Earle Nelson

Biografie

Foto della serial killer Earle Nelson Soprannome: Il killer Gorilla
Luogo omicidi: S.Francisco, Portland, Kansas City, Detroit e Canada
Periodo omicidi: 1926 – 1927
Numero vittime: 22 +
Modus operandi: strangolamento
Cattura e Provvidementi: condanna a morte, impiccato il 13 gennaio 1928

La vita di Nelson è stata fin dall’inizio piena di delusioni e incertezze: aveva solamente 17 mesi quando perse entrambi i genitori a causa di una malattia inguaribile.
Nelson fu quindi preso sotto la tutela della nonna a San Francisco. I tentativi della donna di far crescere il bambino in un ambiente di sana educazione e rispetto nei confronti degli altri servirono a poco: crescendo il ragazzo divenne sempre più intrattabile, nonostante la nonna non gli facesse mancare nulla.
Anche a scuola le cose non andavano per il verso giusto, i suoi compagni di classe lo prendevano in giro per la sua corporatura enorme rispetto agli altri alunni, deridendolo e soprannominandolo “L’Animale“.
Per Earle questi insulti non erano facili da digerire. Il suo carattere violento lo spingeva a reagire picchiando i  compagni e provocando così frequenti rimproveri da parte del suo insegnante. A loro volta, i rimproveri irritavano ancora di più Nelson, che diventava sempre più pericoloso, fino a quando il Direttore della scuola prese la decisione di espellerlo dalla scuola.

All’età di quattordici anni, Earle perse anche la nonna e fu affidato agli zii, che lo ricoprivano di attenzioni e affetto. Il giovane ribelle non apprezzò mai l’amore che gli veniva dato, tanto che a volte si chiudeva in cantina e se ne stava per delle ore al buio in tutta solitudine.
Con grande pazienza, gli zii gli trovarono un lavoro presso un magazzino vicino al porto. Proprio in questa zona, frequentata da prostitute, che per la prima volta egli ebbe un rapporto con l’altro sesso. Anche se aveva solo quindici anni, fu aiutato dalla sua statura che lo faceva sembrare già adulto.
Nel marzo del 1915, Nelson fu arrestato per violazione di domicilio, mentre tentava di rubare degli oggetti preziosi. Aveva compiuto da poco i diciotto anni, perciò questa ennesima  bravata gli costò due anni di reclusione.
Scontata la pena, fu arruolato in marina, mentre era in corso la prima guerra mondiale. Assegnato alle cucine, nemmeno sotto le armi riuscì ad avere dei buoni rapporti con i suoi commilitoni: quando tentò addirittura di strangolare un suo collega, fu subito congedato e rispedito a casa.
Nonostante i suoi trascorsi, Nelson trovò un lavoro presso l’ospedale “St. Mary” di San Francisco, come addetto alle pulizie, e lì si innamorò di una donna di 58 anni di nome Mary Martin che, nonostante una decisa riluttanza iniziale della donna, riuscì a conquistare e sposare.
L’unione durò ben poco: a causa delle sue continue scene di gelosia e i rapporti sessuali al limite della perversione di Earle, la donna fu costretta a curarsi in ospedale per alcuni mesi.
Fu proprio durante l’assenza della moglie che Nelson mise in moto la sua brutale violenza.

Il 19 maggio del 1921, si presentò in veste di idraulico nell’abitazione dei Charles, dicendo loro che i vicini si erano lamentati di una perdita che proveniva dalle loro tubature. Una volta entrato, si mise a rovistare in cantina, quando all’improvviso si vide comparire davanti una bambina di dodici anni e, con una reazione folle, tentò di strangolarla. Le grida della piccola lo fecero fortunatamente fuggire dalla casa. Denunciato, fu arrestato e visitato da un medico che concluse: “Questo soggetto ha la mente confusa, con una depressione  al limite della sopportazione, pericoloso per la società.”
Nelson fu rinchiuso in un ospedale psichiatrico per diciotto mesi, durante i quali la moglie lo lasciò.
Nel bel mezzo di una notte, Earle riuscì a scappare dall’ospedale per andare a rifugiarsi dalla zia. Il tentativo di nascondersi dai parenti fu comunque vano perché, poche ore dopo il suo arrivo, la zia avvisò la polizia e Nelson fu ricondotto nell’ospedale psichiatrico dove, sotto stretta sorveglianza, rimase per altri diciotto mesi.
Il 20 febbraio del 1926, Earle cercò a San Francisco un posto per la notte e fece visita alla sessantaduenne Clara Newmann, che affittava camere. Mentre la donna gli faceva vedere la casa dove vivevano anche lei e il marito, Nelson le afferrò per il collo con le sue grandi mani e la uccise. In seguito, infierì sul cadavere della donna, sbattendone la testa contro il muro e violentandolo.
Quando il marito, Merton, rientrò a casa, fece in tempo a vedere un uomo di grandi dimensioni che stava scappando, ma non riuscì a dare una dettagliata descrizione alla polizia.
Circa tre settimane dopo, a San Josè, fu trovato il corpo senza vita di Laura Beal, di sessantacinque anni, strangolata con una cinghia in modo così stretto da tagliarle la pelle.
Da questo momento in poi, la furia omicida di Nelson non si fermerà più.

La vedova Lillian Mary, di sessantatrè anni, per  integrare la sua piccola pensione, affittava tre stanze della sua casa a commercianti di passaggio o ad operai in trasferta. Nel mese di marzo del 1926, Earle andò dalla signora Mary e le disse che gli serviva una camera per una settimana. Lei lo fece entrare e lo portò al piano di sopra, per mostrargli la stanza. Mentre la donna gli parlava, lui chiuse la porta e l’afferrò per il collo, sbattendola per terra, e la strangolò. Dopodiché violentò il suo cadavere e, preso dall’ira, lo prese a morsi sulle braccia e sul volto.
La polizia era certa che l’assassino che stavano cercando avesse compiuto tutti e tre gli omicidi, considerato il modus operandi che aveva adottato. I giornali scrissero che gli investigatori erano alle prese con un pazzo omicida dalla statura enorme, definito come “Il Killer Gorilla”.
La situazione per Nelson nella zona di San Francisco era diventata calda, perciò decise di allontanarsi dalla città dirigendosi verso Santa Barbara in California.
Il 24 giugno, un dipendente delle ferrovie, William Franey, rientrò a tarda sera nell’hotel dove risiedeva. I proprietari, i signori Russel, erano persone molto discrete e riservate nei confronti dei loro clienti, che non avevano mai avuto problemi con nessuno. Quella sera però, Franey sentì dei rumori forti provenire dalla camera accanto; incuriosito guardò attraverso il buco della serratura e vide un uomo enorme, immerso nella penombra, che stava sopra ad una donna. La cosa che gli sembrò strana fu che il corpo della donna era immobile. Quando poi l’energumeno si alzò e se ne andò, Franey vide che sul materasso c’era del sangue, perciò scese al piano di sotto per avvisare il proprietario dell’hotel, George Russel.
Quando i due aprirono la porta, scoprirono che quella donna era la signora Ollie, la moglie di George. Il filo di ferro con cui era stata strangolata era entrato completamente nella carne, gli occhi quasi le fuoriuscivano e gli schizzi di sangue avevano sporcato tutta la stanza.
Il 16 di agosto sempre di quell’anno, a Oakland, Frantic Nisbet rientrò a casa dal lavoro e vide che il fornello della cucina era acceso, ma la moglie Mary non si trovava. Salì quindi al piano di sopra e aprì la porta del bagno e quasi svenne alla vista della scena orribile che gli si parò davanti: il sangue era sparso dappertutto, la testa della donna fracassata e i denti sparsi sul pavimento.
Gli omicidi avevano preso un’impennata vertiginosa. La polizia, preoccupata di questa evoluzione del killer e considerando che gli indizi al momento erano pochi, raccomandò agli affittacamere di stare molto attenti ai nuovi clienti, soprattutto se uomini soli, dalla corporatura massiccia.
L’avvertimento non risultò comunque efficace, perché nel giro di pochi mesi furono trovate strangolate e seviziate altre donne, nell’ordine: Beata Whithers di trent’anni a Portland, Virginia Grant di quaranta, Mable Fluke di quarantacinque e Blanche Myers di cinquanta a Oregon City, a Council Bluffs John Brerard, a Kansas City Bonnie Pace di ventitre anni, a dicembre la malasorte toccò a Germania Harpin e suo figlio di otto mesi, a Philadelphia la cinquantatreenne Mary McConnell viene trovata vittima il 27 aprile del 1927, mentre a Buffalo fu la volta di Jennie Randolph. Il 1° giugno a Detroit fu uccisa Fannie May insieme con una  collega di nome Murene Oswald, infine a Chicago la ventisettenne Cecilia Sietsema.
Una scia di sangue che sembrava non arrestarsi più.

Dopo questi delitti, Nelson raggiunse il Canada e si fermò nella tranquilla cittadina di Winnipeg, circondata da stupende colline e da un verde meraviglioso. Questo paesaggio piacque molto al Killer, che prese in affitto una bella casa nella zona collinare della Catherine.
Qui, il l 9 giugno del 1927, conobbe una ragazzina di quattordici anni, Lola Cowan, che vendeva dei fiori di carta per portare a casa qualche dollaro e aiutare la famiglia in difficoltà economiche.
A tarda sera, i genitori di Lola, non vedendola rientrare, ne denunciarono la scomparsa alla polizia che subito cominciò le ricerche.
Il giorno seguente, Nelson riuscì in qualche modo ad entrare anche nell’abitazione della signora Emily Patterson, con la scusa di voler affittare una camera. Il marito William la ritroverà la sera, sotto il letto, con la gola lacerata ed il viso insanguinato.
Winnipeg, una paese tranquillo fino a pochi giorni prima, si era svegliato sotto gli orrendi delitti del “Killer Gorilla”. Gli investigatori capirono subito che l’assassino si era spostato fino in Canada, inoltre sapevano che l’uomo che stavano cercando prendeva in affitto delle camere, così perlustrarono la zona fino ad arrivare alla collina di Catherine. Interrogarono i  proprietari e  controllarono le rispettive case. Entrando in una di queste, nel corridoio, sentirono una forte puzza di carne in decomposizione, perciò scesero nello scantinato e qui scoprirono il cadavere della piccola Lola Cowans.
Il padrone dell’abitazione disse ai detective che l’uomo che la occupava si era registrato come Woodcoats, nome che, come scoprì in seguito la polizia, il killer aveva usato per presentarsi anche ai precedenti proprietari delle camere da lui affittate.
L’assassino aveva le ore contate: l’identikit fu esposto in tutta la zona, con una taglia annessa.
In quel momento, Nelson si trovava a Wakopa, un paese a circa dieci chilometri da Winnipeg, dove si era recato da un barbiere per farsi radere la barba. Durante la rasatura, il barbiere si accorse che i capelli di Earle avevano delle macchie di sangue, inoltre riconobbe l’uomo per via delle locandine segnaletiche. Così, appena Nelson fu uscito dal negozio, il barbiere avvisò la polizia, che arrestò il killer poco dopo.
Nelson fu portato nel carcere di Killarney dove, mantenendo un atteggiamento apparentemente tranquillo, disse di essere ignaro di tutta quella vicenda e quindi innocente. Gli inquirenti, convinti che l’indiziato fosse al sicuro, si allontanarono per telegrafare agli investigatori di Winnipeg per informarli della sua cattura, ma al loro ritorno ebbero una brutta sorpresa: il Killer era riuscito a fuggire.
La sua fuga durò solamente una notte, lo ripresero il giorno dopo, nascosto in un ranch.
Earle Continuò a proclamarsi innocente, ma le moltissime prove e  testimonianze contro di lui lo inchiodarono. Durante il processo, tenutosi a Winnipeg il 1° Novembre del 1927, le famiglie delle vittime urlavano contro Nelson, ma lui rimase sempre impassibile, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Il verdetto fu letto dal giudice Andreiw Dysart: “L’imputato Earle Nelson è stato giudicato colpevole di ventidue omicidi, considerando altri omicidi avvenuti con le stesse modalità, e la legge prevede che fra sessanta giorni sia condannato a morte.”
Il 13 gennaio del 1928, prima dell’esecuzione, Nelson disse: “Sono innocente. Sono innocente davanti a Dio e davanti agli uomini. Perdono quelli che mi hanno trattato ingiustamente e chiedo perdono a coloro che ho offeso. Che Dio abbia misericordia!”.
L’assassino Gorilla fu impiccato: per uno strano scherzo del destino morì così strangolato, facendo la stessa fine che aveva riservato a tutte le sue vittime.

Luigi Pacicco marzo 2007

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