Francisco Escalero

Biografie

Foto del serial killer Francisco Escalero Soprannome: Il killer dei barboni
Luogo omicidi: Madrid Spagna
Periodo omicidi: 1987 – 1993
Numero vittime: 11
Modus operandi: mutilazioni, pugnalate
Cattura e Provvidementi: rinchiuso in un centro pschiatrico

Fondamentalmente, dietro agli orribili omicidi compiuti da Francisco Escalero ci sono un precario stato mentale e un’infanzia travagliata.
Escalero nacque a Madrid il 24 maggio del 1954, in un ambiente di estrema povertà. I genitori, umili contadini, non gli diedero un’educazione soddisfacente e forse questo lo allontanò sempre di più dalla famiglia. Molte volte usciva di nascosto in piena notte, per andare nel vicino cimitero e starsene lì a fissare le tombe compiaciuto.
Con il passare degli anni, le cose, invece di migliorare, peggioravano. A scuola non ci andava quasi mai, preferiva sbirciare nelle case altrui e commettere piccoli furti, per poi tornare a casa dove veniva picchiato severamente dal padre, anche senza motivo.
Nel 1975, prende di sorpresa una ragazza e con la forza la porta dentro ad un cimitero, dove la violenta. Questo gesto gli costerà nove anni di reclusione, Escalero uscirà dal carcere solo nel 1984, con la mente ancora più confusa. Curioso, quanto significativo, il tatuaggio che si fece durante la sua prigionia con la dicitura: “Sei nato per soffrire“.

Nel mese d’agosto del 1987, a causa delle grandi quantità di litri di vino che consumava, iniziò a sentire delle “voci” che gli imponevano di uccidere, iniziò così una serie di brutali omicidi che tenne sotto scacco la capitale spagnola per quasi sei anni.
Il 27 agosto del 1987, Escalero si incontrò con un suo conoscente barbone di nome Mario Roman Gonzalez, i due passarono l’intera serata nel cimitero di Almudena, pieni d’alcool, fino a quando ebbero una lite furibonda. Colmo di rabbia, Escalero afferrò un grosso sasso e fracassò la testa al suo compare, poi diede fuoco al corpo carbonizzandolo parzialmente.
La polizia scoprì il cadavere, ma, non avendo indizi, archiviò il caso come irrisolto e senza tanto clamore.
L’11 novembre dello stesso anno, una prostituta di nome Mary si vide venire incontro un uomo trasandato, con una camminata goffa e con un brutto aspetto. La donna venne trascinata con la forza da Escalero in un luogo buio ed isolato, dove venne colpita ripetutamente con un coltello, fino alla morte. Il  cadavere fu violentato per diverse ore e, prima di andarsene, l’assassino tagliò via la testa, fece a pezzi il resto del corpo e gettò i resti dentro ad un bidone della spazzatura.
Il giorno dopo, le parti del corpo furono scoperti dall’addetto dei rifiuti che, terrorizzato, informò subito la polizia. Le prime indagini si diressero verso il giro dello sfruttamento della prostituzione ed il traffico di droga, nessuno poteva immaginare che un assassino perverso e sadico aveva fatto la sua comparsa nella città di Madrid.
Sembrò proprio essere un terribile, ma isolato, episodio perché per molti mesi non si verificarono altri sconcertanti delitti.

Il 5 marzo del 1988, il killer si avvicinò ad un mendicante di nome Juan Camara Baeza e gli conficcò un grosso coltello nella schiena. Preso alla sprovvista, il malcapitato si accasciò a terra e provò disperatamente a chiedere, ma Escalero aveva già afferrato un grosso masso con il quale gli avrebbe spaccato la testa poco dopo. Il corpo venne abbandonato sul posto, immerso in una pozza di sangue.
La polizia non se la sentì ancora di dichiarare che i delitti erano stati opera di un serial killer, sia per le modalità diverse, sia per la tipologia delle vittime, perciò gli investigatori si trovavano in un vicolo cieco, senza testimonianze e con degli elementi a disposizione per le indagini praticamente nulli. D’altra parte anche l’ultima vittima era praticamente sconosciuta, provarono perciò a controllare in modo più scrupoloso la periferia della città, anche se il compito si rivelò tutt’altro che semplice.
Il 15 marzo 1988, Escalero si trovò nei pressi della Calle de Seco, luogo frequentato abitualmente da barboni.
Quella sera, l’assassino conversò amichevolmente per qualche ora con un vagabondo di nome Angel Heredero, insieme bevvero qualche bottiglia di vino, poi ad un tratto Escalero prese un sasso e colpì il suo nuovo amico in testa molte volte, aprendogli il cranio, poi impugnò il coltello e gli tagliò alcune dita della mano. Quest’ultimo gesto secondo gli investigatori non aveva nessun senso, lo ignorarono e cominciarono a prendere in seria considerazione che la mano feroce di questi efferati delitti fosse probabilmente la stessa.

Tra un delitto e l’altro, Escalero a volte andava nei cimiteri a profanare le tombe, dissotterrava i cadaveri, possiamo immaginare in quale stato si potessero trovare, e passava tutta la notte a fare sesso con quello che ne rimaneva. Atti che la polizia neanche lontanamente poteva addebitare all’assassino, così divisero i loro sforzi per dare la caccia anche all’autore degli sconcertanti sacrilegi al cimitero.
Altre volte, Escalero si introduceva di nascosto negli obitori, per toccare i cadaveri di donna mentre si masturbava, solo così provava un immenso piacere.
Nel mese di maggio del 1988, Escalero individuò in Julio Santisteban di sessantacinque anni, anche lui barbone, una nuova potenziale vittima da sacrificare al suo sadico e maniacale gusto del sangue.
Dopo avergli offerto da bere come era solito fare, prese un masso e lo colpì alla testa facendolo cadere a terra, con il coltello gli tagliò la gola e infierì nell’addome una ventina di volte, poi gli sfilò i pantaloni e gli asportò il pene che gli infilò in bocca, bruciò infine parte del corpo, probabilmente per cancellare le eventuali tracce.
I detective rimasero paralizzati davanti a quella raccapricciante scena, ogni volta che il killer colpiva, lasciava gli agenti di polizia sempre più sconcertati, anche la stampa descrisse questi omicidi come “l’opera di un uomo mostruoso“.

Prima che l’assassino facesse una nuova vittima passò quasi un anno.
Nel mese di marzo del 1989, un mendicante di nome Juanito, fece la conoscenza di Escalero nella mensa della chiesa de los Sagrados Corazones. Finito di mangiare, i due uscirono insieme per fare una passeggiata, portandosi dietro due bottiglie piene di vino e raggiunsero un luogo tranquillo. Qui Escalero spaccò il cranio di Juanito con una pietra e, dopo avergli inflitto molteplici pugnalate nello stomaco, lo decapitò. Non contento, gli aprì il ventre e asportò alcuni organi, tra cui il cuore. Alla fine, corpo e testa vennero gettati dentro ad un pozzo.
Il giorno successivo, il killer fece conoscenza con un barbone di nome Mariano Torrecilla Estaire, dopo aver passato la serata insieme bevendo e scherzando, l’assassino accoltellò alla gola e alla schiena il suo compagno, gli staccò la testa di netto, non riuscendo a sfilargli un anello gli tagliò direttamente il dito. Anche questa volta i resti furono buttati in un pozzo, lo stesso della vittima precedente.
Escalero si prese una lunga pausa prima di tornare ad uccidere, forse voleva che le acque si calmassero un po’. Passarono così due anni, poi, nel settembre del 1991, il killer intravide nella penombra un vagabondo che stava dormendo su di un materasso in un vicolo. Senza far rumore si avvicinò e lo pugnalò nel sonno, poi diede fuoco al malcapitato, di nome Lorenzo Barbas.
Nonostante il corpo fosse semi carbonizzato, la polizia riuscì ad identificarlo, ma ancora una volta dell’assassino nessuna traccia, nessun indizio, nessuna testimonianza che potesse far terminare questa lunga e macabra ascesa di terrore.
Il mese di luglio del 1993, il barbone Angel Serrano Blanco accettò volentieri una bottiglia di vino offertagli “gentilmente” da Escalero. Quando l’assassino si accorse che l’uomo stava barcollando, tirò fuori un coltellaccio e gli tagliò la testa, il corpo venne scoperto il giorno dopo da un passante.
Ormai per gli investigatori erano intrappolati in un vero e proprio enigma, mentre il killer poteva girare indisturbato per la città a soddisfare i suoi irrefrenabili impulsi assassini.

Nel settembre del 1993, Escalero con un suo amico di nome Victor Criado, si trovarono nei pressi della chiesa Sagrados Corazones, luogo dove erano già stati compiuti due omicidi. Anche questa volta, dopo la sostanziosa sbronza, a Victor fu fracassato il cranio con un masso e il suo corpo gettato nel solito pozzo.
Nell’aprile del 1994, le “voci” che lo controllano ordinarono ad Escalero di gettarsi sotto ad un veicolo. Senza pensarci un solo istante, l’uomo obbedì, ma il tentato suicidio fallì e così il Killer dei Barboni si ritrovò ricoverato in ospedale.
Durante la degenza, l’assassino crollò e confessò i suoi crimini ad un infermiera che, rimasta esterrefatta dai quei cruenti racconti, avvisò la polizia.
Escalero confermò anche a loro quanto detto, descrivendo ogni minino dettaglio. Agli investigatori non sembrò vero: dopo oltre cinque anni di indagini inconcludenti, si ritrovavano davanti a loro l’artefice di quelle bestiali atrocità.
Il giorno dopo i giornali più importanti della capitale scrissero: “Finalmente è stato arrestato l’Ammazzabarboni, il feroce assassino che sembrava imprendibile“.
Durante il processo, iniziato nel febbraio del 1995, Escalero disse queste parole: “Quando uccidevo ero molto agitato. Per esempio, se entro in una chiesa con un machete e vedo una donna, mi viene voglia di tagliarle la testa. Sapevo che non dovevo uccidere, però delle voci mi entravano con la forza nella testa e mi costringevano a farlo, non potevo evitarlo. Non ho mai avuto una relazione affettiva, gli unici rapporti sessuali li ho avuti con le prostitute oppure con i cadaveri che riesumavo nei cimiteri, solo così riuscivo a godere. Quando ero in prigione prendevo degli uccelli morti ed altri animali, li portavo nella mia cella perché provavo un enorme piacere ad osservarli. Quando entrai nell’obitorio per toccare il cadavere di una donna ebbi un amplesso, cosa che non potevo avere con una donna viva“.
Il referto del quadro clinico del medico psichiatra fu questo: “Francisco Escalero è uno schizofrenico, alcolizzato cronico, ha un’inclinazione sessuale scombussolata, autolesionista, necrofilo oltre che pericoloso per la società. Quando commetteva i suoi crimini si trovava in uno stato mentale di alienazione, le sue facoltà erano nulle“.
Nel mese di dicembre del 1995, la giuria lo ritenne colpevole di quindici omicidi, anche se per alcuni di questi non fu possibile risalire all’identità dei morti. Nonostante il verdetto, Escalero, a causa della sua patologia mentale, non andò in carcere ma venne rinchiuso in un istituto psichiatrico ad Alicante.

Luigi Pacicco dicembre 2007

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