Gary Ridgway – The Green River Killer
Soprannome: The green River Killer
Luogo omicidi: Seattle (Washington U.S.A.)
Periodo omicidi: 1982 – 1998
Numero vittime: 48
Modus operandi: strangolava le sue vittime, segni di necrofilia
Cattura e Provvidementi: 48 ergastoli
Il caso del “Green River Killer” ha lasciato l’America, in particolare lo stato di Washington, con il fiato sospeso per decenni ed in particolare nei primi anni ’80, benché le vittime fossero tutte (tranne una) prostitute.
Dal 2001, questo incubo ha un nome: Gary Leon Ridgway, 54 anni, residente a Des Moines.
Una volta arrestato, in parte anche con lo scopo di evitare la pena di morte, Ridgway ha collaborato pienamente con gli inquirenti e ha confesseto 48 omicidi, di cui 42 su 49 di quelli attribuiti dagli inquirenti al “Green River Killer”: ciò significa che 7 omicidi sono rimasti insoluti. Indubbiamente una nota negativa, che però non ha rovinato del tutto la gioia degli inquirenti, dato che la caccia al “Green River Killer”, che ha visto persino un serial killer come Ted Bundy collaborare nel tentativo di fare un profilo dell’assassino, durava ormai da oltre 20 anni.
La biografia in questione tratterà della vita di Gary Leon Ridgway e poi dei suoi 48 omicidi, all’incirca uno per uno. La catena degli omicidi che verrà descritta sarà interrotta laddove nello stesso periodo è accaduto qualcosa di importante nella vita di Gary Ridgway o nelle investigazioni.
Infine verranno trattati il suo arresto e il processo.
Gary Leon Ridgway nacque il 18 febbraio 1949, da Tom e Mary Ridgway, a Salt Lake City, nello Utah, come secondo di 4 figli. Il primo, Gregory aveva un anno di più, il secondo, Thomas, un anno di meno, il terzo Thomas Edward due anni di meno.
Nel 1960, quando Gary aveva 11 anni, la famiglia si trasferì nello stato di Washington, in una casa con 3 camere da letto, a McMicken Heights. I residenti di lunga durata nella zona affermano che il posto non è cambiato molto negli anni, con case piuttosto piccole, grossi terreni e pochi marciapiedi. Alcune case sono state rifatte ed espanse, ma sostanzialmente la zona era rimasta con un look anni ’50.
La casa dei Ridgway aveva dietro di sé una strada e davanti una piccolo bosco con grandi alberi ed arbusti. La casa rimase di proprietà della famiglia per 41 anni e Ridgway non si spostò mai lontano dalla sua residenza, ad eccezione dei due anni che passò in Marina Militare.
Crescendo, negli anni ’50, Ridgway si fece una reputazione di ragazzo simpatico ma non propriamente brillante, avanzando stentatamente dalla Bow Lake Elementary School (scuole elementari) alla Chinook Junior High (Junior High School) alla Tyee High School (High School, l’equivalente delle nostre scuole superiori).
I compagni di classe e i vicini di casa se lo ricordano come un ragazzo normale: gentile, quieto, sorridente e che non dava molto nell’occhio.
Come studente era invece sotto la media rispetto agli altri, non che non fosse intelligente, ma imparava lentamente e leggeva male. Alla Tyee High School faticò non poco, ma alla fine riuscì a diplomarsi all’età di 20 anni nel 1969.
Uno dei suoi lati positivi era che l’eccellere nelle materie parascolastiche come nello sport, sopratutto nel football americano.
Complessivamente comunque compagni di classe e vicini di casa ricordano poco di lui negli anni ’60. Ad eccezione dello sport, Gary si fece notare in poche cose.
Anche con le ragazze non ebbe particolare fortuna. Una di esse, di nome Jeannie Casanova, ricorda di essere uscita una volta a vedere un film con Gary intorno alla metà degli anni ’60, ma che era un pessimo amante e non ci uscì più.
Gary era un tipico adolescente con tutti i problemi e i complessi tipici dell’adolescenza: cercava di imitare i grandi, fumava sigarette, aveva l’acne, ogni tanto faceva scherzi e talvolta era anche maleducato. Così lo ricordano la stessa Jeannie Casanova e sua sorella, che ogni tanto insieme ad altri amici organizzava delle feste per adolescenti a McMicken Heights.
Di certo Gary faceva quello che poteva per rendersi simpatico, considerando che nella sua famiglia erano tutti molto chiusi, i genitori in particolare erano persone che non si mischiarono mai con il resto della gente del quartiere né invitarono mai qualcuno a casa.
Nonostante tutte queste difficoltà, l’anno successivo, il 1970, fu un anno molto importante per Gary, perché incontrò quella che diventerà la sua prima moglie: Claudia Kraig, una ragazza di un anno meno di lui.
Ridgway incontrò Claudia nell’estate del 1969, dopo che si diplomò all’high school e nel 1970 i due si sposarono. Un matrimonio probabilmente nato anzitempo e che infatti durò poco.
Claudia lo descrisse sessualmente “normale” e soddisfacente, tuttavia ebbe una tresca con un amico in comune mentre Gary era impegnato in un viaggio di 6 mesi con la Marina Militare.
A causa della scoperta del tradimento, i due divorziarono di comune accordo il 14 gennaio 1972. Successivamente Ridgway descrisse il comportamento di sua moglie mentre lui era fuori come quello di una “puttana”.
Ridgway intanto aveva lasciato la Marina Militare nel 1971 e, dopo un tentativo fallito di entrare nella polizia, trovò lavoro come operaio specializzato verniciatore alla Kenworth Truck Co., una ditta dove lavorò per decenni, fino al suo arresto. Per il suo lavoro prendeva 21 dollari l’ora ed era un lavoratore affidabile.
Verso il finire del 1972, Ridgway conobbe quella che un anno dopo diventerà la sua seconda moglie: Marcia Winslow. Tra di loro ci fu un colpo di fulmine e cominciarono a convivere quasi fin da subito, fino al 14 dicembre 1973, giorno del loro matrimonio.
La coppia visse in vari luoghi, tutti comunque abbastanza adiacenti: Renton, Federal Way e nella zona ovest di Seattle. Ridgway e la Winslow formavano una normalissima coppia, che traeva piacere dalle cose normali e belle della vita quali, ad esempio, andare in bicicletta lungo il vicino Green River e fare l’amore nell’erba alta per non essere visti da nessuno.
La Winslow si lamentava che troppi weekend Ridgway li passasse nella casa dei genitori, ma per il resto la coppia sembrava funzionare e i due ebbero un figlio, Matthew, che nacque il 5 settembre 1975.
Il loro benessere era però solo apparente.
Più tardi, Maria Winslow dirà che Ridgway la vedeva solo come un oggetto sessuale e una massaia, chiedendo spesso di fare sesso anale, sesso orale mentre stava guidando e preferendo fare sesso all’aperto, includendo una varietà di luoghi nella contea di King (molti dei quali diventeranno luoghi di scarico delle sue vittime) e in altri posti nei pressi del fiume Green.
Quel che è interessante notare è che diversamente dalla persona sociale e vitale descritta dalla prima moglie, la seconda moglie descrisse Ridgway come una persona senza rapporti sociali oltre a quelli del matrimonio, qualcosa in lui era evidentemente cambiato.
Allo stesso tempo, prese ad avere abitudini strane o addirittura pericolose, cercando di farle spavento sbucando dagli angoli delle strade, camminando silenziosamente dietro di lei ed in un caso anche a soffocarla con le proprie mani rischiando di ammazzarla, senza un apparente motivo.
Ad ogni modo, con la nascita del loro figlio, Gary divenne fanaticamente religioso.
La famiglia frequentava due chiese, una Battista e l’altra Pentecostale e Ridgway per un certo periodo fece anche proselitismo porta a porta. La sera stava davanti alla tv con una bibbia aperta nelle sue mani e talvolta durante le funzioni religiose piangeva.
Le cose andarono avanti così, in una relativa tranquillità, fino al 1980, quando la coppia cominciò a scricchiolare. Gary Ridgway e Marcia Winslow si separarono e, nel maggio del 1981, divorziarono con molta animosità da ambo le parti, tanto che ad entrambi fu messo un ordine di restrizione reciproco.
Matthew rimase con la madre e a Ridgway rimase la possibilità di prenderne la custodia a weekend alternati, ma lui stesso utilizzò molto poco questo suo diritto.
E’ probabile che quel secondo matrimonio fallito, l’animosità reciproca ed anche fattori esterni quali il fanatismo religioso e una certa sua propensione al sesso estremo, che andava a cozzare con i suoi principi religiosi, rappresentarono per Ridgway fattori di enorme stress che la ritrovata solitudine non fece altro che alimentare.
Non mancò difatti molto tempo prima che gli omicidi nei dintorni del Green River iniziassero.
Gli omicidi sono moltissimi: ben 48, ma ho intenzione di trattarli tutti, in ordine il più possibile cronologico.
La vicenda del “Green River Killer” iniziò ufficialmente il 15 agosto del 1982, quando Robert Ainsworth, un signore di 41 anni, si imbattè in una figura di donna di pelle nera che galleggiava ad un pelo sott’acqua mentre stava risalendo il fiume a bordo di un gommone in direzione Seattle. Credendo fosse un manichino, tentò di agganciare la figura con una pertica, ma accidentalmente il gommone si rovesciò e lui precipitò nel fiume. Una volta in acqua, si accorse con orrore che quella figura non era un manichino, ma una donna morta. Voltandosi per raggiungere la riva, si accorse di trovarsi a fianco di un’altra donna nera e seminuda, morta. Come in un incubo, Ainsworth, circondato da due cadaveri, nuotò fino a raggiungere riva in stato di shock e, quando vicino a lui passò un uomo con due bambini in bicicletta, disse loro di chiamare subito la polizia.
Pochi minuti dopo arrivò la polizia sulla scena del crimine, gli inquirenti sigillarono l’area e subito dopo iniziarono la ricerca di indizi, che portò ad un’altra macabra scoperta.
In un’area erbosa, a pochi metri dal fiume, stava un’altra ragazza morta, seminuda. La ragazza era stata strangolata con un paio di pantaloni annodati al collo e probabilmente, come stabilì in seguito il medico legale, aveva cercato di reagire perché mostrava segni di contusioni sia sulle braccia che sulle gambe. Gli altri due corpi erano probabilmente rimasti in acqua per diverse settimane, perché mostravano uno stato di decomposizione molto avanzato.
Tutte e tre le donne erano morte in seguito a strangolamento.
La zona si rivelò essere una vera e propria discarica di cadaveri, in quanto in pochi giorni i cadaveri trovati nelle vicinanze erano saliti a cinque.
Lo sfortunato uomo col gommone non sapeva che nella stessa zona, nel giro di 2 mesi, erano stati trovati altri sei cadaveri (gli inquirenti considerarono opera del “Green River Killer” solo cinque su sei).
La prima donna era stata a trovata nel mese di luglio. Si chiamava Wendy Coffield ed era stata strangolata prima di essere gettata nel fiume l’8 luglio 1982, la seconda si chiamava Deborah Bonner e il suo cadavere fu trovato alcuni giorni dopo, completamente nudo, appoggiato ad un tronco sul Green River. Anche lei era stata strangolata ed uccisa il 25 luglio 1982.
Le altre 3, trovate sempre nel Green River, furono la trentenne prostituta Marcia Chapman, la diciassettenne prostituta Cynthia Hinds e la sedicenne prostituta occasionale Opal Mills.
Tutte e cinque le donne erano state strangolate e facevano le prostitute.
Nella sua confessione, Ridgway dirà in seguito di averle uccise in un periodo compreso tra l’8 luglio e il 15 agosto, premeditatamente e con l’intento di ucciderle.
Dopo aver trovato così tanti cadaveri, all’incirca nello stesso posto e nel giro di pochi mesi, per gli inquirenti non fu difficile comprendere di trovarsi di fronte ad un serial killer e cercarono di trovarlo quanto prima. Di certo non immaginavano che si sarebbe trattata di una caccia della durata di quasi 20 anni e che dopo quelle 5 donne ne sarebbero morte altre 43.
Gli sforzi per far si che ciò non accadesse comunque non mancarono, dopo la scoperta di quei cadaveri venne formata una task force imponente come non se ne vedevano dai tempi della caccia a Ted Bundy, a cui parteciparono il Maggiore Richard Kraske, il detective David Reichert, il profiler dell’FBI John Douglas e l’investigatore Bob Keppel, molto apprezzato per il suo ruolo determinante otto anni prima nel caso Ted Bundy quando accumulò preziosi indizi sul serial killer.
Le investigazioni conobbero subito dei momenti difficili: a causa del grande ammontare di informazioni sul caso fu necessario ricorrere a volontari per organizzare i dati. La ricerca di informazioni frequentando le prostitute e interrogandole in cerca di particolari che potessero rivelarsi preziosi non diede invece buoni frutti.
All’inizio fu possibile catturare solo uno stupratore, che però non era connesso minimamente con gli omicidi. Successivamente ci furono varie testimonianze di donne che dissero che un uomo a bordo di un autocarro blu e bianco le aveva rapite e poi le aveva stuprate, talvolta minacciandole con una pistola. Tra queste ci fu la testimonianza di una certa Debra Estes che nonostante avesse soltanto 15 anni faceva già la prostituta.
La ragazza accettò di salire sull’autocarro di quell’uomo e venne minacciata con una pistola, portata in un luogo isolato in mezzo al bosco e lì stuprata violentemente prima di essere lasciata nuda ed ammanettata nel bosco, da dove poi lei si mosse immediatamente in cerca di aiuto.
Ricercando quest’uomo in autocarro la polizia si imbatté nel settembre del 1982 in un certo Charles Clinton Clark che fu effettivamente riconosciuto dalle sue vittime, compresa la Estes.
L’uomo possedeva due pistole e gli fu perquisita minuziosamente l’abitazione oltre naturalmente al suo veicolo.
Clark venne imprigionato con l’accusa di stupro di 2 ragazze, ma aveva dei solidi alibi per i periodi in cui erano state uccise le altre donne, inoltre se davvero era l’assassino del Green River perché lasciare libere le sue vittime?
In seguito, gli investigatori seguirono una pista che portava direttamente agli uomini che collaboravano come volontari alla task force, ma anche quella si rivelò una pista sbagliata.
Intanto il profiler John Douglas stese il suo primo profilo dell’assassino che secondo lui era un uomo sicuro di sé, di mezz’età, impulsivo e che probabilmente tornava sulle scene del crimine più volte. L’assassino, sempre secondo Douglas, aveva molta familiarità con l’area e probabilmente aveva delle profonde convinzioni religiose. Infine, era probabile che si interessasse attivamente nel lavoro della polizia per sapere come procedevano le investigazioni.
Bisogna ammettere che non era arrivato molto distante dalla realtà.
Ritornando al passato, c’è da segnalare la prima vittima di Ridgway, quella che secondo gli inquirenti potrebbe essere stata la prima ad essere uccisa dal Green River Killer, nei primi mesi del 1982, anche se non vi sono certezze in merito perché Ridgway fa risalire la morte di questa ragazza in un periodo compreso addirittura tra il primo gennaio 1982 e il 1984.
La vittima venne ritrovata casualmente solo il 21 marzo 1984 da un cane. Gli esami medico legali stabilirono che la ragazza aveva intorno ai 15 anni e fornirono i dettagli anatomici, ma non è stato possibile in nessun modo, a tutt’oggi, di identificarla. Lo stato dei suoi resti era veramente pessimo ed aveva anche il cranio rotto, non si sa se rotto da Ridgway o successivamente da qualche evento naturale o da qualche animale.
Quello che si sa è che Ridgway ricordò di essere tornato sulla scena del crimine il giorno successivo al delitto, per fare sesso con il cadavere, che venne infine abbandonato in una zona boscosa e acquitrinosa piuttosto isolata e coperta da fogliame e detriti.
La ragazza rimarrà per sempre senza nome e venne semplicemente identificata come Jane Doe “B10”.
La successiva vittima del “Green River Killer” ad essere ritrovata, dopo quelle trovate nel fiume, fu un’altra prostituta giovanissima: Giselle Lovvorn, di 17 anni, di cui non si avevano più notizie da luglio. Il suo corpo venne ritrovato il 26 settembre 1982, da un motociclista che, passando in una zona dove c’erano diverse case abbandonate vicino all’aeroporto Sea-Tac, sentì un odore nauseabondo e decise di investigare, trovando infine il corpo della Lovvorn, strangolata a morte con un paio di calzini da uomo.
Anche se il suo corpo non era nelle dirette vicinanze del Green River, gli uomini della task force erano convinti si trattasse di un altro omicidio del “loro uomo” e difatti era così, come testimoniò lo stesso Ridgway molti anni dopo.
Il successivo macabro ritrovamento fu quello di Terry Milligan, una prostituta di 16 anni, che scomparve il 29 agosto 1982. La ragazza fu strangolata nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1982 e il giorno dopo Gary, manifestando ancora una perversione di tipo necrofilo, tornò sul luogo del delitto per avere un rapporto sessuale con il cadavere. Il corpo stava sviluppando il rigor mortis e il killer disse in seguito di esserne rimasto incuriosito, tanto da voler scattare varie foto del cadavere in una strana posizione con le gambe aperte e le ginocchia ricurve.
La nona vittima del serial killer fu Mary Meehan, che venne uccisa il 15 febbraio 1982.
Era giovane ed era al settimo mese di gravidanza, ma di questo a Ridgway non importò nulla.
La fece salire sul suo pickup e insieme si recarono ai bordi di una bosco piuttosto isolato, a sud dell’aeroporto Sea-Tac di Seattle, un’altra delle sue zone di elezione per lo scarico delle vittime. Ridgway la convinse a scendere e a fare sesso all’aperto, cosa che lei sembrò accogliere favorevolmente. Giunti in una radura nel bosco, Mary gli disse però che gli avrebbe praticato solo sesso orale, probabilmente a causa del suo stato di gravidanza, cosa che fece arrabbiare notevolmente Ridgway che disse di aver pagato per un rapporto completo. Fu così che senza pensarci due volte la prese e la strangolò con violenza.
Lui disse di non sapere che era incinta, ma anche se lo avesse saputo l’avrebbe uccisa lo stesso. Dopodiché, utilizzando degli attrezzi che aveva sul pickup, scavò una fossa e seppellì la vittima insieme al suo feto, morto con lei.
Quella fu la prima vera e propria fossa scavata da Ridgway per seppellire una delle sue vittime che, fino a quel momento, erano state più che altro nascoste sotto cumuli di fogliame, detriti e rami secchi.
Intanto, per un curioso scherzo del destino, Ridgway uccise il 20 settembre 1982 proprio la quindicenne Debra Estes, che era riuscita a fuggire al maniaco dell’autocarro ma non a Ridgway, che la strangolò a morte. Il suo corpo risultò presto tra le scomparse, ma non venne ritrovato fino al 30 maggio 1988, ben 6 anni dopo, quando alcuni operai che stavano svolgendo dei lavori nei dintorni trovarono i suoi resti scheletrici dentro una fossa poco profonda.
Insieme a lei erano stati sepolti alcuni suoi indumenti. Debra Estes era la decima vittima del killer.
Nell’arco del 1982, la polizia ebbe un’incredibile occasione di fermare l’assassino, avendolo arrestato durante una retata della polizia nell’ambito della prostituzione, ma il suo fu considerato un semplice caso di cliente che andava alla ricerca di prostitute e non venne praticamente preso in considerazione dalla task force. Quella fu l’unica occasione concreta che la polizia ebbe per fermarlo tra il 1982 e il 1983, ovvero negli anni in cui Ridgway uccise il maggior numero di persone.
Arrivò l’autunno del 1982 e con esso un nuovo omicidio di Ridgway: Linda Rule, 16 anni, intorno alle 2.30 di notte stava lavorando come prostituta, aspettando clienti in un parcheggio vicino ad un ospedale di Seattle, quando qualcuno la caricò sul suo veicolo e di lei si persero definitivamente le tracce. Quello che rimaneva di lei fu trovato 4 mesi dopo, in un bosco vicino all’ospedale a nordovest di Seattle. La vittima era stata strangolata, ma per qualche motivo inizialmente non venne catalogata tra le vittime del “Green River Killer”, nonostante le molte somiglianze con gli altri omicidi.
La paternità di questo crimine venne data a Ridgway dopo che lo confessò lui stesso nel giugno 2003, durante l’interrogatorio in cui confessò tutti i suoi crimini agli uomini della task force che si occupavano del suo caso.
Ridgway ricordò di essere andato con questa ragazza in una casa abbandonata vicino all’ospedale e poi di averla strangolata prendendola da dietro. Successivamente si divertì a dare fuoco ai capelli della giovane, ma, preoccupato che qualcuno potesse essere attirato dalla luce del fuoco, lo estinse quasi subito.
Due tra le successive vittime, per la precisione la tredicesima e la quattordicesima furono invece trovate in Oregon, ma Ridgway non aveva cambiato la sua zona di caccia che più o meno erano sempre le stesse, quanto piuttosto la zona di scarico, che cambiava molto frequentemente, mettendo in crisi gli stessi inquirenti che trovavano le vittime dopo anni e dovevano pazientemente decidere se collegarne o meno l’omicidio al serial killer.
Le vittime in questione erano sempre prostitute: Denise Bush, di 23 anni, e Shirley Sherrill di 18 anni. Entrambe furono caricate nei dintorni di Seattle, strangolate e poi trasportate in Oregon, dove furono scaricate. Ridgway ammise questi due omicidi nella sua confessione del 2003, ma non ricordò molti dettagli al riguardo.
Di Shirley Sherrill fu solo ritrovato il teschio e qualche mucchio di ossa. Si pensa che Denise Bush venne uccisa l’8 ottobre 1982 e Shirley Sherrill il 20 ottobre 1982.
Nel frattempo, si considera che nel ritmo forsennato di omicidi che Ridgway tenne tra il 1982 e il 1983, tra le due vittime trasportate in Oregon, il serial killer ne uccise un’altra: Shawnda Summers, una prostituta di 17 anni che venne uccisa il 2 ottobre 1982. La sparizione avvenne senza alcun testimone nei paraggi. Ridgway, dopo averla portata in un luogo vicino all’aeroporto Sea-Tac (da nord) fece sesso con lei, quindi la strangolò stringendole un braccio intorno al collo.
Nella sua confessione del 2003, l’assassino non ricordò con precisione dove avesse posizionato il cadavere, ma poi, ritornando sul posto, riuscì ad indicare con precisione il luogo a nord dell’aereoporto.
Il cadavere della Summers fu ritrovato l’11 agosto 1983, sepolto in una buca poco profonda, tra la 146esima strada e la 24esima a nord dell’aereoporto Sea-Tac, vicino ad un albero di mele.
Le successive due vittime di Ridgway vennero uccise tra il primo e il 31 dicembre 1982 ed entrambe rimasero senza nome perché non furono mai identificate, anche a causa del fatto che i loro resti, ridotti ormai a sole ossa, vennero trovati il 30 dicembre 1985, sparsi tra le colline del Mountain View Cemetary.
Quando agli inquirenti fu chiaro di trovarsi di fronte ad una nuova “zona di scarico” del “Green River Killer”, si misero al lavoro setacciando tutta la zona e trovando resti scheletrici appartenenti ad almeno 3 donne.
Due rimasero senza nome perché mai identificate (quelle uccise nel 1982), mentre per l’altra fu possibile identificarla grazie a degli esami radiografici che stabilirono che si trattava di una certa Kimi-Kai Pitsor, una prostituta occasionale di 16 anni che Ridgway portò nella sua abitazione per stuprarla violentemente e poi ucciderla.
Questo omicidio avvenne molto tempo dopo gli altri due e per la precisione il 17 aprile 1983.
Volendo infatti andare in ordine cronologico, possiamo dire che le due vittime non identificate, ribattezzate dalla polizia “Jane Doe B16” e “Jane Doe B17”, erano la quindicesima e la sedicesima vittima di Ridgway, mentre Kimi-Kai Pitsor era la ventiquattresima vittima. Da notare, per capire
con quanta rapidità agisse Ridgway in quel periodo, che tra il dicembre 1982 e l’aprile 1983, aveva già ucciso altre 8 volte, mentre ancora gli inquirenti annaspavano nel buio. tra piste errate e testimonianze che non venivano correttamente utilizzate.
La diciassettesima vittima di Ridgway fu uccisa la vigilia di Natale, il 24 dicembre 1982, e si trattava ancora una volta di una prostituta: Colleen Brockman, una giovanissima ragazza di 15 anni, scappata di casa, che batteva abitualmente i marciapiedi e conosceva bene la strada, ma non abbastanza da sfuggire dalle mani del suo assassino. Ridgway fece salire Colleen quasi in centro a Seattle, vicino a Chinatown e dopo aver fatto sesso la uccise direttamente nel retro del suo pickup. Durante la confessione, Ridgway ricordò che la ragazza durante lo strangolamento lo implorò di lasciarla in vita, a quel punto Ridgway si alzò e finì di soffocarla schiacciandogli il piede sul collo, fino a che non esalò l’ultimo respiro.
Il suo cadavere fu ritrovato il 26 maggio 1984 da tre ragazzi in una specie di tunnel sotto Jovita Boulevard, una strada di Seattle.
Dopo l’omicidio della Brockman, Gary Ridgway si prese una pausa di qualche mese per poi riprendere a pieno ritmo con l’approssimarsi della primavera del 1983.
La prima vittima del nuovo anno fu Alma Smith, una prostituta che scomparve, intorno alle 21 del 3 marzo 1983, in una strada dove in futuro scompariranno altre due vittime di Ridgway.
In quel caso ci fu una testimonianza di un uomo, che la vide entrare su un pickup blu con un uomo che corrispondeva alla descrizione fisica di Ridgway.
I resti scheletrici di Alma furono trovati il 2 aprile 1984, in un bosco vicino alla Star Lake Road, altra zona d’elezione di Ridgway per lo scarico delle sue vittime.
Durante la sua confessione, il serial killer si ricordò dettagliatamente di quest’omicidio ricordando come andò tutto liscio. “Alma” – disse Ridgway – “non diventò incontinente mentre la strangolavo così non ho dovuto nemmeno pulire l’auto prima di scaricare il corpo.”
Anni dopo, nel 1986, il compagno di stanza con cui viveva Alma Smith, riconobbe nella foto segnaletica di Ridgway un uomo che poteva assomigliare a quello che era stato visto prenderla su un pickup nella notte in cui scomparve, successivamente però non riconobbe il pickup come quello su cui era salita.
La successiva vittima di Ridgway scomparve in una data non precisata, tra l’8 e il 17 marzo 1983, nella contea di King, senza nessun testimone presente.
Si trattava della diciassettenne Dolores Williams e di lei non si seppe più nulla fino al 31 marzo 1984, quando i suoi resti scheletrici furono trovati nei pressi della Star Lake Road. Il corpo venne trovato ricoperto di rami, fogliame e detriti ed era completamente nudo.
Ridgway, nella sua confessione, non si ricordò molto di questa sua diciannovesima vittima, se non il fatto che era stata la seconda delle tre che aveva nascosto nella zona nei pressi della Star Lake Road. Anche lei come le altre morì strangolata.
Un mese dopo fu il turno di Gail Mathews, ventesima vittima di Ridgway, scomparsa il 10 aprile 1983 e nascosta nei pressi della Star Lake Road come quasi tutte le vittime di quel periodo.
Gail aveva 23 anni e faceva la prostituta. Come le altre vittime precedenti venne uccisa tramite strangolamento.
In quel caso il suo fidanzato la vide allontanarsi a bordo di un pickup, con a bordo un uomo bianco dai capelli biondi ricci, ma la testimonianza anche in questo caso non servì a nulla in quanto gli inquirenti erano presi a seguire svariate piste, tutte sbagliate che non portarono a nulla se non a sospettare persone innocenti o a scoprire crimini minori.
Dopo la Mathews toccò alla diciannovenne Yvonne Antosh andare ad ingrossare il carniere di Ridgway. La povera Yvonne aveva iniziato a fare la prostituta da poche settimane e per sua sfortuna Ridgway fu quindi uno dei primi clienti che incontrò. L’ultima volta fu vista il 31 maggio 1983, mentre usciva dal Ben Carol Motel dove viveva.
Ridgway la portò a casa sua, la legò ai polsi e alle caviglie, ci fece del sesso e poi la uccise strangolandola. Infine caricò il suo cadavere nel pickup e lo trasportò fino ad una zona dalla fitta vegetazione nella contea di King, dove fu trovata, nell’ottobre 1983, da due ragazzi che giocavano.
La ventiduesima vittima fu Andrea Childers. In base alla confessione di Ridgway, prima lui ebbe un rapporto sessuale con la ragazza e poi la strangolò. Secondo la sua descrizione, mentre la strangolava la ragazza defecò e lui successivamente la pulì, le tolse i vestiti e i gioielli e poi, pur senza scavare una fossa, la nascose nella zona sud dell’aeroporto, in una buca talmente profonda e nascosta che quando il cadavere fu ritrovato, pur a distanza di un certo periodo di tempo, era rimasto in discreto stato non essendo rimasto vittima di predatori animali né dagli agenti atmosferici.
Mentre le indagini si arenavano altrove, Ridgway procedeva come una locomotiva e a soli 3 giorni dalla scomparsa di Andrea Childers ne uccise altre due in un solo giorno: Kimi-Kai Pitsor di cui abbiamo già parlato più sopra e Sandra Gabbert di 17 anni.
Quella sera Sandra era praticamente arrivata all’ultimo cliente quando, per sua sfortuna, prima di rientrare nel motel in cui viveva con il suo fidanzato, incontrò Ridgway che la portò in un luogo isolato e lì la uccise strangolandola. Il suo corpo fu ritrovato il primo aprile 1984, in una piccola depressione su una collinetta, nascosta sotto fogliame e detriti.
Successivamente Joel Hardin, un esperto di scene del crimine, ebbe modo di notare come tutta l’area intorno al cadavere denotava che l’uomo aveva agito con tutta calma, senza assolutamente farsi prendere dal panico, segno ormai di una grande disinvoltura nel commettere omicidi e di come commetterli. Anche in quel caso spuntò fuori la testimonianza di un uomo, che faceva jogging, che affermò di aver visto in una mattina di primavera del 1983 un pickup parcheggiato stranamente a ridosso di una collinetta dove in genere non andava nessuno.
La descrizione era in tutto e per tutto simile a quella del pickup del fratello di Ridgway, che Gary spesso usava, ma anche quella testimonianza andò persa nella montagna di dati da cui la task force non seppe tirare fuori i risultati che tutti si attendevano.
Passarono circa due settimane e fu la volta di Marie Malvar, una prostituta diciottenne che viveva a Des Moines nella contea di King. La sera del 30 aprile 1983, lavorava come prostituta e salì su un pickup di colore scuro guidato da un uomo, vicino ad una fermata del bus sulla 260esima strada sud.
Il fidanzato di Malvar era presente sulla scena e, dopo che la ragazza salì sul pickup, salì in auto e seguì il pickup per controllare che fosse tutto a posto. Ci fu però un punto in cui perse di vista il pickup e da quel momento non ebbe più notizie della sua ragazza che venne strangolata e poi sepolta in uno dei nascondigli di Ridgway, vicino al Mountain View Cemetary.
Dopo l’omicidio di Marie Malvar, ci fu un’altra grossa occasione per arrestare Ridgway, ma fu sprecata. Il ragazzo della Malvar si recò dalla polizia, ammise che la sua ragazza faceva la prostituta e che era scomparsa dopo essere salita su un pickup di colore scuro guidato da “un messicano” o un “indiano”.
L’informazione inizialmente fu fuorviante, ma successivamente lo stesso ragazzo tornò dalla polizia dicendo che cercando personalmente il pickup nel vicinato aveva visto lo stesso pickup identico, parcheggiato sulla trentaduesima Strada Sud davanti al numero 21859 di Sea-Tac, proprio il posto dove viveva in quel periodo Ridgway.
Due investigatori di Des Moines si recarono alla casa di Ridgway, il 4 maggio 1983. L’uomo ammise di essere stato arrestato in passato per essere andato con prostitute, ma negò di essere andato con Marie. Poche settimane dopo, un impiegato dell’aeroporto trovò la licenza di guida di Marie all’aereoporto di Sea-Tac e successivamente si sparsero molte voci, del tipo che Marie si era tinta i capelli di biondo e si era trasferita di nascosto alle Hawaii o che aveva trovato lavoro ad Hollywood. Nel febbraio del 1985, la sua famiglia era convinta, in base a determinate informazioni, che la loro congiunta si trovava ad Hollywood o a Long Beach o a Tacoma. I suoi familiari erano convinti che fosse ancora viva e, nel 1986, un parente disse addirittura di averla sentita al telefono.
Intanto il ragazzo di Marie Malver fu interrogato dalla task force che dava la caccia al “Green River Killer” ed accettò anche di essere messo sotto ipnosi per vedere se riusciva a ricordarsi dettagli maggiori dell’uomo che l’aveva presa con sé sul pickup, ma la strategia non funzionò.
Tutti i familiari della ragazza sperarono fino all’ultimo che Marie Malver, pur non facendosi sentire, avesse trovato una sua strada, una sua vita, che vivesse felice da qualche parte, ma le speranze vennero cancellate tra il 28 e il 29 settembre 2003, ben 20 anni dopo l’omicidio, quando circa 60 ossa, incluse un cranio e una mandibola, furono ritrovati nell’area in cui Ridgway aveva nascosto il corpo della ragazza. Alcune ossa mostravano ancora segni di molte legature e dall’impronta dell’arcata dentale si stabilì che le ossa appartenevano proprio a Marie Malver. Il ritrovamento fu possibile grazie alla confessione di Ridgway, che si recò sul posto scortato da una dozzina di agenti.
Prima ancora che i detectives di Des Moines e gli uomini della task force si recassero da lui, il 2 maggio Ridgway aveva fatto un’altra vittima.
La ragazza si chiamava Carol Christensen, aveva 20 anni e fu uccisa il 3 maggio 1983, alle 14.30. Lei a differenza delle altre non faceva la prostituta, era una semplice cameriera che all’uscita dal lavoro cercava un passaggio e le capitò di prenderlo dall’uomo sbagliato. Il suo cadavere fu ritrovato cinque giorni dopo, l’8 maggio 1983, in un bosco in Maple Valley. La ragazza era completamente vestita e stavolta l’assassino si era divertito a metterla in una posa grottesca: distesa supina con un sacco marrone sulla testa, tolto il quale veniva rivelata una trota piazzata sul collo ed una che stava sul petto sinistro mentre una bottiglia di vino si trovava sullo stomaco e delle salsicce nelle sue mani.
Come tutte le precedenti vittime del “Green River Killer”, era stata uccisa tramite strangolamento, in questo caso con una corda. Carol Christensen è stata l’unica vittima non prostituta di Ridgway, che però probabilmente pensava che lo fosse.
Non particolarmente intimorito dalle visite degli inquirenti ricevute pochi giorni prima, Ridgway, molto sicuro di sé, come se niente fosse, tornò ad uccidere il 22 maggio 1983.
La nuova vittima, la ventisettesima, si chiamava Martina Authorlee e scomparve la notte di domenica 22 maggio 1983.
Martina era una ragazza afro-americana, che aveva avuto un’infanzia difficile, con un passato in riformatorio e vari guai con la legge, fino a quando all’età di 15 anni autonomamente decise di calcare i marciapiedi e di fare la prostituta. Quando fu uccisa di anni ne aveva 18.
Ridgway la portò a casa sua e lì la uccise, strangolandola dopo averla legata. Il suo corpo venne poi gettato in un luogo poco visibile, vicino al miglio 36 dell’autostrada 410, e il suo cadavere venne trovato il 14 novembre 1984.
Passò un solo giorno e Ridgway uccise ancora. A morire fu Cheryl Wims, una diciottenne prostituta occasionale di colore che ebbe la sfortuna di essere uccisa il giorno del suo compleanno in un mese in cui Ridgway fu particolarmente attivo, il maggio 1983, con ben 5 omicidi realizzati.
Il corpo della Wims fu ritrovato a poca distanza da quello di “Jane Doe B10” il 22 marzo 1984. Gary Ridgway ricorda molto poco riguardo a quest’omicidio.
Dopo di lei toccò ad una certa Carrie Rois, anch’essa prostituta, scomparsa tra il 31 maggio e il 15 giugno 1983. La memoria di Ridgway a volte faticava a ricordare tutti quei nomi e quelle uccisioni, ad ogni modo durante la confessione lo stesso Ridgway ricordò che la ragazza in questione era giovanissima, aveva solo 15 anni compiuti da poco, ma faceva già la prostituta. La sua carriera in quell’ambiente degradato e sordido durò molto poco perché Ridgway non ebbe pietà a strangolarla come tutte le altre e a nasconderla a poca distanza da dove aveva nascosto Sandra Gebbert, una delle sue precedenti vittime.
Puntuale come la morte (è proprio il caso di dirlo), Ridgway colpì ancora dopo una sola settimana e la sua nuova vittima, fu Constance Naon, terza vittima nascosta a sud dell’aeroporto, nonché la trentesima in assoluto. Constance aveva un lavoro pulito, in una locale fabbrica di salsicce, ma aveva anche una forte dipendenza dalla cocaina, che riusciva a soddisfare solo prostituendosi. Ogni sera Constance si prostituiva e terminava non appena aveva raggiunto la cifra giusta per farsi la dose, per poi ricominciare quando aveva necessità di drogarsi ancora.
La ragazza aveva 20 anni e, nel tardo pomeriggio dell’8 giugno 1983, accettò un’offerta dalla persona sbagliata che dopo aver fatto sesso con lei la uccise strangolandola.
Il 27 ottobre 1983 alcuni ciclisti trovarono il cadavere di Constance, nei pressi di una casa abbandonata nella zona sud all’aeroporto, semisepolto da detriti vari in una buca poco profonda. Quando anche gli inquirenti arrivarono sulla scena del crimine, trovarono una pietra sull’area pelvica dello scheletro, cosa che l’assassino aveva già fatto con due tra le sue prime vittime: Marcia Chapman e Cynthia Hinds, il che non lasciava spazio a dubbi su chi fosse l’autore dell’omicidio.
Ridgway, nella sua confessione, ricorderà abbastanza bene l’omicidio di Constance Naon, con cui ebbe un rapporto sessuale completo, ma la Naon rifiutava di farsi toccare il seno. Questo mandò su tutte le furie Ridgway, che la strangolò e poi le morsicò brutalmente le mammelle, dopodiché la seppellì sotto chili di detriti, fogliame e spazzatura varia all’interno di una piccola fossa.
Poco più di un mese dopo, Ridgway uccise la sua trentunesima vittima ancora nella zona sud dell’aeroporto, una ragazza di nome Kelly Ware, una prostituta che, nonostante avesse 22 anni, faceva quel mestiere da molti anni e diceva sempre di aver paura della zona sud dell’aeroporto, quasi come se avesse avuto un presentimento di quello che le sarebbe successo.
Il 18 luglio 1983 fu l’ultima volta che qualcuno la vide viva. Da quel giorno, non vi fu più nessuna notizia di lei, fino al tardo ottobre 1983, quando, a pochissima distanza da dove fu trovato il corpo di Constance Naon, fu trovato anche il cadavere di Kelly Ware, sepolto sotto un sottile strato di terra. Kelly, essendo una drogata scappata da casa anni prima, non aveva molti parenti interessati a cercarla e rimase senza identità fino al dicembre 1984, quando una sorella si degnò di segnalarne la scomparsa.
Da segnalare, nel caso della Ware, che il giorno dopo era il compleanno del figlio di Ridgway e che la notte successiva, nonostante la piacevole ricorrenza familiare, lui decise di tornare sulla scena del crimine per avere un amplesso carnale con il cadavere della ragazza, ripetendo atti necrofili già manifestati in precedenza, in modo così stridente con quella che era la sua facciata di normalità, alla festa del figlio.
In quel caso, la depravazione di Ridgway gli costò anche il rischio di essere scoperto in quanto, mentre tornava al pickup dopo aver fatto sesso con il cadavere, venne fermato da una pattuglia della polizia che gli chiese cosa stesse facendo da quelle parti. Ridgway disse che era andato ad urinare e gli agenti non indagarono oltre senza neanche registrare l’evento, considerandolo del tutto inutile.
Indifferente ai rischi che stava correndo, nei 2 giorni successivi tornò diverse volte sulla scena del crimine, per spostare il corpo di Kelly e fare ancora sesso con lei altre volte, prima di seppellirlo sotto un leggero strato di terra quando il corpo cominciò ad andare in uno stato di decomposizione troppo avanzato, emanando un pessimo odore.
Tornando al settembre 1983, quello fu l’ultimo omicidio in cui il cadavere fu disposto nell’area sud dell’aeroporto, che Ridgway aveva circondato di cadaveri, cambiando di tanto in tanto la zona di scarico per non essere troppo “prevedibile”.
Nel caso del Green River Killer è stato molto difficile infatti fare un ordine cronologico delle vittime proprio perché i corpi a volte venivano trovati a distanza di anni ed erano situati in zone sempre diverse seppure nella stessa area. Il ritmo degli omicidi è stato inoltre molto veloce e, in fase di confessione, la memoria dello stesso Ridgway non è stata delle migliori, pur probabilmente sforzandosi in buona fede di ricordare.
Proprio a proposito del cambiamento delle “zone di scarico”, Ridgway iniziò ad usare anche i paraggi dell’interstatale 90 come luogo per sbarazzarsi delle sue vittime.
La prima ad essere nascosta nei pressi dell’interstatale 90, avvolta in vari sacchi di plastica, fu Tina Thompson, una prostituta di 22 anni che scomparve il 25 luglio 1983.
Ridgway la portò a casa sua e, dopo aver avuto sesso con lei, tentò di strangolarla. Lei riuscì però quasi a sfuggirgli: dopo essersi divincolata, aveva quasi raggiunto la porta d’uscita quando, come in un incubo, le mani del suo assassino gli piombarono sul collo da dietro, fino a ridurla all’impotenza e poi alla morte.
Il suo cadavere venne scoperto il 20 aprile 1984, all’intersezione tra l’autostrada 18 e l’interstatale 90. Era nuda ed avvolta in vari sacchi di plastica. Fu possibile identificarla solo nel giugno 1986, dopo accurate analisi di laboratorio.
Triste storia quella della successiva vittima di Ridgway, la trentatreesima, una ragazza di 17 anni di nome April Buttram, che nel luglio 1983 se ne andò dalla casa dei suoi genitori, a Spokane, per cercare la vita in una grossa città come Seattle, ma che trovò solo un marciapiede su cui battere e in cui trovare la morte. Arrestata il 4 agosto per prostituzione e mandata ad un riformatorio, da dove venne fatta uscire il 10 agosto, April non ci mise molto a tornare sul marciapiede, forse anche per necessità di autosussistenza, e, appena 8 giorni dopo, ebbe la sfortuna di incontrare Ridgway sulla sua strada.
La ragazza venne strangolata e scaricata in una zona al riparo da occhi indiscreti, all’intersezione tra l’autostrada 18 e l’interstatale 90, come la precedente vittima.
Nella sua confessione, Ridgway disse che 4 mesi dopo ritornò sulla scena del crimine e trovò solo un mucchio di ossa, tra cui il teschio, che decise di prendere con sé, per tenerlo come souvenir per qualche tempo, cosa che aveva già fatto con le ossa di altre due vittime in passato.
Il teschio tuttavia, dopo un certo periodo di tempo, andò in frantumi e di esso, come delle altre ossa, la task force che si occupava del “Green River Killer” non trovò traccia nemmeno dopo la confessione del serial killer.
La prima vittima del mese di settembre 1983 fu Debbie May Abernathy, una ragazza di 26 anni che giunse a Seattle dal Texas, insieme al fidanzato e al figlioletto, appena 4 mesi prima di essere ammazzata. Durante tutto quel periodo Debbie lavorò come prostituta.
Il 5 settembre, il fidanzato la vide uscire dal residence dove vivevano vicino a Rainer Avenue, a Seattle, e quella fu l’ultima volta in vita sua che ebbe modo di salutarla. Debbie si era recata nel centro a cercare clienti e, per sua sfortuna, aveva trovato Ridgway, che la strangolò, nascondendo poi il suo cadavere in mezzo ad un bosco vicino all’autostrada 410.
La speranza era quella di confondere gli inquirenti, cambiando radicalmente “zona di scarico”, ma il corpo fu nascosto così bene che nemmeno lui stesso nel 2003 riuscì a trovare i resti della vittima.
Dopo una settimana esatta, fu la volta di Tracy Winston, una ragazza di 19 anni che viveva con il suo ragazzo al motel 99, nella zona nord di Seattle, e che scomparve il 12 settembre 1983, dopo essere salita nel fatidico pickup di Ridgway. I due ebbero un rapporto sessuale completo e poi lui la strangolò.
Come quasi sempre durante la sua confessione, Ridgway fu assai parco di descrizioni sugli omicidi. Forse per una sorta di vergogna o di pudore, evitava spesso i dettagli più scabrosi. Ad esempio, nel caso specifico di Tracy Winston, il cadavere venne trovato nel marzo del 1986, nel Cottonwood Park, certamente molto tempo dopo l’omicidio, quindi in teoria esposto ad agenti atmosferici ed animali predatori, però i resti che furono ritrovati della ragazza erano un torso umano, senza braccia, senza gambe e senza neanche il cranio. Considerando che già in passato Ridgway si era preso qualche piccolo souvenir dalle sue vittime, verrebbe da pensare che l’abbia fatto anche in quel caso ed in misura maggiore. Tuttavia, a domanda specifica degli inquirenti, Ridgway rispose semplicemente che non lo sapeva. Forse per lui era stato già troppo aver raccontato del teschio di April Buttram.
Il caso successivo di omicidio è un’altra storia triste di una ragazza di 19 anni, che nell’agosto del 1983 lasciò la città natia di Bellevue, dove lavorava in un asilo, per andare a Seattle dove la sua vita cambiò drasticamente. Lì si innamorò di un ragazzo che la avviò alla prostituzione.
Maureen diede le dimissioni dall’asilo e, appena intrapreso il nuovo “mestiere”, incontrò Ridgway.
Il 30 settembre venne data per scomparsa alla polizia di Seattle. Ridgway la uccise strangolandola nel retro del pickup, dopo averci fatto sesso, quindi nascose il cadavere tra l’autostrada e l’interstatale 90. I suoi resti vennero trovati molti anni dopo, il 2 maggio 1986.
Approssimativamente un mese dopo che Ridgway aveva nascosto il cadavere di Debbie Abernathy in un bosco vicino all’autostrada 410, l’assassino scelse nuovamente quel posto per gettare lì la sua nuova vittima: la venticinquenne Mary Sue Bello, una ragazza dalla vita difficile con un passato fatto esclusivamente di droga e prostituzione. L’ultima volta fu vista l’11 ottobre 1983.
Durante la sua confessione, Ridgway descrisse come al solito molto bene la zona dove aveva nascosto il cadavere, ma disse poco sull’omicidio che avvenne comunque anche in questo caso per strangolamento. I resti di Mary furono trovati da un cercatore di funghi il 12 ottobre 1984.
Due settimane dopo aver ucciso Mary Sue Bello, Ridgway uccise ancora e nascose ancora la sua vittima nei pressi dell’autostrada 410, che in quel periodo rappresentava la sua “zona di scarico”.
La ragazza era la ventunenne Pammy Avent, ovviamente prostituta. In questo caso i resti della ragazza vennero trovati nel 2003, anche grazie agli sforzi mnemonici dello stesso Ridgway che, portato sul posto, riuscì ad orientarsi, dirigendo gli inquirenti nel luogo dove furono trovate molte ossa intatte della vittima. Pammy sparì il 26 ottobre 1983 e la task force del “Green River Killer” ricevette per lungo tempo voci e indicazioni sul fatto che la ragazza era fuggita di proposito e se ne era andata ad Hollywood o in qualche altra località californiana. La realtà purtroppo era ben peggiore e non lasciava adito a speranze.
Passiamo così alla trentanovesima vittima di Gary Ridgway.
La ragazza si chiamava Denise Plager, aveva 22 anni e si prostituiva nel centro di Seattle.
Il 30 ottobre del 1983 si allontanò da casa per andare a lavorare, promettendo ai figli di un’amica di ritornare vestita in maschera per la serata di Halloween. Ma al contrario non ritorno più.
Ridgway, quella sera, era indeciso tra due belle ragazze che si prostituivano sull’interstatale 90 (nel frattempo ribattezzata con un nuovo nome, ora si chiama strada 38). Le due ragazze erano Denise Plager e Lisa Yates. Ridgway alla fine optò per la Plager, ma per la Yates l’appuntamento con la morte fu solo rimandato.
L’assassino strangolò Denise Plager e, siccome quella sera pioveva e non poteva farci sesso senza bagnarsi tutto, ritornò sul posto il giorno e fece sesso con il cadavere, mostrando ancora una volta le sue tendenze necrofile. Il cadavere di Denise Plager non fu più ritrovato.
Nel 2003, Ridgway non riuscì a ricordarsi con esattezza la “zona di scarico” e fece persino confusione sulla razza della ragazza che lui ricordava nera, mentre invece era bianca.
Le vittime di Ridgway erano talmente tante che effettivamente ricordarle tutte non era impresa facile nemmeno per lui.
Appena due giorni dopo fu il turno di Kim Nelson, una ragazza di 21 anni che si prostituiva lungo varie città della costa ovest. Durante l’agosto del 1983, Kim si trovava a Seattle e fu arrestata varie volte, per poi essere liberata il 30 ottobre 1983, giusto in tempo (un paio di giorni) per incontrare Ridgway, instancabilmente a caccia di vittime da aggiungere al suo carniere.
Kim Nelson finì strangolata come le altre, ma in questo caso ci fu una testimonianza di una “collega” della Nelson, sua compagna di stanza, che fece una descrizione assai efficace del ricercato. Ma era comunque troppo tardi per la Nelson, il cui cadavere venne trovato nel giugno del 1986, in un’area boscosa vicino all’interstatale 90.
Troppo tardi fu anche per la successiva vittima di Ridgway, la diciannovenne Lisa Yates, già adocchiata dall’uomo che la uccise nel retro del pickup dopo averci fatto sesso.
Quella notte era fredda ed umida ma Ridgway, durante la sua confessione, come al solito avaro di informazioni riguardo ai dettagli degli omicidi, fu invece estremamente preciso sul luogo in cui l’aveva scaricata. Il cadavere era comunque già stato recuperato il 13 marzo 1984.
Con l’omicidio di Lisa Yates, si chiuse il 1983: un anno infernale, in cui Ridgway uccise ben 24 ragazze, molte delle quali all’epoca erano semplicemente catalogate come “scomparse”.
Se a quelle aggiungiamo le 17 vittime del 1982 (anche in quel caso molte risultavano ancora semplicemente scomparse) possiamo notare che Ridgway tra l’82 e l’83 uccise la maggior parte delle sue vittime. E’ probabile che sulla successiva diminuzione del suo ritmo influì molto il fatto che, nella primavera del 1984, Ridgway finì tra i sospetti (non a caso le uniche 2 vittime del 1984 furono uccise prima della primavera quando due detective andarono a fargli visita).
Anno nuovo vita nuova, recita un noto proverbio, e così valse anche per la task force, che fino a quel momento non aveva particolarmente brillato.
Nel gennaio 1984, la “Green River Task Force” andò sotto il comando del Capitano Frank Adamson. I collaboratori rimasero in gran parte gli stessi, ma ci furono notevoli cambiamenti.
In primo luogo, venne presa la decisione di trasferire il quartier generale della task force a Burien, molto più vicina all’aeroporto, quindi molto più vicina a dove avvenivano i crimini. In secondo luogo, su consiglio di Bob Keppel, la squadra venne suddivisa per vari compiti, assegnando a ciascun individuo qualcosa di specifico da fare. La task force si divise così in un team che si occupava delle vittime, un altro che si occupava dei sospetti, un altro che si occupava delle scene del crimine e altri ancora, per un totale di ventidue uomini che studiavano nuove strategie per la cattura del “Green River Killer”.
Una particolare strategia, decisa da Keppel, fu quella di dirigere gli investigatori a partire mentalmente dalla “possibile innocenza” di un sospetto piuttosto che dalla sua “possibile reità”, così da scartare subito quelli che avevano forti alibi e concentrarsi sui sospetti principali che sarebbero stati catalogati con delle lettere diverse, a seconda di quanto forte era il sospetto su di loro.
Nel frattempo, mentre Ridgway nell’84 quasi fermò la sua attività omicida, spuntarono come funghi i cadaveri precedentemente seppelliti, rendendo più arduo il lavoro della task force e dando all’opinione pubblica un’impressione di inefficienza.
In realtà, analizzando tutte quelle scene del crimine, la polizia scientifica qualche passo avanti l’aveva fatto, ad esempio era stata trovata un’impronta dell’assassino, che avrebbe potuto rivelarsi utile e si notò che i luoghi dov’erano nascoste le vittime formavano un triangolo. L’opinione di alcuni era che l’assassino si trovasse da qualche parte all’interno di quel triangolo.
Fu fatto ogni sforzo possibile per trovare il serial killer, entrò in campo persino una medium, che portò la polizia alla scoperta di un cadavere che inizialmente si credeva un’altra vittima del “Green River Killer”, ma che in realtà non lo era.
Intanto, seppure con minore intensità, Ridgway continuò a colpire. La successiva vittima venne uccisa il 6 febbraio 1984. Si trattava di una ragazza afro-americana, di nome Mary West, 16 anni, che faceva la prostituta. Ridgway la condusse fino al Seward Park, dove decisero di fare sesso all’aria aperta. Ad un certo punto, lui riuscì a distrarla, dicendole di guardare la macchina e in quel momento le mise le mani al collo da dietro, stringendo con forza fino a strangolarla.
Il suo cadavere venne nascosto in una zona appartata del parco, coperto con detriti e macerie.
I suoi resti vennero scoperti l’8 settembre 1985, da un’insegnante che trovò il teschio di Mary nel parco. Ad una ricerca più estesa della polizia, si scoprì poi l’intero scheletro della ragazza.
Poco più di un mese dopo, il 13 marzo 1984, scomparve un’altra ragazza: Cindy Smith, di 17 anni. Era stata per qualche tempo in California, con il suo fidanzato, dove aveva lavorato in un topless bar e talvolta come prostituta occasionale. Nel marzo di quell’anno aveva però deciso di tornare a Seattle, dai genitori e dalla sorella, tanto entusiasti di rivederla da pagarle subito il biglietto per tornare da loro. Cindy, una volta a Seattle, aveva chiesto alla sorella di trovarle un altro lavoro, magari in qualche topless bar, ma pochi giorni dopo scomparve, probabilmente facendo la prostituta, e riapparve solo il 27 giugno del 1987, sotto forma di resti scheletrici.
La ragazza era nuda ed era sepolta sotto una pila di spazzatura, detriti e fogliame in un luogo vicino all’autostrada 18. A causa della consunzione e dell’effetto di elementi esterni, quali animali e agenti atmosferici, non fu possibile identificarla e solo nel 2003, dopo la confessione di Ridgway, quel cadavere ebbe un nome e un cognome.
Dopo l’omicidio di Cindy Smith, quarantatreesima vittima del killer, successe qualcosa. Ridgway si fermò per ben due anni e mezzo. Come mai? Cosa successe di così importante da riuscire a distrarlo dalla sua follia omicida?
Successe che venne preso seriamente in considerazione come sospetto dalla task force che dava la caccia al “Green River Killer”, grazie principalmente alla testimonianza di una “collega” di Kim Nelson, una delle vittime del killer, testimonianza a cui avevo già accennato in precedenza.
Il 14 aprile 1984, Ridgway venne interrogato a riguardo dei suoi contatti con prostitute ed in particolare con Kim Nelson. Lui rispose che effettivamente conosceva Kim Nelson e che aveva contattato la sua compagna di stanza quando Kim era sparita, cosa che probabilmente l’aveva portata a pensare che fosse lui il killer.
Per il momento fu abbastanza per allontanare da sé la polizia, ma Ridgway rimase nell’elenco dei sospettati e controllati, così per qualche tempo decise di tenere un profilo basso, tornando ad uccidere soltanto nel 1986, benché la continua scoperta di cadaveri uccisi nel 1982 e nel 1983 dava all’opinione pubblica come l’impressione che il killer in realtà non si fosse affatto fermato.
Persino Ted Bundy (probabilmente nella speranza di poter allungare ulteriormente i tempi della sua esecuzione o magari addirittura di venire graziato) offrì il suo aiuto alla task force.
Chi, meglio di un serial killer, poteva entrare nella mente di un altro serial killer, in particolare Bundy che conosceva abbastanza bene la zona.
La collaborazione tra Ted Bundy e la task force iniziò nel 1985, sotto forma sopratutto di scambio di lettere tra Bundy e Keppel.
Bundy offrì un profilo abbastanza verosimile dell’assassino, riuscendo ad essere abbastanza d’aiuto alla task force, probabilmente più dello stesso profiler John Douglas, che aveva riformulato le sue teorie, affermando che probabilmente il “Green River Killer” era in realtà una coppia di assassini, ipotesi totalmente errata.
Ted Bundy, dalla sua cella nel braccio della morte, suggerì che l’assassino conosceva le sue vittime e magari le aveva anche aiutate o assistite prima di adescarle per ucciderle. Bundy affermò inoltre che probabilmente l’assassino si sbarazzava dei corpi in luoghi non particolarmente lontani da casa sua e che in qualche caso probabilmente tornava sulle scene del crimine.
Queste ed altre informazioni aiutarono gli investigatori nella comprensione generale del comportamento di un serial killer, tanto che Bundy divenne in pratica uno dei consulenti primari di Douglas e Keppel nella caccia al “Green River Killer”.
Intanto, man mano che i cadaveri venivano allo scoperto, l’opinione pubblica diventava sempre più cosciente delle negligenze dell’incapacità della task force a trovare l’assassino. Così gli anni a cavallo tra il 1984 e il 1986, pur essendo anni dove Ridgway uccise in tutto solo 3 volte, furono anni caldissimi per gli uomini della task force, ormai alla caccia disperata di un colpevole, il che li portò a fare anche non pochi errori.
La successiva vittima di Ridgway, la quarantaquattresima, fu ancora una prostituta, una ragazza diciannovenne di nome Patricia Barczak che lavorava nei paraggi dell’aeroporto e che dal 17 ottobre 1986 scomparve. Ridgway la uccise strangolandola e i suoi resti scheletrici furono ritrovati svariati anni dopo, nel febbraio 1993, vicino all’autostrada 18.
Ridgway ora agiva con più cautela e ad un ritmo molto più ridotto, prova ne è che anche per la successiva vittima lasciò passare un periodo di tempo piuttosto lungo, ovvero circa un anno.
Ad ogni modo, la sfortunata quarantacinquesima vittima fu Roberta Hayes, una prostituta di 21 anni che lavorava a Portland e a Seattle come basi fisse.
La ragazza sparì in una data non precisata dei primi mesi del 1987, probabilmente nel febbraio 1987, dopo essere stata imprigionata per qualche tempo a Portland per reati inerenti la prostituzione ed essere tornata poi a Seattle. Anche la Hayes morì strangolata e Ridgway, durante la sua confessione, fornì una spiegazione certosina su come e dove aveva nascosto il cadavere. Descriveva i luoghi con una tale precisione che a volte sembrava dare più importanza alle “zone di scarico” che alle vittime stesse, che in genere a stento ricordava, se non per il luogo dove le aveva seppellite.
Il cadavere della Hayes era già stato comunque trovato, l’11 settembre 1991, a nord dell’autostrada 410, nascosto sotto pile di erbacce e detriti al termine di una strada sterrata a vicolo cieco.
Dopo l’omicidio della Hayes, Ridgway interruppe nuovamente i suoi omicidi, questa volta per ben 3 anni, fino al 1990, poiché nel 1987 nuovamente gli investigatori lo tallonarono costringendolo a diventare ancora più prudente. Il fatto che sia riuscito a contenere i suoi impulsi fino al 1990 è sicuramente segno di un serial killer assolutamente lucido.
Man mano che le investigazioni su Ridgway procedevano, venne mostrata all’amica di Kim Nelson (la testimone) una foto di Ridgway e lei lo riconobbe come l’uomo del pickup sulla quale salì la sua amica. La polizia non aveva però abbastanza indizi per poter agire concretamente sul sospetto, benché gli furono presi dei campioni di sangue e di sperma che si rivelarono soltanto anni dopo decisivi.
Ridgway tornò ad uccidere nell’aprile del 1990. Ancora una volta scelse una prostituta, anche se più vecchia rispetto al suo solito target. La vittima, di nome Marta Reeves, aveva infatti 36 anni e viveva con un marito e 4 figli. Era una prostituta di vecchia data e varie volte era finita nei guai con la polizia per questo.
L’ultimo cliente di Marta fu proprio Ridgway, che la caricò sul suo mezzo il 13 aprile 1990, per poi strangolarla. Il cadavere venne trovato il 20 settembre 1990, nei pressi dell’autostrada 410.
Come al solito, a parte i dettagli sulla “zona di scarico”, Ridgway durante la confessione non ricordò quasi nulla della vittima.
Nello stesso anno, con il serial killer che ormai sembrava silenzioso e con una task force che dopo 8 anni non aveva ancora trovato il colpevole, la “Green River Task Force” venne ufficialmente sciolta. Allo stesso tempo, lo stesso Ridgway, che nel frattempo si era trasferito a vivere a Des Moines, al numero 2139 della 253esima strada, sciolse la sua abitudine compulsiva ad uccidere, così che per molti anni non si parlò più di “Green River Killer” se non nei libri e nelle teorie di qualche criminologo. Non è da escludere che Ridgway, indipendentemente dalle investigazioni di polizia a cui era stato sottoposto, avesse ormai smarrito quell’impulso compulsivo ad uccidere, sazio di aver già compiuto un’enorme carneficina (anche se su di lui ci furono altri sospetti riguardo ad omicidi insoluti degli anni ’90 di cui lui però negò la paternità).
Tuttavia anche negli anni ‘90 un omicidio lo fece, a testimonianza che in genere un assassino rimane pur sempre un assassino, anche dopo essersi fermato per 8 anni. La sua quarantasettesima vittima fu infatti uccisa tramite strangolamento il 4 agosto 1998. La ragazza, di nome Patricia Yellowrobe, era alcolizzata e si prostituiva da tempo. Il suo cadavere in questo caso fu trovato quasi subito, ovvero il 6 agosto 1998, vicino all’autostrada 99 e permise agli inquirenti un’analisi più completa del corpo.
L’autopsia sulla Yellowrobe non mostrò significativi ferite o eventi traumatici e il tampone vaginale, orale e anale non diede traccia di spermatozoi.
In compenso, nel suo sangue fu trovato un alto livello alcolico. Ridgway era stato talmente efficiente in quell’omicidio da mascherarlo in modo tale che non sembrasse un omicidio. Il medico legale infatti concluse che la morte era avvenuta incidentalmente a causa di una intossicazione causata dall’uso di droghe e alcool insieme. Sarà poi Ridgway, nel 2003, a prendersi la responsabilità di questo omicidio.
Con l’omicidio di Patricia Yellowrobe siamo praticamente giunti alla fine dell’odissea omicida di Ridgway, con 47 vittime, a cui poi ne venne in seguito aggiunta un’altra, rimasta per sempre senza identità. L’ho calcolata come quarantottesima, anziché come prima, in quanto lo stesso Ridgway non ricordò nulla di lei, nemmeno se era stata uccisa negli anni ’80, ’90, o addirittura ’70.
Dopo l’omicidio, neanche riconosciuto come tale, di Patricia Yellowrobe, il caso “Green River Killer” sembrava definitivamente archiviato da tempo, un caso insoluto che avrebbe magari negli anni alimentato le più svariate fantasie come il caso dello “Zodiac Killer” o di altri assassini celebri che non furono mai catturati, ma non finì così.
Questo fu possibile grazie alla costanza di alcuni investigatori, che per anni si occuparono del caso e non smisero mai di dare la caccia al killer, forti del fatto che lo stesso Ridgway qualche errore lo aveva fatto, come ad esempio lasciare dietro di sé testimoni o in un caso addirittura lasciarsi scappare una potenziale vittima.
Il merito fu in particolar modo del detective David Reichert, che nel frattempo era diventato Sceriffo della contea di King e non si era mai rassegnato all’idea che l’assassino l’avesse fatta franca. Così, facendo leva anche sulle nuove tecnologie, mise insieme una piccola task force di 6 uomini, includendo esperti di esami del DNA e di patologia forense, più un paio di detective.
Furono riesaminati tutti gli indizi e tutto il materiale di 20 anni di ricerche e alcuni esemplari furono spediti in laboratorio per le analisi. I primi esemplari spediti al laboratorio furono delle tracce di sperma, presumibilmente dell’assassino, risalenti ai primissimi omicidi, avvenuti nel 1982 e 1983. Ebbene, gli esemplari di sperma comparati con quello di uno dei sospetti dava risultato positivo: il sospetto era Gary Ridgway.
La scoperta avvenne nel settembre del 2001 e fece piangere dalla commozione il detective David Reichert, dopo 20 anni che lavorava a quel caso.
Dopo alcune altre investigazioni e riscontri, Ridgway venne arrestato il 30 novembre 2001, mentre stava tornando a casa dal lavoro.
Inizialmente su di lui pesava l’accusa di quattro omicidi volontari aggravati.
Ciò che restava da capire, era il motivo che aveva portato Ridgway agli omicidi. Le sue ex-mogli dissero che derivava dal suo appetito sessuale insaziabile, sopratutto per il sesso all’aperto. Altri dissero che derivava dal suo rapporto di odio-amore con le prostitute che, da un lato, criticava ed odiava per i suoi principi religiosi ai limiti del fanatismo, mentre, dall’altro, amava perché ne era un gran frequentatore, questi due aspetti potrebbero essere entrati in contrasto tra loro facendolo diventare un assassino di prostitute.
Passando alla fase processuale, nelle udienze preliminari Ridgway si disse innocente su tutti e quattro i capi d’accusa che gli venivano contestati, ma gli indizi nel suo caso erano solidi e l’unica possibile strategia della difesa era quella di evitargli la pena di morte.
Fu così che Ridgway fece un patto con il procuratore generale, per cui lui avrebbe confessato tutti i suoi omicidi dichiarandosi colpevole per ciascuno di essi ed avrebbe aiutato la polizia nel ritrovare e identificare i corpi di molte donne non ancora trovate e/o identificate. In cambio avrebbe evitato la pena di morte e sarebbe stato condannato al carcere a vita senza possibilità di libertà su parola.
Alla fine, la strategia dei difensori di Ridgway si rivelò “vincente”, seppure chiaramente la pena fu tutt’altro che mite.
Il 5 novembre 2003 iniziò la lunga confessione di Ridgway e, nel gennaio del 2004, Ridgway venne condannato a 48 ergastoli, uno per ognuna delle sue vittime accertate.
Eraserhead
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