nel 1968, la sua ragazza di sempre lo lasci.
Quando Herbert si dichiara Obbiettore di Coscienza in occasione della Guerra in Vietnam, si incrinano anche i rapporti con il padre.

Una notte del 1969, mentre è in visita alla sorella, Mullin si mette a imitare ogni azione e parola del cognato. Perfino l’accento e il modo di parlare. Per quattro ore. In medicina si chiamano ecoprassia e ecolalia e sono considerate tra i sintomi della schizofrenia.
La famiglia se ne accorge e il giorno porta il ragazzo al più vicino Ospedale Psichiatrico, dove Herb praticamente si “costituisce”.
Non ci rimarrà comunque a lungo, salvato dalla legge dell’amministrazione Reagan, citata all’inizio di questa biografia. In futuro la famiglia cercherà di far ricoverare Herbie in ben cinque nosocomi mentali… ma nessuno di questi lo trattiene a lungo: stanno chiudendo, uno dopo l’altro. L’alternativa è la clinica privata, ma costa 100$ al giorno, troppo per una famiglia operaia degli anni ’60 come i Mullin.
Herbert Mullin ricomincia così ad aggirarsi per le strade di Santa Cruz. Schizofrenico e schiavo degli acidi e delle droghe. Una miscela che sarà letale per tredici persone.

Dopo la sua liberazione dall’Ospedale Psichiatrico, Herb viene assunto come lavapiatti in un locale sul South Lake Tahoe, ma smette ben presto.
Un giorno, mentre è seduto a gambe incrociate, immobile, guardando fisso davanti a sé, come in trance, Mullin viene avvicinato da un agente. Il Ranger lo invita ad andarsene ma Mullin rimane in quello stato, mentre con una mano cerca di raggiungere il pugnale che tiene in tasca.
Il Ranger arresta il ragazzo per possesso di droghe e tentata aggressione, tuttavia lo rilasceranno dopo soli pochi giorni.

Mullin si trasferisce così a San Luis Obispo, dove divide la casa con un altro ragazzo. L’uomo racconta spesso al suo compagno di ricevere comunicazioni telepatiche che gli dicono di compiere delle determinate azioni. Dopo ogni comunicazione, Herb è costretto a bruciarsi la mano con una sigaretta per evitare conseguenze mentali.
Dopo una di queste “meditazioni” Mullin aggredisce lo zio del suo compagno di casa e per questo viene messo sotto osservazione psichiatrica.

Nel 1970 incontra una donna molto più grande di lui, con la quale vola alle Hawaii.
La storia non dura molto, perché dopo pochi giorni la custodia psichiatrica lo va a riprendere.
Predicando così lo yoga e la non violenza, Mullin si mette a cercare un lavoro, ovviamente indossando la divisa che indica il suo status di paziente psichiatrico.
La sua sanità mentale nel frattempo continua a deteriorarsi e il suo comportamento diventa sempre più eccentrico. Herb si rasa la testa, comincia una dieta macrobiotica e indossa un grande sombrero nero. Comincia anche a imitare l’accento messicano, per dare più credibilità al sombrero.
Si dedica al pugilato, anche se predica la non violenza.
Nonostante disprezzi i figli dei fiori, scrive molte lettere ai giudici e ai legislatori Californiani per ottenere la legalizzazione della marijuana e dell’ LSD.
Sebbene si sia dichiarato Obiettore, fa domanda per entrare nei Marines.
È fatto così Herbert Mullin, lui è tutto e niente.

Nel maggio del 1971, Herb si trasferisce a San Francisco, lontano dalle attenzioni della famiglia. Qui vive in appartamenti decrepiti, in compagnia di alcolizzati e tossicodipendenti. Diventa anche un pugile famoso, soprattutto per la violenza con la quale affronta, o meglio, aggredisce, gli avversari. Lascerà il pugilato dopo la prima e unica sconfitta sul ring, abbracciando l’idea di diventare prete.
Ovviamente i voti non arrivano, bensì arriva lo sfratto, ingiuntogli dal padrone di casa, disperato perché Mullin passa le giornate prendendo a pugni il pavimento e gridando minacce nei confronti di Dio.

Nel settembre del 1972, su indicazione dei suoi genitori, Mullin ricomincia a prendere delle medicine, ma non durerà molto. L’uomo litiga con il padre, lascia la casa dei genitori e smette di assumere le medicine. Ha ancora il chiodo fisso di molti anni prima, quello sull’imminente terremoto che distruggerà la California. Questa volta però Herbert sente che è questione di pochi mesi. Deve intervenire al più presto per evitare una disgrazia senza precedenti.
Una mattina piovosa di ottobre, Herbie decide di uscire a fare una passeggiata. Quasi senza accorgersene, prima di uscire, afferra una mazza da baseball. È più di una settimana che suo padre gli trasmette delle comunicazioni telepatiche ordinandogli di uccidere.
Dopo aver guidato a lungo per una strada che affianca il fiume, Mullin individua un pedone solitario. Si tratta del Samaritano, Lawrence White, un santone hippy, un senza tetto, come ce ne sono tanti in quegli anni.
Herbie ferma la sua Chevrolet del 1958 e finge di avere un danno al motore. White si avvicina e Herbert lo colpisce violentemente alla testa con la mazza da baseball.
Dopo aver buttato il corpo senza vita del Samaritano fuori dal margine della strada, Mullin si dirada velocemente a bordo della propria vettura.
White era un 55enne solo al mondo. Quando il suo corpo viene ritrovato, nessuno si premura di fare denuncia per l’assassinio.
Secondo Mullin, White era la reincarnazione di Jonah, personaggio della Bibbia, che telepaticamente gli aveva chiesto di essere sacrificato per salvare l’umanità.

Sperando che l’arte faccia da sbocco emotivo per suo figlio, la signora Mullin regala ad Herb la biografia di Michelangelo. Dopo la lettura però, Herbert si convince di dover imitare l’artista del Rinascimento in un altro modo: sezionando corpi. (Michelangelo passava ore a sezionare corpi umani per riuscire a imitarne alla perfezione le forme sulla tela o nel marmo.)
Il libro ispira così un altro omicidio. Herbie è addirittura convinto che sua madre glielo abbia regalato apposta per suggerirgli di sezionare una persona.

Nonostante le storie che girano a Santa Cruz sulle autostoppiste decapitate e stuprate, la 24enne Mary Guilfoyle decide comunque di fare l’autostop. Ha staccato tardi dal lavoro e non vede l’ora di tornare a casa.
La ragazza è fortunata a metà, Edmund Kemper sta “agendo” su di un’altra strada… purtroppo però la carica a bordo Herbert Mullin.
Dopo poche centinaia di metri, appena la sua passeggera si è rilassata, Herb estrae un coltello da caccia e la pugnala ripetutamente al torace, causandone la morte immediata.
Mullin trascina il corpo della ragazza in un’area abbandonata, lo apre e comincia ad esaminarne gli organi. La vista del corpo sgozzato non deve essere piaciuta molto al serial killer, poiché non tenterà mai più di fare una cosa del genere né sarà disposto a raccontare la scena alla polizia.

Il 2 novembre, uno dei più santi giorni per un cattolico, Mullin si trova per caso in una chiesa di Los Gatos, sulle colline di Santa Cruz.
Ha con sé un pugnale, per difesa personale, anche se la chiesa è apparentemente vuota.
Non lo è. In uno dei confessionali c’è Padre Henri Tomei. Un cattolico veterano della Seconda Guerra Mondiale, proprio come il padre di Herbert.
Accortosi della sua presenza nella chiesa, Mullin raggiunge il Ministro di Dio nel confessionale e lo accoltella. Padre Tomei, nonostante i 65 anni, resiste al primo colpo e ingaggia una colluttazione con l’aggressore. Avrà la peggio, trovando anzitempo la morte.
Un fedele, che ha assistito all’aggressione, scappa a chiamare la polizia e fornisce un primo identikit del ricercato. Mullin ha anche lasciato delle impronte, ma le indagini della polizia si dirigono sulla pista satanista e qui si fermano.

Nello stesso mese, Herbie fa domanda per entrare nella Guardia Costiera. Viene rifiutato e ciò risveglia in lui l’odio per i figli dei fiori che, con le loro droghe e le loro belle parole pacifiste, gli hanno rovinato la vita, facendolo diventare un Obiettore di Coscienza. È giunta l’ora di vendicarsi.
La vittima designata è un suo vecchio amico, studente di medicina, John Hooper. Herbert vorrebbe andare a trovarlo portando con sé un coltello da caccia, ma John vive con altre nove persone.

Nel frattempo viene accettata una sua domanda di entrare nei Marines. L’evento distrae Mullin dai suoi propositi omicidi, ma non li cancella. Li rimanda di qualche mese.

Il 15 gennaio 1973, Mullin passa gli esami fisici e psichiatrici per far parte dei Marines. Il suo sogno finisce però il giorno dopo, quando la nuova recluta rifiuta di firmare un documento, con il quale dovrebbe attestare che non è mai stato arrestato: Mullin viene congedato seduta stante.
Deluso e amareggiato, il 19 Gennaio, Mullin trova un appartamento cadente e abbandonato vicino alla spiaggia e qui si stabilisce per un paio di giorni. Seduto per terra, fissando il vuoto e ascoltando le voci che riempiono il suo cervello e che gli ordinano di uccidere.

La nuova vittima prescelta dalle “voci” è Jim Gianera. Colui che diede per la prima volta della droga a Herbert e che gli parlò per la prima volta degli ideali hippy. Nella mente di Herbert Mullin, Gianera è colui che ha mandato a monte tutta la sua vita.
Il 25 gennaio 1973, Mullin si presenta alla capanna di legno sulle montagne che Jim Gianera e sua moglie Joan dividono con i coniugi Francis. Quando Kathy Francis gli rivela che Jim si è trasferito in città, Mullin ringrazia e se ne và. Ma tornerà…

Pochi minuti dopo Gianera sente bussare alla porta e si reca ad aprire all’inaspettato ospite. Sull’uscio si trova però Herbert Mullin, in lacrime.
Dopo aver urlato: “Mi hai imbrogliato!!”, Herbie pugnala Jim ad un fianco. Ferito l’uomo si trascina al piano superiore, dove sua moglie sta facendo un bagno. Mullin lo segue e li uccide entrambi, sparandogli alla tempia. Non contento li pugnala a lungo, in più parti del corpo.
Finito il lavoro, Mullin fa la sua prima decisione “logica” all’interno dei propri crimini: decide di tornare alla capanna di legno per uccidere Kathy Francis, suo marito e i loro due figli. Sanno che ha chiesto di Jim. Sono testimoni potenziali e grazie al loro aiuto gli investigatori potrebbero collegarlo all’omicidio Gianera.
Quando Herbert arriva alla casa non ci pensa due volte. Entra senza bussare e comincia a fare fuoco. Bob Francis non è ancora tornato dal lavoro, ma per Kathy e i due figli non ci sono speranze. Dopo averli uccisi a colpi di pistola, Mullin accoltella ripetutamente anche i loro corpi.
In seguito a questo duplice massacro, i sospetti della polizia si dirigono prima sullo stesso Bob Francis, l’unico sopravissuto, poi agli spacciatori della città. Sia i Francis che i Gianera erano conosciuti come spacciatori e alla polizia l’omicidio sembra un regolamento di conti.
Mullin è ancora una volta al sicuro, insospettabile.

Nei mesi successivi, cominciano ad emergere una dopo l’altra le vittime degli altri due Serial Killer della zona di Santa Cruz. Prima la ricca famiglia sterminata da Frazier, poi le autostoppiste di Kemper, poi ancora la 24enne autostoppista sezionata da Mullin. La città è nel terrore e la polizia è nella confusione. Quanti assassini ci sono in città? Uno? Due? Tre? Tantissimi? E chi ha ucciso chi? Per fortuna i tre predatori non si conoscono tra di loro né sono in competizione…

Tra il Ranger del parco Henry Cowell State Park e i quattro adolescenti Brian Scott Card, David Oliker, Robert Spector e Mark Dreibelbis non corre buon sangue. I ragazzi si sono trasferiti a vivere in delle tende abusive che hanno piantato nel bosco. Hanno chiamato il loro campo-base “Il Giardino dell’Eden” e ignorano ogni invito a lasciare il parco.
Non faranno in tempo ad essere espulsi con la forza, perché prima di allora incontreranno sulla loro strada Herbert Mullin, sedicente angelo vendicatore.

Mullin scopre le tende illegali mentre si sta aggirando per i boschi. I quattro ragazzi invitano Herbert a passare un po’ ditempo con loro, ma lui si oppone. Li rimprovera per aver deturpato una proprietà statale e si allontana indignato.
I ragazzi reagiscono scoppiando in una risata generale che la mente di Mullin interpreta come un invito telepatico ad essere uccisi. Sono anche seduti intorno al fuoco in un cerchio che sa di mistico: Herbert non può deluderli. Ci vogliono pochi secondi: Mullin li fa fuori uno dopo l’altro a colpi di pistola.
Questa ovviamente è la versione dell’assassino. In realtà la scena del delitto denoterà agli investigatori una lotta furiosa tra i ragazzi e il loro aggressore, con diversi tentativi di fuga stroncati sul nascere. Il campo è praticamente buttato all’aria. Mullin si è poi accanito sui cadaveri, sparando ripetutamente su di essi.

Il 13 Febbraio, Mullin si sveglia con l’idea di raccogliere un po’ di legna da ardere per i suoi genitori. Prima che abbia finito però, riceve nuovamente una comunicazione telepatica da suo padre: “Non ci consegnerai nemmeno un pezzo di legna fino a che non uccidi qualcuno. Per esempio Zio Enos..”
Ma Zio Enos abita troppo lontano, così Herbie comincia a guidare senza metà nella mattina nebbiosa di Santa Cruz, fino a che non incappa in Fred Perez, un pensionato intento a fare dei lavoretti nel proprio giardino. Mullin gli spara un colpo al cuore che ne causa la morte immediata, poi si allontana in auto.
Questa volta il crimine non è dettato da odio. Perez non apparteneva a nessuna delle categorie odiate da Mullin. Sotto arresto, Herbert racconterà come sempre che il pensionato era telepaticamente consenziente, pronto a sacrificarsi per il bene dei Californiani.

Questa volta c’è però un testimone oculare, un vicino, che si è affacciato sentendo il colpo di pistola. L’uomo vede Mullin, vede la sua macchina e descrive entrambi con ricchezza di particolari. Poche ore dopo Herbert William Mullin è in mano alla legge.

Il primo interrogatorio si rivela frustrante per gli investigatori. Herbie risponde a ogni domanda con “Il Silenzio!”, avanti per ore, senza un segno di cedimento.
Il dottore che lo sottopone alla visita medica di routine rimane invece spiazzato. Nessuno si sarebbe aspettato di trovare tatuate sul petto di un assassino di hippy delle frasi del tipo: “Legalize Acid”, “Eagle Eyes Marijuana”, “Mahashamadhi Kriya Yoga.”
Anche il sopraluogo all’abitazione di Mullin non fornisce indizi interessanti. Vengono trovati soltanto una Bibbia, un libro di Einstein sul tempo, delle note a dir poco deliranti, degli articoli di giornale sugli omicidi degli ultimi tempi e un indirizzario.

Il primo dubbio che la polizia ha intenzione di sciogliere è: quali sono le vittime di questo giovane? È lui che decapita le autostoppiste? La balistica lo indica come l’assassino dei Gianera e dei Francis, ma nulla più. In totale sei omicidi.
Il giorno dopo vengono ritrovati i corpi dei ragazzi nel bosco. Dopo qualche giorno, vengono recuperate le impronte digitali lasciate nella chiesa di San Mary dall’assassino di Padre Tomei.
L’omicidio di Mary Guilfoyle è ancora considerato come opera dell’assassino delle autostoppiste (Edmund Kemper), ma ancora per poco. Il Modus Operandi non è il solito.

Qualche tempo prima, per calmare l’opinione pubblica, le autorità erano riuscite a costruire una storia di spaccio di droghe e mafia dei medicinali intorno a ogni omicidio compiuto da Mullin. I bravi cittadini di Santa Cruz non avevano così nulla di cui temere e le autorità potevano lavorare in pace.
Ma adesso, in tribunale, è tutta un’altra cosa. L’abuso di droghe e medicinali non basta per motivare undici omicidi (alla lista mancano ancora Lawrence White e Mary Guilfoyle).

Alla prima udienza preliminare viene nominato avvocato difensore James Jackson, colui che poco tempo prima ha difeso Frazier e che, qualche tempo dopo, difenderà Edmund Kemper. Mullin però si rifiuta di essere difeso da un avvocato con i capelli lunghi e implora il giudice di potersi difendere da solo. Non sarà l’unico ostacolo ideato dall’imputato per ritardare l’inizio processo.
Gli psichiatri, convocati per stendere la consueta analisi psichiatrica, raggiungono presto l’unanimità del proprio verdetto: schizofrenia paranoide.
La difesa ovviamente punta all’infermità mentale, l’accusa come al solito punta allo standard di McNaughton: se l’imputato riconosce la differenza tra giusto e sbagliato, allora è da considerare colpevole, indipendentemente dalla malattia psichiatrica di cui può essere affetto.
Per aiutare l’opera dei suoi difensori, Mullin comincia a raccontare le sue storie di terremoti da prevenire con sacrifici umani e di voci nella testa che lo invitano a uccidere.

Nel frattempo viene tratto in arresto anche Edmund Kemper III. Per un caso fortuito, i due criminali diventano vicini di cella. I due litigano continuamente, ma alla fine la spunta la mente dominante di Big Ed. Il gigante (apparentemente) buono maltratta in ogni modo Mullin, arrivando a trattarlo come un servo, premiandolo con delle noccioline se si comporta bene e punendolo invece con delle secchiate d’acqua quando Herbie si mette a cantare (evidentemente Mullin inganna così il tempo in cella) senza aver chiesto prima il permesso allo stesso Kemper.

Se i problemi di Big Ed sono da imputare al rapporto con la madre, Mullin non ha mai avuto un bel rapporto con suo padre. Oltre a raccontare che sarebbe stato il padre a dirigerlo telepaticamente, Mullin è convinto che il genitore sia stato in passato un omicida di massa. Addirittura insiste che vengano paragonate le impronte digitali del genitore con quelle di tutti gli omicidi avvenuti in California e nell’Oregon dal 1925 in poi. Sempre suo padre sarebbe stato la causa dell’incidente mortale avvenuto nel 1965 al grande amico di Herbert.

Il processo si apre ufficialmente il 30 luglio 1973 con le puntuali obiezioni dell’imputato.
Dopo una prima fase di testimonianze che lasciano poche speranze a Mullin, il 4 agosto sale sul banco dei testimoni lo psichiatra Donald Lunde. Con se porta una cassetta audio, sulla quale ha registrato la filosofia speciale di Mulin. È l’ultimo tentativo disperato della difesa per ottenere l’infermità.
I discorsi all’interno del nastro sono tanti e sono uno più folle dell’altro. Risaltano soprattutto la teoria sui terremoti (“Se controllate la cronologia delle guerre e delle carestie, noterete che in quei periodi di morte la percentuale dei terremoti è più bassa del normale“) e la rivisitazione della storia di Jonah che, secondo Mullin, si è buttato in mare per salvare i propri compagni. Il suo sacrificio infatti ha calmato le acque tempestose del mare. Nella Bibbia in realtà Jonah viene buttato in mare dai compagni e la balena lo salva.

Come mai è stato scelto proprio Herbert per salvare la California dal terribile terremoto? Mullin scioglie questo dubbio con grande facilità: lui è l’eletto, è nato nell’anniversario della morte di Einstein e del grande terremoto del 1906. Lo stesso Einstein è morto apposta per lasciare il proprio posto sulla terra a Mullin.
Nella cassetta l’omicida se la prende anche con la sua famiglia, tutta, compresi i parenti più lontani. Una famiglia di omosessuali (a suo dire), donne comprese, che gli ha impedito con la forza di essere bisessuale come lui avrebbe voluto. Tutto per gelosia del divertimento che egli ne avrebbe ricavato.. o forse perché credono nella reincarnazione e, per dispetto, hanno voluto impedire a Herb di avere una prossima vita migliore di questa.

Il processo continua con Mullin che punta il dito contro tutto e contro tutti. La famiglia, colpevole di aver ostacolato la sua potenza e di non avergli permesso di prepararsi una futura vita migliore, i giudici che non capiscono il suo gesto eroico per salvare la California dal terremoto. Alle sue accuse non sfugge nemmeno la polizia di Santa Cruz, che non l’ha tenuto in prigione quando fu arrestato per possesso di droga (“Se la polizia mi avesse spedito in prigione non avrei ucciso nessuno! Avevo violato la legge! Cosa volevano fare? Aspettare che compiessi qualcosa di più grave per potermi rinchiudere a vita?“). Ovviamente tutte le vittime erano telepaticamente consenzienti e si sono sacrificate volentieri per salvare gli altri Californiani.
L’omicida dichiara di essere comunque sfuggito ad alcuni dei comandi telepatici che gli impartivano le “voci”. Una volta gli è stato detto di suicidarsi, ma non lo ha fatto. Un’altra volta, in dicembre, ha rifiutato di compiere altri due omicidi perché era stufo di uccidere gente innocente.

Nonostante l’imputato denoti un certo livello di follia, è l’accusa a vincere il processo. A giudizio della giuria, Mullin ha compiuto troppe azioni razionali durante i suoi crimini: ha nascosto il cadavere del santone, ha pulito dal sangue la mazza da baseball, ha ucciso i Francis perché erano testimoni scomodi.
Il 19 agosto 1973, dopo 14 ore di deliberazione, la giuria dichiara l’imputato Herbert William Mullin colpevole di due omicidi di primo grado e di undici omicidi di secondo grado. La condanna è l’ergastolo, con la possibilità di uscire sulla parola nel 2025.

Qualche giorno dopo la condanna, uno dei membri della giuria scriverà un’infuocata lettera all’amministrazione Reagan, accusando il Governatore di aver causato la morte di tredici persone, chiudendo i manicomi della California.
Un anno dopo questa lettera verrà fatta una legge speciale che permetterà ad alcuni Ospedali Psichiatrici della California di riaprire.

La storia ci insegna che un piccolo sacrificio umano può scongiurare un grande disastro naturale” (Herbert Mullin intervistato da uno psichiatra sulla teoria dei terremoti)

DANIELE DEL FRATE 12-06-2005

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